Jazz Inn Festival, l’innovazione che parte dai borghi d’Italia: un bilancio con De Nicola
"Abbiamo dimostrato che era possibile portare innovazione fuori da luoghi comuni: abbiamo fatto diventare Pietrelcina una piccola capitale dell'innovazione questa settimana"
Ad un passo dalla fine dell’edizione 2021 del Jazz Inn Festival, la sei giorni (dal 26 al 31 luglio) di incontri, sinergie, confronti e convivialità nel cuore di Pietrelcina (passando anche per Troia, San Giovanni in Galdo e Campoli di Pietra), F-Mag ha fatto una chiacchierata con Giuseppe De Nicola, Direttore della Fondazione Ampioraggio, “anima e mente” dell’evento che unisce narrazioni, borghi, eccellenze dei territori, imprenditori e musica dal vivo come viatico di socialità e condivisione.
Dott. De Nicola, quest’anno siamo alla quinta edizione del Jazz Inn Festival: un risultato non scontato perché, malgrado viviamo ancora con la pandemia alle spalle, siete riusciti a portare a Pietrelcina (BN) un evento di partecipazione, condivisione e convivialità. Cosa vuol dire per voi di Fondazione Ampioraggio questo risultato?
“Vuol dire soprattutto aver dimostrato che era possibile portare innovazione fuori da luoghi comuni: abbiamo fatto diventare Pietrelcina una piccola capitale dell’innovazione questa settimana, al pari di Milano e di Londra, quindi questo significa che cambiare i paradigmi, cambiare la narrazione, è sempre possibile come è possibile ragionare di innovazione al Sud. Grazie a Jazz Inn Pietrelcina è diventata uno dei 12 borghi del futuro, con la sperimentazione Smarter Italy di Invitalia e questo lo verrà a ribadire anche il viceministro Alessandra Todde il 31 luglio prossimo (domani, ultimo giorno dell’evento, ndr). Abbiamo dimostrato sostanzialmente che è possibile fare squadra: sono presenti in questi giorni innovatori di tutta Italia che stanno discutendo in maniera collaborativa di progetti di sviluppo comune. Abbiamo, quindi, dimostrato che non esistono periferie quando si fa innovazione: noi lo facciamo da 5 anni, lo faremo anche fuori da Pietrelcina (il festival ha fatto tappa anche a Troia in Puglia e a San Giovanni in Galdo in Molise, ndr) unendo le forze tra tre regioni che hanno patrocinato insieme al Ministro della Cultura l’evento e provando a invertire certe tendenze”.
Ad esempio?
“Ieri il Sindaco di San Giovanni In Galdo, un piccolo Comune della provincia di Campobasso, è venuto per lanciare il suo progetto di “paese albergo” facendo una cosa importantissima: ha raccolto i nostri spunti, spunti cercando i contenuti prima di realizzare il contenitore. So che può sembrare una cosa banale ma se questo sindaco avvierà questo progetto di sviluppo per il “paese albergo” in questo modo sono sicuro che non solo sarà un successo ma tanti altri lo seguiranno in questa strada. Noi saremo a fianco a lui come tanti altri sindaci che vorranno in qualche modo diciamo cercare idee nuove per il futuro, a tante imprese che vogliono innovare, tante pubbliche amministrazioni che cercano di digitalizzare e digitalizzarsi e farlo in maniera sostenibile. Questa quinta edizione dimostra che abbiamo fatto una scommessa un po’ folle, un po’ visionaria 5 anni fa, ma credibile e sostenibile. L’hanno riconosciuto addirittura un gruppo di investitori statunitensi e saranno qui dal 29 al 30 al 31 luglio per venire a cercare a Pietrelcina – non a Milano, Roma o Londra – imprese e start up per accelerarle e portarle sui mercati internazionali. Sono tante piccole cose che unite fanno grandi cose”.
Quindi, che numeri fa il Jazz Inn Festival?
“Ogni anno calcoliamo mediamente 100 – 150 presenze al giorno. Quest’anno abbiamo organizzato sei giornate, circa 900 presenze o qualcosina in più, numeri importanti anche sui social ma soprattutto sono le ricadute che contano, ossia gli investimenti per decine di milioni di euro – in parte di Invitalia che ha finanziato iniziative importanti e sarà presente da noi il 30 (oggi, ndr) per una giornata con “Resto al Sud”, ci saranno circa 30 enti partner per tre tavoli di lavoro finalizzati ad una strategia condivisa. Ci sono, inoltre, progetti finanziati in Europa, due progetti finanziati da altri enti, iniziative di open innovation che hanno portato start up a fare a diventare fornitrici di aziende, programmi di ricerca e sviluppo che sono stati generati in 5 anni. Il nostro è un evento no profit: noi lo finanziamo attraverso una campagna di crowdfunding con un contributo che ci dà Invitalia e i comuni che ci ospitano, perché non vogliamo parlare di innovazione quindi farci pagare da qualcuno per fare un evento sull’innovazione: noi vogliamo invece la collaborazione di tutti. Sulla piattaforma innamoratidellacultura.it si può fare una donazione al progetto”.
Il Jazz Inn Festival perciò non è solo l’evento, ma anche le ricadute positive sul territorio e per le realtà produttive che vi partecipano?
“Si. In questo senso fare rete e creare sviluppo. Quindi il nostro obiettivo non è solo l’evento, ma quello che succederà dopo l’evento e succederanno tante cose come stanno succedendo da 5 anni miracolosamente. Insomma, siamo nel paese di Padre Pio e ci può anche stare che avvenga questo miracolo italiano al sud! Per cui abbiamo fatto una bella scommessa quest’anno, sei giornata invece di tre, location nuove, un nuovo format, c’è molta fatica dietro e tutto è stato possibile grazie al fatto che tanti imprenditori si sono uniti per fare squadra insieme. Questa è la parte più bella, cioè tante persone da tutta Italia che si mettono in viaggio a spese loro addirittura fanno una donazione per sostenere Jazz Inn e vengono in un posto che non è proprio facilmente raggiungibile, non è dietro l’angolo, per ragionare insieme”.
Obiettivi o suggestioni per il futuro?
“Il nostro obiettivo è molto ambizioso: posizionarci a livello europeo, portare questo modello anche in Europa. Abbiamo un progetto che è nato da Ampioraggio finanziato dalla comunità europea, ci ha messo in contatto con tante università e questo e oggi in Germania, in Olanda, in Spagna e in Francia ci hanno chiesto di portarlo anche lì, per spiegare cosa facciamo. Vogliamo quindi portare le innovazioni italiane delle nostre start up, dei nostri centri di ricerca, dei nostri spin off sui mercati come lo faremo con gli americani. Abbiamo la possibilità di ridurre le distanze anche magari bevendo un bicchiere di vino e ascoltando musica Jazz, e vogliamo far sì che quel fatturato che si genera abbia dentro l’innovazione che porta Jazz Inn, per produrre margini migliori, ridurre costi, offrire alle intelligenze italiane la possibilità di restare qua e magari perché no far venire qui le persone a lavorare in smart working nei nostri meravigliosi borghi, senza andare e via portando ricchezza, distribuendo ricchezza e generando valore”.
Che ruolo ha la musica, in particolare in Jazz, in questa kermesse?
“Come l’innovazione è frutto di grande studio e di sperimentazione, ma anche improvvisazione, spesso le serate jazz diventano una scusa per stare insieme, per far conoscere le persone. Ad una serata musicale puoi condividere pareri ed opinioni con persone magari sconosciute e questa cosa è bellissima perché ti porta in una condizione di grande condivisione di idee perché magari l’amministratore delegato di una grande azienda si ritrova ad ascoltare del jazz con una startup con la quale ha discusso durante il giorno e nascono cose meravigliose”.