Interviste

L’Italia e la sfida delle monoposto a guida autonoma

Bertogna: prevediamo ostacoli a 300km/h. Il nostro algoritmo già in uso nella logistica

Immaginate un circuito di Formula 1: auto che sfrecciano, rombo di motori, sorpassi a 200 e passa km all’ora. Ma immaginate il tutto senza piloti. Non è un romanzo, né un film, ma una realtà già in avanzata fase di sperimentazione. Recentemente a Indianapolis si è svolta una gara di monoposto a guida autonoma e il prossimo appuntamento sarà a gennaio a Las Vegas. A competere in questa nuovissima disciplina ci sono ben due team italiani: il PoliMove del Politecnico di Milano e l’High-Performance Real-Time (HiPeRT) dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

Quest’ultimo ha sfiorato la vittoria ed è stato beffato negli ultimi metri, per un piccolo errore di programmazione che ha fatto rallentare la monoposto dopo aver dominato la gara con una media di 223 km all’ora. Con il direttore dell’HiPeRT, il professor Marko Bertogna, parliamo dello sviluppo di queste particolari macchine da corsa.

Come sono equipaggiate queste vetture?

“Le auto di queste competizioni sono tutte uguali per quel che concerne l’hardware. Sono delle Dallara Il-15 equipaggiate con 3 laser scanner, dei radar, delle telecamere, oltre a sistemi automatici per il cambio marce, il freno etc. C’è poi una centralina: un pc con una CPU potenziata. La sfida tra i team si gioca così a parità di hardware e la differenza la fa l’algoritmo che ogni squadra sviluppa”.

Il vostro algoritmo come è stato sviluppato?

“Abbiamo lavorato unendo molte competenze: dinamica, processing, cloud, intelligenza artificiale e reti neurali, per elencarne alcune. Abbiamo così sviluppato un Model Predictive Controller (MDC), un sistema capace di fare analisi predittiva su come si comporterà l’auto in determinate condizioni. A Indianapolis, per esempio, la gara non prevedeva giri di prova per riscaldare le gomme, così il sistema ha dovuto prevedere come si sarebbe comportata la monoposto con le gomme fredde e quanto potevamo spingerla”.

Qual è la differenza tra un’auto a guida autonoma e una monoposto a guida autonoma?

“Una monoposto a guida autonoma deve prevedere un ostacolo a 300 km all’ora, cosa ben diversa da farlo a 30 km all’ora. A certe velocità anche i sensori hanno delle distorsioni e bisogna calcolarle per essere accurati. Quindi da questo punto di vista queste auto sono più challenging, perché a certe velocità porti le macchine al limite della tenuta di strada. Per altri aspetti è più semplice perché gareggiando su pista hai meno ostacoli e meno imprevisti, rispetto a un’auto nel traffico cittadino”.

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La monoposto a guida autonoma

Secondo lei in futuro non ci saranno più piloti in Formula 1?

“Sono un appassionato di Formula 1 e so quanto il fattore umano è importante, quindi non credo ci sarà questo scenario. Inoltre gli organizzatori della F1 tendono a limitare alcuni tipi di tecnologie. Credo che invece, parallelamente alle competizioni classiche, nasceranno quelle senza pilota. L’interesse verso queste gare è enorme. Il sito dell’ultima competizione a cui abbiamo partecipato ha avuto un miliardo e 300 mila visitatori. Una cifra incredibile”.

L’Italia nella ricerca dei software per la guida autonoma, come è messa?

“L’Italia è stata tra i pionieri, ma non ci sono investimenti. Il nostro laboratorio ha 70 persone, ma è comunque piccolo rispetto ai competitor esteri, dove arrivano miliardi di investimenti nel settore. Per esempio la Croazia, che è una nazione piccola, ha inserito nel suo PNRR un capitolo apposito per lo sviluppo dell’auto a guida autonoma. Noi no e la nostra esperienza va avanti grazie ai bandi europei e ai privati con cui realizziamo progetti in collaborazione. Non abbiamo fondi dallo Stato, però”.

Per quanto riguarda l’industrializzazione delle vostre scoperte, l’applicazione alla vita di tutti i giorni, come siete messi?

“Abbiamo una spin-off, la HiPeRT srl, con cui procediamo all’industrializzazione delle nostre ricerche. Non nella guida autonoma delle vetture, perché (e torniamo a quello che dicevo prima) ci vorrebbero investimenti miliardari, ma in altri campi. Stiamo lavorando a progetti nella logistica, perché i muletti lavorano in un ambiente meno imprevedibile. Un altro settore è quello dei droni, sia di acqua che di terra che di aria. Abbiamo già realizzato un drone subacqueo a guida autonoma, dotato di un braccio, capace di immergersi e svolgere il suo lavoro senza qualcuno che lo comandi a distanza”.

Romolo Napolitano

Giornalista professionista dal 2011 è stato, non ancora trentenne, caporedattore dell’agenzia di informazione videogiornalistica Sicomunicazione. Ha lavorato 3 anni negli Stati Uniti in MSC. Al suo ritorno in Italia si è occupato principalmente di uffici stampa e comunicazione d'impresa. Attualmente è giornalista, copywriter e videomaker freelance. Si occupa, tra le altre cose, di tecnologie, nautica e sociale.

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