Ricerca

La NGF per ridurre gli effetti dei traumi cerebrali

Il trattamento prevede l'inoculazione della molecola Nerve Growth Factor (NGF), scoperta da Rita Levi-Montalcini e Stanley Cohen negli anni '50 (e che valse loro il premio Nobel per la medicina nel 1986), per via nasale.

L’Istituto di farmacologia traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ift) di Roma ha recentemente sviluppato un trattamento innovativo che potrebbe aiutare a ridurre gli effetti dei traumi cerebrali e prevenire la disabilità motoria. Il trattamento prevede l’inoculazione della molecola Nerve Growth Factor (NGF), scoperta da Rita Levi-Montalcini e Stanley Cohen negli anni ’50 (e che valse loro il premio Nobel per la medicina nel 1986), per via nasale.

Questa proteina, essenziale per lo sviluppo e la manutenzione delle cellule nervose – in particolare per la sopravvivenza dei neuroni durante lo sviluppo embrionale del sistema nervoso – è al centro della sperimentazione condotta su modelli murini (sperimentazioni biologiche condotte sui topi) i cui risultati sono stati pubblicati sul British Journal of Pharmacology. La ricerca si è focalizzata sulla cura delle lesioni cerebrali primarie, che possono causare una successione di eventi molecolari e biochimici in grado di peggiorare ulteriormente il danno.

I trattamenti hanno previsto la somministrazione di NGF umano su modelli murini e, a partire dal giorno seguente la fine del ciclo terapeutico, sono stati valutati l’insorgenza di sintomi di disabilità motoria e lo sviluppo di fenomeni di neuroinfiammazione. “Abbiamo potuto constatare che questa molecola inoculata immediatamente dopo il trauma cerebrale, riesce a limitare e prevenire lo sviluppo di danni secondari responsabili della progressione generalizzata del danno cerebrale, come le disabilità di tipo motorio, sia nella zona di impatto (corteccia parietale) che in altre aree del cervello, quali l’ipotalamo”, spiega Marzia Soligo, ricercatrice del Cnr-Ift e autrice della ricerca.

Le lesioni cerebrali traumatiche (acronimo: TBI) rappresentano uno dei maggiori problemi nel campo della neurologia, causando ogni anno in Europa circa 1,5 milioni di ricoveri, con le popolazioni pediatriche e adolescenziali ad alto rischio. In questo contesto, la sperimentazione con l’NGF rappresenta un importante passo in avanti nella cura delle lesioni cerebrali. “Sappiamo che queste lesioni – continua Soligo – possono attivare una serie di conseguenze a cascata quali ischemie (per un ridotto apporto di sangue), ipossie (per carenza di ossigeno) e neuroinfiammazioni, che acutizzano la gravità e aumentano l’estensione della lesione, con esiti spesso permanenti e invalidanti. Il nostro studio nasce quindi dalla necessità di prevenire, o limitare, alcuni di questi meccanismi che determinano l’insorgenza di danni secondari”.

Redazione

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