Giustini (Marketing Toys): “Vi spiego come e perché bisogna innovare il business”
Il founder di Marketing Toys mette a disposizione una guida gratuita per imprenditori moderni: step by step, tutti i passi per innovare il proprio business
Un diario di viaggio, ma forse è meglio definirla una guida: è quella messa a punto da Marketing Toys, azienda che si occupa di comunicazione, brand strategies, marketing e consulenza specialistica. Proprio a questo proposito, F-Mag ha fatto due chiacchiere con Filippo Giustini, founder e design strategist della società, che ama definirsi come uno statistico mancato che gioca ancora a Lego, ha uno Yo-yo, uno skateboard sempre nel bagagliaio e più di 40 anni.
Almeno la metà dei suoi anni, però, Filippo Giustini li ha dedicati alle strategie di marketing e ha una certezza: è tempo di abbracciare l’innovazione perché – come scrive nella guida – “non è più sufficiente bombardare il consumatore di pubblicità, o per dirla in altri termini, sponsorizzare post e pagine su Facebook, o contenuti sui social senza inserirli in una precisa strategia comunicativa ed aziendale”.
Secondo lei, cosa serve alle aziende per avvicinarsi di più ai bisogni dei clienti o dei consumatori?
“Non siamo più nell’epoca in cui si produce e si vende esclusivamente il prodotto, oggi quello che acquistiamo è un’esperienza, un mondo di valori: anche le aziende che oggi sono leader del loro settore sentono l’esigenza di fare “qualcosa di più”. Ormai la produzione e commercializzazione di un bel prodotto possono farlo un po’ tutti. E’ ovvio che se si esce dall’ambito della sola produzione oggi è necessaria una maggiore attenzione e soprattutto molto spirito di osservazione: queste capacità, questa attenzione abbinata alla capacità di saper individuare (non che comprendere l’operato di) professionisti e aziende non sempre è insita nella cultura imprenditoriale delle PMI italiane.
Faccio un esempio: se c’è da fare una ricerca di mercato per comprendere come il consumatore possa arrivare ad un nostro prodotto o servizio, non tutte le aziende hanno la capacità imprenditoriale di chiedersi il perché e chiedere come funziona questo processo. Ad oggi siamo ancora ad investire nel social di turno senza chiedersi se il proprio cliente si relaziona con il brand tramite quella piattaforma, ed è ovviamente assurdo oltre che anti-economico”.
Quindi, cosa bisognerebbe fare?
“La comunicazione ed il marketing sono aree di lavoro completamente diverse tra di loro, questo è un messaggio che deve passare forte e chiaro. Oggi quello che manca è la pazienza e l’attenzione verso il consumatore, che è una persona proprio come noi con bisogni da soddisfare e richiede di essere ascoltato e guidato. Siamo circondati da prodotti bellissimi, pieni di funzioni e paradossalmente siamo ancora circondati da un’infinità di problemi da risolvere. Oggi non possiamo più permetterci di fare “solo” prodotti, di fare “solo” comunicazione. Per semplificarla con un esempio, non è sufficiente saper fare un bel paio di jeans: il mercato è pieno di brand che ne fanno prodotti di ottima qualità. Quel paio di jeans, per essere venduto, va raccontato, deve coinvolgere, deve avere un impatto positivo per l’ambiente, e per le generazioni future. Quel prodotto deve essere un’inno alla vita. E tutto questo è necessario non solo farlo, ma raccontarlo, soprattutto sui social attraverso sicuramente bei post click bait ma soprattutto attraverso scelte aziendali forti che portino poi la comunicazione ad un livello superiore: bisogna diffondere la cultura del marchio attraverso scelte forti e una comunicazione positiva”
In che senso? Cosa è cambiato rispetto a prima?
“Beh per fortuna, almeno da questo punto di vista, la pandemia è stata come una livella: si sono trovati tutti a dover utilizzare lo strumento dell’online e dei social per il marketing. Ed è anche in momenti come questi che il consumatore, poi, va sensibilizzato rispetto ai valori di quell’impresa o di quell’azienda come, ad esempio, la sostenibilità ambientale, il rispetto dei lavoratori, l’utilizzo responsabile dei materiali utilizzati e così via. I social sono un megafono di questi valori e di quello che è realmente il marketing: si parla tanto di digital marketing, ma in realtà c’è una strategia di marketing e poi c’è la comunicazione digitale. Si è innescato un processo interessante da questo punto di vista: le persone, oggi ancora più di ieri, non si interessano solo al prodotto ma ai valori che questo racchiude, al purpose per citare un termine che va tanto di moda, ma che, aimè, bisogna saperlo riempire di un significato più profondo”
Quindi, ha deciso di scrivere la guida “Diario di Viaggio” per imprenditori. Come mai?
“Perché oggi c’è bisogno di condividere un percorso con i clienti, metterli nelle condizioni di capire cosa sta accadendo perché il cliente deve essere in grado di poter scegliere cosa fare e cosa non fare: la guida ha un linguaggio semplice, scorrevole e diretto, serve a capire cosa sta accadendo in certe dinamiche, per questo abbiamo scelto un taglio oggettivo. E’ una sorta di Guida Galattica per imprenditori – sulla scia di quella del famoso libro – e fortunatamente è piuttosto scaricata: c’è interesse nel comprendere le dinamiche legate alla comunicazione e al marketing, così da poter giudicare sia noi di Marketing Toys che qualsiasi altra attività comunicativa”
Dunque, anche alcuni professionisti della comunicazione – come nel suo caso – hanno scelto di adottare un approccio innovativo rispetto alla user experience. Secondo lei, oggi le imprese italiane che momento storico stanno vivendo?
“Questa domanda me la pongo spesso, perché noto che non si riesce sempre a portare a termine un processo di innovazione e cambiamento. Ora non è tanto il momento dell’agire quanto piuttosto della riflessione, della pianificazione, di avvalersi di consulenze, analisi, ricerche… Purtroppo o per fortuna la componente tecnologica – che oggi ha costi irrisori – ci dà una spinta; d’altra parte, bisogna capire quali problemi ci sono – anche a livello globale. Per fare impresa oggi bisogna fermarsi e riflettere, non bisogna solo agire – produrre – delocalizzare – ricercare il profitto, non è più sufficiente. Siamo in un momento piuttosto importante e ci sono delle novità tecnologiche che stanno tracciando delle rotte, come ad esempio Amazon e l’e-commerce: che senso ha spedire un prodotto su internet in tre giorni se con Amazon arriva il giorno dopo? Questi solchi nel terreno cambiano per forza di cose il nostro approccio culturale e, quindi, imprenditoriale, segnano rotte che inevitabilmente modificano i comportamenti e le abitudini dei consumatori”
In che senso?
“Oggi nessuno si chiede se il negozietto di paese o del centro storico abbia i giorni contati o quale nuova identità può avere la piccola impresa: soprattutto, non si possono rincorrere le grandi realtà senza competenze e senza comprendere cosa sta accadendo. La riflessione, l’analisi, l’attenzione è fondamentale e questo aspetto spesso non viene valorizzato. In altri tempi l’azienda riusciva anche ad ammortizzare le scelte sbagliate, oggi i tempi sono più veloci, calzanti, quindi è più difficile. Anche la comunicazione va intesa come scelta aziendale, non un’azione spot, così come l’attività di marketing, per tutto l’anno. Il tessuto imprenditoriale italiano è fatto da microimprese diffuse e capillari sul tutto il territorio, ed è un valore; però, nessuno ha insegnato loro come fare impresa e questo è un rischio, perché se la proprietà in vent’anni non riesce a crescere – come mind-set e come approccio all’organizzazione del lavoro – vuol dire che si è fuori da qualsiasi regola imprenditoriale. E allora è il momento di fare qualcosa”