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Certificati bianchi, il ridimensionamento preoccupa l’industria meccanica

Forte preoccupazione di Italcogen e dell'industria meccanica per il ridimensionamento dei certificati bianchi nella bozza di decreto del MITE

C’è aria di preoccupazione nel settore dell’industria meccanica per la bozza di decreto realizzata dal Ministero della Transizione Ecologica, che annuncia una diminuzione dei fondi e degli obiettivi di efficienza energetica previsti dal meccanismo dei certificati bianchi. Questo, entrato in vigore nel 2005, è il principale strumento di promozione dell’efficienza energetica in Italia.

Inoltre, questi titoli titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi negli usi finali di energia attraverso interventi e progetti di incremento dell’efficienza energetica, coinvolge in primis il settore della cogenerazione – ossia il processo della produzione contemporanea di energia meccanica (solitamente trasformata in energia elettrica) e di calore, utilizzabile per riscaldamento di edifici e/o per processi produttivi-industriali – rappresentato in Italia dall’associazione Italcogen (federata Anima Confindustria). Sono però toccati dal tema anche altri comparti della meccanica legati alle tecnologie per l’efficienza energetica in ambito industriale.

La preoccupazione sui certificati bianchi

“L’attuale bozza – afferma Marco Golinelli, presidente Italcogen – ridimensiona drasticamente gli obiettivi di risparmi energetici da conseguirsi con i certificati bianchi e rappresenta una minaccia per la filiera nazionale di produttori di componenti e impianti e per i relativi posti di lavoro, eccellenze nella manifattura e nell’export verso paesi europei ed internazionali. Con l’attuale formulazione si riducono drasticamente futuri investimenti in efficienza energetica del settore industriale, minandone la competitività. Non si riscontrano, infatti, nel dm i tanto auspicati e attesi commi finalizzati al potenziamento di tale strumento, rilevando anzi una controtendenza sia con l’ambizioso green deal europeo avente orizzonte il 2030, sia con il più specifico principio energy efficiency first (ee1st)“.

Sebbene lo strumento dei certificati bianchi abbia dimostrato negli anni di essere uno dei meccanismi più efficaci (anche in termini di costi) per promuovere gli interventi di efficientamento energetico in tutti i settori, e in particolare in quello industriale, non si comprende il suo ridimensionamento nell’attuale bozza di decreto. Pur necessitando di migliorie e aggiornamenti volti a rimuoverne le criticità e riavviare la produzione di titoli, lo strumento merita indubbiamente di essere conservato, secondo l’analisi di Italcogen.

Fra l’altro, una rivisitazione al “ribasso” dei certificati bianchi rappresenta un’azione in controtendenza con le politiche nostrane ed europee attuali: l’Italia si pone di raggiungere l’obiettivo al 2030 di riduzione dei consumi di energia primaria del 43% ed una diminuzione complessiva dei gas effetto serra del 56% rispetto ai livelli del 1990. Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), anch’esso in revisione per adeguarsi ai nuovi ambiziosi scenari energetici, necessita di strumenti attivi quali il meccanismo dei certificati bianchi.

Il Belpaese, inoltre, potrebbe anche essere oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea per il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti. Il mercato complessivo dei certificati bianchi, delineato dalla bozza di dm, rischia di ridursi drasticamente da un volume di circa due miliardi a valori dell’ordine di 150/200 milioni euro, dimensione che lo condannerebbe alla definitiva scomparsa, con un impatto significativo sulla filiera industriale nazionale.

Si fa poi presente che la sola cogenerazione ad alto rendimento (car) ha permesso nel 2018 (ultimi dati disponibili), risparmi per 1.526.017 tep – tonnellate equivalenti di petrolio (fonte: report annuale Mise 2020 sulla car).

Redazione

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