Italiani tartassati, il 6 giugno è il Tax freedom day
La provocatoria data, diffusa dalla CGIA di Mestre, simboleggia dopo quanti giorni l'italiano mediamente smette di incassare quanto deve versare allo Stato a causa della pressione fiscale. Un giorno di simbolica festa e consapevolezza in un mese contrassegnato da 141 (!) scadenze fiscali.
Che l’Italia sia un Paese dai cittadini tartassati è un fatto noto e diversi indicatori lo testimoniano. I dati diffusi dalla CGIA (Associazione artigiani e piccole imprese) di Mestre in queste ore vanno in qualche modo a confermarlo: nel 2021 siamo sesti nell’Europa dei 27 per la pressione fiscale, due punti sopra la media europea (l’Italia si attesta a cifra record di 43,5%) e davanti a noi solo Danimarca (48,1%), Francia (47,2%), Belgio (44,9%), Austria (43,8%) e Svezia (43,7%). Berlino e Madrid registrano un peso fiscale inferiore di Roma, tanto per dirne due.
La CGIA di Mestre, organizzazione sindacale da sempre contraddistinta dalla sua attenzione e dal suo modo di comunicare le sue perplessità, ricorda che il 6 giugno per gli italiani è il tax freedom day. No, non è un’altra giornata di commemorazioni e celebrazioni che arricchisce un già folto calendario, ma quella in cui stando alle stime gli italiani iniziano a guadagnare per sé e non per versare soldi allo Stato.
Proviamo a spiegarlo in maniera più semplice: assumendo che un italiano incassi mediamente 100 in un anno, il 6 giugno è il giorno stimato in cui ha raggiungo quello che del suo incasso se ne va in tasse e contributi statali. La stima chiaramente varia di anno in anno: l’anno scorso, un altro anno horribilis da un punto di vista di tassazione, il tax freedom day è caduto il 7 giugno, con gli italiani che hanno iniziato a guadagnare per sé solo dall’8. Un picco record di pressione fiscale che, sottolinea la CGIA, non è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto l’anno scorso a famiglie e imprese ma “alla decisa crescita registrata dal Pil nazionale (oltre il 6,5%) che, dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-9%), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate”.
Quella del tax freedom day è una data quindi simbolica. Nel senso che simboleggia “se ancora ce ne fosse bisogno, l’eccessivo peso fiscale che grava sugli italiani”, afferma la CGIA di Mestre. “Dopo poco più di 5 mesi dall’inizio dell’anno, praticamente dopo 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche, il contribuente medio finisce di lavorare per assolvere tutti i versamenti fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali eccetera…) e da martedì 7 giugno inizia a guadagnare per sé”.
Giugno 2022 e scadenze fiscali: l’ingorgo
Resta anche da dire che, fatta eccezione per il tax freedom day, i contribuenti italiani a giugno hanno davvero poco da festeggiare. Perché se è vero che siamo sesti nella Comunità europea per pressione fiscale, sulla burocrazia, i suoi tempi e i suoi costi esagerati non siamo secondi a nessuno. E infatti a giugno arrivano 141 scadenze fiscali da rispettare, e di queste 122 (l’86,5% del totale) sono sinonimo di pagamenti.
“Un calendario fiscale – lo definisce la CGIA di Mestre – da far tremare i polsi, che solleva ancora una volta un grande problema: in Italia non solo subiamo un prelievo fiscale eccessivo, ma anche le modalità di pagamento delle imposte provocano un costo burocratico che non ha eguali nel resto d’Europa”.
“Il Governo restituisse parte del gettito”
“Se teniamo conto del leggero miglioramento in corso delle principali variabili economiche che si riflette sull’andamento del gettito, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze nel 2022 lo Stato dovrebbe incassare quasi 40 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021“, annota la CGIA che segnala però come “una parte di questo incremento di gettito è sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dell’inflazione che, secondo le previsioni, quest’anno dovrebbe oscillare tra il 6 e il 7%”.
“Pertanto – conclude la nota – in un momento in cui le famiglie stanno subendo dei rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni, sarebbe auspicabile che il Governo restituisse parte di questo extra gettito con meccanismi di fiscal drag. Una misura che rafforzerebbe il potere d’acquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, dando un sensibile sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in serie difficoltà economiche”.