Primi effetti conflitto Ucraina-Russia: schizzano i prezzi di cereali ed energia, aumenta inflazione
Aumento dell'inflazione e dei prezzi dei generi alimentari, del petrolio, dell'energia: la guerra è scoppiata da poche ore e già si registrano sui mercati europei (e italiani) i primi devastanti effetti
A poche ore dallo scoppio ufficiale della guerra fra Russia e Ucraina le notizie non migliorano: da questa mattina i mercati stanno registrando l’aumento dell’inflazione e l’impennata dei prezzi dei cereali, dell’energia e del petrolio.
L’attacco bellico nel cuore del continente si tradurrà, in altre parole, in un ennesimo aumento dei prezzi per l’industria e per i consumatori, che riguarderà la benzina, i beni primari del paniere delle famiglie (pasta, pane, cereali), le fonti di energia, le materie prime indispensabili per la produzione.
Il quadro dei primi effetti del conflitto
A fornire un primo quadro dettagliato degli effetti del conflitto fra Russia e Ucraina è Michel Salden, Head of Commodities di Vontobel, la banca privata svizzera specializzata nell’asset management per clienti privati e clienti istituzionali.
“La Russia ha invaso l’Ucraina spingendo i prezzi delle materie prime a nuovi massimi storici, mentre le azioni crollano in una mossa risk-off dei mercati. Mentre si profilano interruzioni nella fornitura di petrolio e gas, i mercati prevedono un ammorbidimento delle politiche delle principali banche centrali”.
“Già nel periodo precedente la crisi, le materie prime stavano valutando un premio per il rischio geopolitico che ha ricevuto un’altra botta dalla decisione della Russia di invadere l’Ucraina. Il Bloomberg Commodity Index è in rialzo del 20% da un anno all’altro, il petrolio Wti è in rialzo dell’8% oggi e il Brent è scambiato sopra i 100 dollari, il livello più alto dal 2014. La carenza di gas in Europa è stata esacerbata dal fatto che la Germania ha già bloccato l’apertura del gasdotto Nordstream 2 lunedì, il che rende probabili ulteriori problemi nelle forniture di gas tanto necessarie”.
Di conseguenza, il gas scambiato nei Paesi Bassi è aumentato del 50% da lunedì ma la crisi avrà effetti al di sopra di ogni cosa: le scorte di tutte le principali materie prime scenderanno ai livelli più bassi degli ultimi 20 anni, rappresentando un’ulteriore minaccia per la stabilità dei sistemi produttivi di tutta Europa.
Gli aumenti sulla filiera alimentare
Ulteriori riflessi del conflitto Russia – Ucraina si registreranno nella vita quotidiana delle famiglie: l’Ucraina è responsabile del 12% e del 16% delle esportazioni globali di grano e mais, rispettivamente, e resta da vedere fino a che punto i porti ucraini e le infrastrutture di trasporto saranno danneggiati dal conflitto militare. Inoltre, l’Ucraina e la Russia sono tra i maggiori esportatori di fertilizzanti, il che introduce dei rischi sulla sicurezza alimentare globale.
Nel frattempo, tutti i cereali statunitensi sono già scambiati ai loro massimi guadagni giornalieri del 6%, innescando grandi perturbazioni commerciali, e il grano francese è in rialzo del 17% oggi.
Guardando all’Eurozona, l’attacco russo all’Ucraina ha già comportato pesanti ripercussioni sui prezzi delle materie prime agricole scambiate sui mercati internazionali. Da quanto emerge dalle elaborazioni di Bmti, al Matif di Parigi, borsa di riferimento in Europa per gli scambi di cereali, le quotazioni del grano tenero si sono impennate fino a raggiungere, questo pomeriggio, i 318 euro/t (dato delle 18.15), in rialzo di oltre 40 euro/t rispetto a ieri (pari a +11%) e su valori mai toccati in precedenza.
Forte rialzo anche per il mais che ha raggiunto i 285 euro/t, in aumento di 17 euro/t nel giro di 24 ore (+6%). Aumentano anche i semi oleosi, per la produzione degli oli vegetali e delle farine utilizzate per l’alimentazione animale. A Parigi, infatti, i semi di colza hanno toccato i 765 euro/t, aumentando di oltre 20 euro/t rispetto a ieri (+4%). In realtà è tutto il comparto degli oli vegetali ad essere in tensione: Russia e Ucraina sono, infatti, i due principali paesi produttori di girasole a livello mondiale, con l’Ucraina che da sola rappresenta quasi il 50% delle esportazioni mondiali di olio di girasole.
Anche nel mercato italiano si registrano i primi effetti dell’impennata dei prezzi, in particolar modo per grano tenero, orzo e mais. Alla Borsa Merci di Bologna i prezzi del grano tenero, infatti, hanno registrato nella seduta di oggi pomeriggio un incremento di 8 euro/t, arrivando sui 308-312 euro/t, (+31% rispetto ad un anno fa). Aumenti anche per l’orzo (+7 euro/t), che torna vicino alla soglia dei 300 euro/t (+41% su base annua). Sale di 10 euro/t il mais di origine nazionale, attestato sui 295-297 euro/t, (+28% rispetto a dodici mesi fa). Per quanto riguarda il mais, va inoltre ricordato che l’Ucraina rappresenta il secondo Paese fornitore di mais dell’Italia, con un quantitativo di prodotto che nei primi undici mesi del 2021 si è attestato sulle 600mila tonnellate (pari al 13% del mais complessivamente importato dal nostro Paese).
Gli effetti sulle materie prime
Il quadro nei mercati dei metalli segnati dal dominio russo è simile, con l’alluminio in crescita del 4%, il nichel del 5% e il palladio del 7% sulla base dei dati intraday. Le sanzioni previste dall’Europa per il comportamento della Russia, prosegue l’analista di Vontobel, introdurranno ulteriori disagi in tutti questi mercati.
“Tuttavia, data la dipendenza dell’Europa dal gas, dai metalli industriali e dai fertilizzanti russi, le sanzioni potrebbero rivelarsi opzioni meno valide di quanto sperato. Inoltre, la Russia ha firmato un accordo energetico da 150 miliardi di euro con la Cina nel tentativo di ridurre il legame del paese con l’Occidente, il che mina ulteriormente il potere delle sanzioni imposte.
Il conflitto militare in piena regola ha aumentato significativamente i rischi di interruzioni di petrolio e gas, ma si può presumere che la Russia onorerà i suoi contratti di fornitura di energia a lungo termine come ha fatto in passato. Tuttavia, è improbabile che la Russia invii del gas extra per rifornire le scorte europee in estate, che ora sono del 20% al di sotto delle loro medie di 5 anni. Questo potrebbe rivelarsi un grosso problema il prossimo inverno”.
Il ruolo dello Swift
Come se non bastasse, la tanto discussa sanzione per escludere la Russia dal sistema di pagamento Swift sarà un problema. Lo Swift, che è l’acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, è il sistema cruciale per lo scambio delle transazioni finanziarie a livello mondiale. Con l’aggressione russa all’Ucraina in questi giorni Swift è stato al centro del dibattito con l’ipotesi che serpeggia in queste ore di poter escludere la Russia dal circuito finanziario come massima sanzione dopo l’invasione.
Il fornitore di servizi, con sede legale in Belgio che è stato creato nel 1973, gestisce l’essenziale degli ordini di pagamento e raggruppa oltre 11 mila organizzazioni finanziarie e bancarie in oltre 200 Paesi. Nel 2021 Swift ha registrato una media di 42 milioni di messaggi al giorno. Il traffico è cresciuto dell’11,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
In Italia, Swift è uno dei due gestori di infrastrutture telematiche nell’ambito del ‘Sistema per la trasmissione telematica di dati’ (la cosiddetta Rete Nazionale Interbancaria). Sebbene Swift non sia un sistema di pagamento o regolamento né una banca, l’operatività di un gran numero di infrastrutture, mercati e banche a rilevanza sistemica dipende da Swift. Per questa ragione, le Banche Centrali hanno adottato un modello di sorveglianza ‘cooperativa che assegna alla Banca Nazionale del Belgio, il ruolo di coordinamento.
“Se la Russia non è in grado di ricevere i pagamenti per le sue consegne di petrolio e gas, limiterà o addirittura interromperà la fornitura. Per alleviare la situazione, l’Europa e gli Stati Uniti potrebbero ricorrere a un accordo immediato su un nuovo accordo sul petrolio iraniano. Mentre un tale accordo aiuterebbe a portare nuovi barili di petrolio sul mercato – fino a un milione di barili al giorno in sei mesi – creerebbe nuovi rischi geopolitici in Medio Oriente. Poiché la crisi potrebbe influenzare la crescita degli Stati Uniti e, in particolare, dell’Europa, le principali banche centrali potrebbero spostarsi dalla lotta all’inflazione al ripristino della crescita e del buon funzionamento dei mercati dei capitali – a seconda di quanto dura la crisi. In effetti, i mercati stanno già rivedendo la probabilità del percorso di rialzo dei tassi di interesse previsto dalla Fed, in previsione di mosse dovish, dato che la parte lunga della curva dei Treasury Usa sta mostrando grandi cali dei rendimenti reali”.