Interviste

Salvatore Graziano: “Vi racconto la missione di Vesuvius Cultural Tourism”

Intervistare Salvatore Graziano, project manager di Vesuvius Cultural Tourism non è come parlare con un “classico” imprenditore. E il motivo risiede nel tipo di azienda: Vesuvius Cultural Tourism, infatti, è un’impresa sociale. Ciò implica non una logica di ritorno sull’investimento, ma una vera e propria missione che abbraccia il riscatto sociale ed economico di un’intera regione attraverso il turismo. Per farlo l’impresa vuole raccogliere il meglio che la Campania può offrire nel campo dell’accoglienza e metterlo a disposizione attraverso una App.

Partiamo da ciò che manca. Da anni si parla di turismo come il petrolio del Sud, ma a conti fatti i grandi flussi turistici preferiscono Roma, Venezia, Milano e Firenze. Cosa manca a Napoli e alla Campania per entrare nelle prime mete turistiche del Paese?
“In tutta onestà non credo manchi nulla. Senza voler sminuire le altre importanti mete turistiche che ha citato, direi che spesso per creare delle esperienze per i propri ospiti loro devono in qualche modo costruirle, quasi inventarle. Napoli e la Campania, invece, sono la sede naturale dove fare una miriade di esperienze storiche, culturali, sensoriali, e anche identitarie. Quindi in termini materiali abbiamo tutto, ciò che manca è la conoscenza di quello che abbiamo, degli attrattori storico-culturali che ci circondano. Quindi bisogna prenderne e farne prendere coscienza. E questo si fa attraverso un’oculata politica del turismo. Fatto ciò, credo ci vorrà davvero poco per entrare tra le prime mete turistiche del Paese”.

Negli ultimi anni, fatta salva la perentesi Covid, Napoli ha avuto un incremento di visitatori. Ma spesso si parla di turismo mordi e fuggi. Esiste un modo diverso di far conoscere la Campania?
“Sì, esiste e non è colpa del turista o del viaggiatore se resta pochi giorni. Ciò che è mancato è una corretta comunicazione. C’è stata negli ultimi anni un’esplosione di Bed&Breakfast a Napoli, ma non c’è stata un’offerta strutturata, che insieme al semplice posto letto dia agli ospiti le informazioni necessarie per fargli sapere tutto ciò che può vedere e visitare: da Pompei al Vesuvio, da Paestum alla costiera, fino ai siti meno noti, ma non meno spettacolari. Quando io ho ospiti a casa, preparo la mia residenza e la mia famiglia ad accogliere. Banalmente noi non ci siamo preparati, dando per scontato le nostre bellezze e non valorizzandone. Chiaramente il turista in queste condizioni non ha le informazioni necessarie e viste le poche cose di cui ha sentito parlare lascia la Campania. Ed è un peccato”.

A chi bisogna puntare per incrementare i flussi turistici di qualità: russi, americani, europei? O bisogna partire dal mercato interno?
“Partirei da quello interno, puntando su tre direttrici: patrimonio dell’Unesco e poli museali, archeologici e religiosi; dieta mediterranea; arte e antichi mestieri. Detto questo va sfatato un mito e un brutto costume nel campo, per cui i turisti “si prendono” o addirittura “si acquistano”. Non credo proprio sia così. Semplicemente se si vuole un turismo di qualità, si offre qualità”.

Volete diventare l’AirBnb della Campania?
“Non siamo né vogliamo essere l’AirBnB della Campania, perché offriamo altro. Noi allochiamo un’offerta turistica-culturale integrata e sostenibile. Per intenderci, se nella nostra piattaforma ci chiede di essere inserito un ristorante di cucina thailandese, dobbiamo necessariamente dire di no, perché non è ciò che vogliamo promuovere. Quello che miriamo a fare grazie alla tecnologia è conoscere i gusti e le preferenze di chi visita la nostra regione, geolocalizzarlo e fargli sapere nella sua lingua, in modo istantaneo, cosa può visitare laddove si trova in quel momento, dove può pranzare per fare un’esperienza autentica e così via”.

“Vendere la Campania” non è semplice. Spesso c’è un’immagine distorta della regione. Come si fa a combattere questi preconcetti?
“Ha toccato un punto dolente. Se disegno un cerchio con un punto nero all’interno e le chiedo cosa vede, lei mi risponderà “il punto nero”, dimenticandosi del cerchio. E questo è ciò che avviene da anni per la nostra terra che, mi passi l’esagerazione un po’ campanilista, subisce una comunicazione ai limiti della diffamazione. Ciò che c’è da fare è formazione interna, quindi anche nelle scuole per far conoscere il bello di ciò che abbiamo, e comunicazione integrata verso l’esterno per far conoscere le cose buone della nostra regione. In sintesi dobbiamo creare una vera e propria rete protettiva verso la Campania e questo servirà anche a evitare la fuga dei cervelli, attraverso lo sviluppo del territorio. Noi stiamo realizzando le nostre tecnologie, grazie alle risorse che abbiamo in loco, ma abbiamo difficoltà. Le sembra normale che io mi debba rivolgere a un mio compaesano per creare una app sul nostro territorio, ma questa risorsa la devo trovare a Torino o a Milano, perché si è spostata per trovare lavoro?”

Quali sono i prossimi passi che farete per implementare la app?
“Siamo nati come associazione nel 2016, poi siamo passati attraverso la riforma del terzo settore e abbiamo trovato i capitali. Nel frattempo abbiamo messo in rete enti e imprese attraverso una serie di protocolli. A marzo, alla Borsa Mediterranea del Turismo, presenteremo una versione beta della app e nel 2023 ci sarà il lancio al pubblico. Le aziende che abbiamo coinvolto e che coinvolgeremo otterranno visibilità, ma al tempo stesso abbracceranno la nostra mission e come eccellenze del territorio ne diventeranno anche i numi tutelari. Chiunque arriverà a Napoli potrà usufruire della nostra applicazione. Contiamo che se un 5-6% di questo flusso utilizzerà la app, ciò basterà a innescare quel circolo virtuoso che ci permetterà di cambiare le cose”.

Il vostro modello è replicabile anche in altre regioni o per il Paese?
“In teoria sì. In fondo si tratta di una app con un’idea e una mission, sociale, ben precisa alle spalle. Mi faccia dire con un po’ di orgoglio che nella sostanza però non è replicabile, perché le nostre bellezze non ce le ha nessuno”.

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