Un Piano Draghi da 221 miliardi per rilanciare (e salvare) l’Italia
Presentato il Piano Draghi, un percorso verso la crescita economica sostenibile e duratura che rimuova gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni
Diamo i numeri: 221 miliardi e mezzo, di cui 191 e mezzo riconducibili al recovery fund; 135 diverse linee di investimento; 3 punti Pil stimati di crescita entro il 2026. Queste le cifre chiave di quello che già ha preso il nome di piano Draghi e che è stato presentato nelle scorse ore in Consiglio dei Ministri. Una giornata chiave, per l’economia del nostro Paese, che è iniziata quando le edicole hanno aperto con il Foglio che ha pubblicato l’introduzione, scritta di proprio pugno dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, alle bozze (non ancora definitive, bene ribadirlo) del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
“L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. Il Next Generation EU può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni”.
Mario Draghi, Introduzione alle bozze PNRR
“Il Governo – scrive Draghi – ha predisposto uno schema di governance del Piano che prevede una struttura di coordinamento centrale presso il ministero dell’Economia. Questa struttura supervisiona l’attuazione del piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti. Accanto a questa struttura di coordinamento, agiscono una struttura di valutazione e una struttura di controllo. L’Italia deve combinare immaginazione e creatività a capacità progettuale e concretezza. Il Governo vuole vincere questa sfida e consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno all’interno di un’Europa più forte e solidale”.
Con queste convinzioni, e con la volontà ferrea di mettere in un angolo – o comunque su un altro piano – quello che è lo scontro politico, del resto inevitabile con una “maggioranza” così allargata. Sono proprio le istanze dei partiti – tante, spiegano gli analisti politici degli organi di stampa – a spingere verso il “pugno duro” del capo del Governo e dei c.d. tecnici che ribadiscono che “l’impianto” di questo piano “non cambierà”. Certo, in questo momento storico è impossibile guardare solo ai conti: sul tavolo ci sono piano vaccinale, coprifuoco, aperture e altri temi che animano urgentemente il dibattito sociale del Paese. Ma l’economia è l’assets per eccellenza nelle priorità di Draghi (che in settimana ha dovuto anche incassare la stoccata dell’Economist che ha ribadito che “governare l’Italia non è come guidare la BCE” e il suo piano è mirato non solo “riparare i danni della pandemia” ma anche ad affrontare le “debolezze strutturali” italiane. C’è attenzione sulle scelte e sull’operato di Draghi, che ha il peso di “ricostruire l’economia italiana devastata dalla recessione” (Financial Times) anche da parte di osservatori e partner europei.
Nel piano di riforme c’è il fisco (“Il Piano predispone interventi volti a riformare i meccanismi di riscossione e a ridurre il contenzioso tributario e i tempi della sua definizione”), una riforma penale (“Il Governo intende riformare la fase delle indagini e dell’udienza preliminare; ampliare il ricorso a riti alternativi; rendere più selettivo l’esercizio dell’azione penale e l’accesso al dibattimento; definire termini di durata dei processi”), la semplificazione – o meglio chiamata razionalizzazione – dell’apparato legislativo per cui viene costituito un apposito Ufficio (in presidenza) per la razionalizzazione e semplificazione delle leggi e dei regolamenti “per permettere una continuità di proposte e di interventi nel processo di semplificazione normativa”. E si guarda anche a mercato e concorrenza. Sull’innovazione poi, come abbiamo anticipato, potrebbero arrivare fino a 42,5 miliardi di stanziamenti.
Salvo sorprese, la linea che si intraprenderà è questa e Draghi non sembra intenzionato a concedere spazio di manovra ai partiti.