Opocher: “Chirurgia e robot, ecco come cambia la medicina del futuro”
"La differenza tra la chirurgia laparoscopica e quella robotica, è che quest’ultima usa tecnologie altamente avanzate. Con i robot abbiamo una visione 3D di ciò che succede e l’ottica viene gestita direttamente dal chirurgo"
Dalle serie ER in poi i medici e i chirurghi sono diventati sempre più presenti nell’immaginario collettivo e la frase “Passami il bisturi” un must di ogni serie tv. In realtà la chirurgia e la tecnologia nelle sale operatorie è cambiata tantissimo negli ultimi anni. Dal bisturi si è passati alla laparoscopia e adesso si sta sempre più affermando la chirurgia robotica.
Due realtà pubbliche come l’Università Statale di Milano e l’Ospedale San Paolo hanno organizzato la Scuola di Formazione in Chirurgia Robotica per preparare i chirurghi del futuro, portando in cattedra rinomati professionisti già preparati alla formazione, in quanto avvezzi a divulgare le competenze necessarie alla tecnologia robotica. Per capire come sarà una sala operatoria nei prossimi anni, abbiamo intervistato il professor Enrico Opocher, ordinario di chirurgia alla Statale e direttore della scuola di formazione.
Qual è la differenza tra chirurgia robotica e chirurgia standard?
“Esistono tre tipi di chirurgie. La chirurgia standard, quella laparoscopica diffusasi negli anni ’90 che opera attraverso piccoli fori ed è mini invasiva, e la sua evoluzione, ovvero la chirurgia robotica. La differenza tra la chirurgia laparoscopica e quella robotica, è che quest’ultima usa tecnologie altamente avanzate. Con i robot abbiamo una visione 3D di ciò che succede e l’ottica viene gestita direttamente dal chirurgo, mentre nella laparoscopia c’è un operatore che deve muovere l’ottica. Inoltre la robotica dà i cosiddetti “7 gradi di libertà”: il chirurgo può permettersi movimenti come se stesse muovendo il suo polso. Questo rende alcune operazioni molto semplici. Mettere i punti per esempio con la laparoscopia è complicato, con la robotica è molto più semplice”.
In che consistono questi robot praticamente?
“Si tratta di una console con dei joystick che manovra un robot che può avere più bracci. Gli impulsi del chirurgo si trasformano in movimenti di questi bracci. Il chirurgo però non è, o non è necessariamente, in sala operatoria, perché può operare anche da remoto. In sala operatoria c’è sempre uno strumentista e un assistente del chirurgo”.
Quanti robot ci sono nelle sale operatorie italiane?
“I robot si sono diffusi un po’ a macchia di leopardo, in base alle politiche sanitarie delle varie regioni. La Toscana per esempio ha investito molto in questa tecnologia. In generale la parte del leone l’ha fatta l’urologia, perché si è visto che la chirurgia robotica in questo campo ottiene risultati molto superiori alla laparoscopia. E’ importante però che i robot si usino sempre più anche per gli altri interventi chirurgici”.
Questa diffusione a macchia di leopardo dipende dai maggiori costi?
“I robot sono costosi è vero, ma finora c’è stato praticamente un monopolio nella loro fabbricazione. Adesso i brevetti sono scaduti e già cominciano a comparire modelli meno costosi. Inoltre più li usi e più abbatti i costi. Se fai 50 operazioni all’anno, l’ammortamento va diviso per 50, se ne fai 400 automaticamente il costo per operazione del macchinario tende a diminuire”.
Fatto 10 il costo di un’operazione in laparoscopia, quanto costa una con il robot?
“Direi 13 o 14. Ma attenzione non bisogna solo calcolare il costo dell’intervento. La chirurgia robotica è più precisa e meno invasiva. Magari costa di più, ma permette di dimettere il paziente un giorno prima, con un risparmio per la struttura. Inoltre anche la laparoscopia all’inizio era poco utilizzata proprio per i costi, ma più è diventata la regola più i costi sono scesi. Soprattutto, in chirurgia, quando c’è un’innovazione non si torna più indietro”.
A livello di robot e di chirurghi che li sanno usare l’Italia, nel suo insieme, come è messa?
“Rispetto agli altri Paesi non credo ci siano meno robot nelle sale operatorie italiane. I chirurghi che li sanno adoperare sono ancora una minoranza, direi un 10% del totale. Questo perché, come le dicevo, questi robot vengono spesso utilizzato solo in urologia, mentre bisogna sempre più allargare il loro uso agli altri interventi”.
Come formate i chirurghi a usare le tecnologie robotiche?
“Gli specializzandi in diverse materie dopo le lezioni e i simulatori, se raggiungono un certo punteggio, co-operano. C’è una doppia console, un po’ come con le auto della scuola guida. Il chirurgo opera e quando ritiene che c’è un passaggio che può fare lo specializzando gli passa il controllo. La Regione ci ha autorizzato a realizzare 500 interventi e questo per noi è un grande risultato, perché stiamo cavalcando il cambiamento e preparando una nuova classe di chirurghi già pronta per questa tecnologia”.