Economia

Gas russo: ma Putin può fare a meno dei soldi dell’Europa?

Lo scontro tra Russia e Unione Europea rappresenta uno dei casi più esemplari di come l’interdipendenza economica sia un fattore decisivo delle relazioni internazionali e, infatti, alle tante parole, alle tante dichiarazioni e ai tanti attacchi verbali tra minacce di chiusura di rubinetti ed embargo energetico, alla fine i i gasdotti che dalla Russia portano il gas in Europa continuano a lavorare come se la guerra in Ucraina non ci fosse mai stata.  

«Gli europei non possono fare a meno dell’energia russa». Le parole del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin sono risuonate con decisione ieri su tutti i mezzi di informazione del mondo. Parole forti che, nella propaganda di queste settimane di guerra tra sanzioni minacciate e chiusure energetiche paventate, rappresentano forse una delle poche verità nell’enorme flusso di informazioni, proclami e minacce. 

Ma se è vero che gli europei non possono rinunciare all’energia russa, c’è da chiedersi se la Russia possa fare a meno dei flussi finanziari con cui i Paesi dell’Unione Europea pagano le risorse energetiche. Dunque la domanda che bisogna porsi è: davvero Putin può chiudere i rubinetti di petrolio, gas e carbone?

La dipendenza dal gas russo

La riposta a guarda bene i dati economici non può che essere negativa. Ogni mercato ha almeno un acquirente e un venditore. Più complessi si fanno i sistemi più ogni acquirente e ogni venditore farà di tutto per rendersi sempre più indipendente evitando rapporti troppo stretti. Proprio per questo, la strategia più efficace, in ogni mercato, è quella della diversificazione, che si concretizza nella costruzione di una rete, una catena di valore, fatta da più fornitori, situati in diverse aree geografiche, che garantiscano stabilità alla produzione e dai quali non bisogna mai rischiare di essere dipendenti.

Secondo i dati del mercato energetico, la Russia con le sue risorse soddisfa il 40% del fabbisogno totale di gas naturale dell’Unione Europea (176 miliardi di metri cubi all’anno), il 27% del petrolio e il 46% del carbone. Le esportazioni di combustibili fossili verso l’Ue rappresentano, per le casse della Federazione Russa, più del 40% del budget federale.

Per la Russia i ricavi derivanti dalle esportazioni di idrocarburi per il 2021 hanno raggiunto quota 231 miliardi di dollari, circa il 70% del totale. Un conto economico nazionale che vede la vendita dell’energia come unico reale mezzo per pagare welfare, assistenza ma anche, e soprattutto, le spese militari di un esercito che, negli anni, è intervenuto in diversi scenari di guerra con costi pesanti. 

Dunque si capisce con chiarezza che la Russia si trova in una posizione di dipendenza netta rispetto ai Paesi dall’Unione. Putin, visti i conti, se dovesse scegliere di chiudere drasticamente i rubinetti energetici per l’Europa, si dovrebbe confrontare con il collasso economico della Russia. Esiste dunque una forte e stretta interdipendenza tra Ue e Federazione Russa che rende vane le dichiarazioni e le minacce di questo messe di guerra. Non è un caso che le esportazioni attraverso i gasdotti dalla Russia all’Unione Europea, dal giorno dell’invasione dell’Ucraina siano dirittura aumentate. 

La Russia di Putin e la via cinese

Molti analisti vedono nelle sanzioni economiche contro la Russia un pericolo perché spingerebbero Mosca a rinsaldare l’alleanza con Pechino. Ma la Cina può essere per Mosca un valido sostituto della Unione Europea come partner strategico nel mercato energetico? Per rispondere bisogna innanzitutto valutare quanto vale Pechino nelle esportazioni di energia russa.

In Cina arrivano solo 16,5 miliardi di metri cubi di gas naturale russo, neanche un decimo dei 176 miliardi che vengono venduti in Europa. Il Power of Siberia, il gasdotto che oggi dalla Russia arriva in Cina, può trasportate al massimo 38 miliardi di metri cubi. È in fase di approvazione il Power of Siberia 2, un nuovo gasdotto che dovrebbe avere una portata massima di 50 miliardi di metri cubi. È chiaro che, anche con le nuove infrastrutture, la Cina non può sostituire l’Unione Europea come partner economico per la Russia nel mercato energetico.

Le sanzioni e il gas in rubli

A inizio maggio dovrebbe entrare in vigore il decreto con cui Putin ha deciso che il gas russo va pagato in rubli, questo rischia di generare un vero e proprio blocco del mercato energetico. Per le aziende europee, infatti, diventerebbe illegale acquistare il gas russo vista l’impossibilità di utilizzare il rublo. Ma a questo, i tecnici russi, hanno posto rimedio studiando un metodo che però per la sua macchinosità e parzialità sarebbe inaccettabile per le aziende dell’Unione.

Come spiegato dettagliatamente anche nel decreto, infatti, ogni azienda che acquista gas dalla Gazprom dovrà avere due conti bancari presso la Gazprombank, uno in euro e l’altro in rubli. L’acquirente deposita gli euro nel primo conto, la stessa Gazprombank li cambia in rubli e li deposita in automatico sul secondo conto con cui poi verrà pagata effettivamente la Gazprom. 

Questo sistema, esplicitato nel decreto all’articolo 7, è inaccettabile per i Paesi dell’Unione perché  consentirebbe alle aziende di aggirare ogni sanzione ma, soprattutto, sarebbe Mosca in totale autonomia a scegliere il tasso di cambio tra euro e rublo. 

Energia e propaganda

Se si valutano i dati, le dinamiche internazionali, gli equilibri del mercato energetico globale e la macchinosità del sistema delle sanzioni e della reazione russa, si può capire che lo scontro sull’energia è più una questione di propaganda che una vera arma di guerra. Dunque l’Europa, come dice Putin, può fare a meno dell’energia russa? No, non può e non riuscirebbe a sostituirla nel breve e medio periodo. Ma la Russia può fare a meno dei soldi dell’Europa? No, non può, la sua economia collasserebbe in pochi giorni. 

Lo scontro tra Russia e Unione Europea rappresenta uno dei casi più esemplari di come l’interdipendenza economica sia un fattore decisivo delle relazioni internazionali e, infatti, alle tante parole, alle tante dichiarazioni e ai tanti attacchi verbali tra minacce di chiusura di rubinetti ed embargo energetico, alla fine i i gasdotti che dalla Russia portano il gas in Europa continuano a lavorare come se la guerra in Ucraina non ci fosse mai stata.  

Claudio Mazzone

Nato a Napoli nel 1984. Giornalista pubblicista dal 2019. Per vivere racconta storie, in tutti i modi e in tutte le forme. Preferisce quelle dimenticate, quelle abbandonate, ma soprattutto quelle non raccontate. Ha una laurea in Scienze Politiche, una serie di master, e anni di esperienza nel mondo della comunicazione politica.

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