Interviste

Forum Terzo Settore, Gaudino: “Nuovo modello di scuola che sia inclusivo”

L'intervista di F-Mag a Giovanpaolo Gaudino, portavoce del Forum Terzo Settore della Campania, che propone un cambio di paradigma inclusivo

La pandemia da Covid-19 ha reso evidenti nell’ultimo anno la necessità di una maggiore integrazione del terzo settore nel tessuto produttivo e istituzionale del Paese. Il bisogno che emerge dai territori è lapalissiano. Non possiamo più considerare i fattori crescita e benessere sociale separati e che viaggiano parallelamente, ma due corpi che hanno bisogno di muoversi in sincrono per il bene delle comunità. Un cambio di paradigma necessario. F-Mag ne ha parlato con Giovanpaolo Gaudino, imprenditore sociale e nuovo portavoce del Forum del Terzo Settore campano.

Questo è un anno in cui gli enti del terzo settore non hanno avuto l’opportunità di entrare a scuola. E’ mancato l’apporto di questo settore nella progettazione extra curricolare. Quando ha inciso secondo lei sia nell’economia del settore sia nell’offerta educativa delle scuole?
“È mancato l’apporto in presenza, ma si è cercato comunque di dare un contributo, sostenendo attraverso le esperienze della dad solidale e il tutoraggio online o domiciliare. Molte di queste iniziative sono state realizzate al di là del sostegno economico, la cui mancanza alla lunga però è stata sentita. Una serie di attività che venivano offerte sono venute meno e questo sicuramente ha influito nell’impoverimento dell’offerta didattica ed educativa”.

Crede che ci sia la necessità di ridisegnare il sistema, basandosi più sui bisogni e capacità dei ragazzi?
“Da anni si cerca di ridisegnare l’offerta formativa e didattica. Credo che bisogna trovare un equilibrio tra il percorso didattico, che fortifichi le conoscenze di base che sono fondamentali per costruire i percorsi di vita, e le offerte ed iniziative che rispondano ai bisogni dei ragazzi e alle loro abilità, utilizzando anche nuove metodologie. Salverei una parte della dad, quella relativa all’utilizzo degli strumenti multimediali. Bisogna pensare ad una organizzazione che permetta alla scuola di essere realmente inclusiva, creare opportunità di emancipazione, che non che vadano a suggellare le differenze economiche e sociali.  In questo, il ruolo del terzo settore può essere determinante: fare da collante e sostenere con azioni di accompagnamento il lavoro degli insegnanti”.

Il terzo settore sopperisce alle mancanze del pubblico in diversi settori, tra i quali la cura e la presa in carico delle persone fragili. Quali sono gli ambiti di intervento dove siete maggiormente investiti? E quali quelli dove sarebbe necessario un maggiore confronto con le istituzioni per garantire un maggiore benessere ai più fragili?
“Il terzo settore ha nella propria mission la cura e la promozione del benessere delle comunità. Da sempre le organizzazioni di volontariato e della cooperazione rispondono ai bisogni dei più fragili. Non c’è un bisogno sociale che non trovi risposta nelle numerose iniziative del terzo settore. Spesso queste risposte anticipano l’organizzazione dei servizi della pubblica amministrazione. Sarebbe utile ed interessante, per tutte le parti coinvolte, che ci fosse un dialogo sempre aperto, in cui le esperienze migliori ed innovative fossero prese ad esempio e rese servizi del pubblico”.

Parliamo del bando “Welfare che Impresa”, il  programma di capacity building per progetti di welfare ad alto potenziale di impatto sociale, economico e ambientale.. Negli anni scorsi la percentuale di chi ha avuto il fondo al sud è stata bassissima. Secondo lei perché questo dato negativo e cosa si può fare per migliorarlo?
“È innegabile che accanto a numerose organizzazioni che mettono in campo esperienze innovative ed interessanti, conservando lo spirito originario del terzo settore, il comparto si sia popolato in buona parte da attori economici appiattiti sull’offerta del pubblico. Realtà che non hanno una visione della società e non riescono a fare proposte proprie. Credo che, in un contesto socio-economico depresso, il terzo settore abbia attirato operatori economici di diversa natura”.

C’è un pensiero su come far incontrare imprenditori virtuosi del territorio con realtà territoriali che hanno poco accesso ai finanziamenti o, come accade molto spesso per i progetti, ad anticipare somme che di fatto ne limitano la partecipazione?
“Sicuramente le sinergie tra profit e non-profit sono una frontiera che va sempre più esplorata. In realtà complesse come le nostre, le risposte devono essere complesse. Devono prevedere percorsi di inclusione ed emancipazione, dai quali non si può tenere fuori il piano lavorativo. Le esperienze di partecipazioni in equity sono ancora poco praticate, ma potrebbe essere la strada giusta da percorrere”.

Roberto Malfatti

Roberto Malfatti, nato nell'anno in cui Bearzot insegnava al mondo a giocare a calcio con la sua Italia campione del Mondo. Sociologo, comunicatore, papà di Irene e chitarrista all'occorrenza. Esperto in tematiche ambientali con il vizietto di ascoltare sano rock.

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