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Day One, Gianluca Giordani spiega lo startup deep tech

Né acceleratore, né incubatore: il modello di Day One per valorizzare il trasferimento tecnologico e la creazione dello startup deep tech.

A raccontare il lavoro e gli obiettivi dello startup studio Day One con base a Roma che aiuta ricercatori universitari e aspiranti startupper a sviluppare e lanciare sul mercato le tecnologie nate dalla ricerca scientifica e accademica è il marketing manager Gianluca Giordani.

Che realtà è quella di Day One e qual è la vostra mission?


“Day One è uno Startup Studio. Da più di 8 anni affianchiamo innovatori e giovani imprenditori europei che immaginano un futuro migliore grazie alle loro innovazioni. Cerchiamo idee e tecnologie che abbiano un impatto sul business delle imprese e sulla nostra società, rendendola più sicura, sana, sostenibile e inclusiva. Insieme a ricercatori e startupper, validiamo la tecnologia e la sua capacità di rispondere alle esigenze del mercato, aspetto che è di fondamentale importanza per sviluppare un progetto di impresa credibile, solido e in grado di attrarre investimenti. Inoltre, in questi anni, abbiamo sviluppato una grande esperienza nell’ambito dei fondi pubblici di finanziamento alle imprese innovate, in particolare nel programma Horizon 2020 e nel nuovo programma Horizon Europe. Chiunque cerchi risposte sulla bontà della propria tecnologia, trova sempre un Innovation Manager pronto ad ascoltarlo e a validarne il potenziale con gli end-user. Anche un eventuale feedback negativo in Day One non è mai una bocciatura, ma un invito a lavorare su quello che manca affinché il progetto innovativo abbia tutti i presupposti per poter partire. Un’esperienza, un nuovo lavoro, una storia d’amore; tutto inizia con un Day One, anche un progetto d’impresa altamente innovativa. Come ci piace dire: “Né acceleratore, né incubatore, siamo un compagno di lungo periodo”.

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Gli uffici di Day One

Dal suo punto di vista, qual è lo stato dell’arte relativo al trasferimento tecnologico e alla valorizzazione della ricerca in Italia?


“Un grande problema del mondo dell’innovazione italiana, in particolare quella non legata al digitale, è che molte tecnologie interessanti non sono sviluppate con un orientamento al mercato e quindi, inevitabilmente, finiscono nel cestino. Lavorando in Day One vedo quotidianamente l’enorme potenziale che c’è nei laboratori universitari e in ogni singolo ricercatore e quanto spesso questo rimanga confinato all’interno di un sistema che non facilita né incentiva il pensiero imprenditoriale o il trasferimento tecnologico. Quello che manca, per rispondere più sinteticamente alla sua domanda, è una vera e propria cultura diffusa dell’innovazione orientata al mercato, come avviene in altri Paesi come Olanda e Israele ad esempio”.


Quindi cosa fare?


“Occorre porre in essere un sistema che sia da stimolo per connettere i ricercatori con il mondo imprenditoriale e con i potenziali utilizzatori finali della tecnologia sviluppata e che possa essere in grado di finanziare anche progetti con un livello di maturità tecnologica basso, ma che necessitano di considerevoli investimenti sin dalle prime fasi di vita per essere sviluppati con successo. C’è da dire che negli ultimi tempi, anche in Italia ci si sta muovendo con maggiore impegno in questa direzione. Pensiamo ad esempio alle azioni poste in essere da Invitalia con il programma Smart&Start o da Cassa Depositi e prestiti. Di particolare rilievo è la creazione della Fondazione ENEATech, che rappresenta una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda gli investimenti in progetti d’impresa deep tech nel nostro Paese”.

Si parla sempre più spesso di Open Innovation. Le grandi imprese sono davvero così aperte agli input e alle risorse provenienti dall’esterno della loro organizzazione?

“Rispetto a quando l’esperienza di Day One è cominciata, nell’ormai “lontano” 2013, devo dire che sicuramente c’è maggiore conoscenza del paradigma dell’Open Innovation e delle opportunità che esso offre. Una grande realtà industriale che decide di aprirsi a risorse, idee e competenze esterne per rimanere competitiva a livello tecnologico ha (o dovrebbe avere) come primo interlocutore proprio le startup e il mondo della ricerca. definire la tecnologia ed il concept di prodotto in maniera tale che si adatti concretamente a risolvere i problemi o a migliorare i processi della grande realtà industriale necessita di tempo, lavoro, strategia, finanziamenti, competenze: insomma tutto quello su cui in Day One lavoriamo. Non è un caso se in questi anni abbiamo avviato numerose collaborazioni con grandi imprese a cui segnaliamo periodicamente innovazioni su cui poter investire. Molte grandi Imprese hanno creato al loro interno un reparto di Open Innovation e sempre più iniziative vengono poste in essere da parte di grandi gruppi o associazioni di categoria per incentivare gli scambi con il mondo della ricerca e del panorama startup”.

Come la pandemia ha inciso sul vostro lavoro?

“Lavorando con team di innovatori provenienti da tutta Europa, siamo abituati a lavorare da remoto; in questo senso la nostra quotidianità lavorativa non ne ha risentito. Credo di parlare a nome di tutti i miei colleghi quando dico che ci è mancato molto lo stare insieme nel nostro Studio (che noi chiamiamo StuD1o). Siamo un team giovane e costituito da professionalità diverse: ingegneri, chimici, marketers, designer di prodotto, fisici, linguisti, avvocati, economisti…abituati tutti a dare input specifici per rendere il progetto il più possibile completo sotto tutti gli aspetti. Sicuramente, a causa della pandemia, sono slittati numerosi incontri ed eventi di settore a cui partecipiamo sempre volentieri per la nostra attività di scouting di innovazione tecnologica, così come numerosi progetti nell’ambito del programma Horizon 2020 hanno subito dei ritardi riguardo alle scadenze e alla pubblicazione dei risultati”.

Qual è stato finora il progetto di impresa e innovazione che vi ha dato la soddisfazione più grande?

“Bella domanda. è veramente molto difficile dare una risposta. In Day One siamo sempre guidati dal criterio della “qualità”. Per qualità intendiamo il valore intrinseco della tecnologia, il suo potenziale e la sua sostenibilità per innovare concretamente il mercato. Per qualità intendiamo anche la competenza e la determinazione del team della startup, aspetto di vitale importanza per il progetto d’impresa. Tutti progetti che seguiamo, quindi, sono il frutto di un grande lavoro e, per fortuna, ci siamo tolti in questi anni delle belle soddisfazioni. Il successo del progetto che affianchiamo è anche il nostro successo; anzi, direi che è l’unico modo che conosciamo per avere successo”.

Ce ne sarà qualcuno che vi rende particolarmente soddisfatti…

“Sicuramente dei progetti d’impresa innovativa che abbiamo seguito e di cui andiamo particolarmente orgogliosi è OFTEN MEDICAL, che ha sviluppato un innovativo dispositivo plug&play per guidare il posizionamento di aghi e cateteri cosicché gli anestesisti possano finalmente disporre di un dispositivo che li assiste durante la completa procedura epidurale, dal posizionamento dell’ago nello spazio, fino al posizionamento del catetere epidurale, offrendo maggiori garanzie nell’efficacia delle anestesie per i pazienti che si sottopongono a questa tipologia di procedura. Un altro progetto a cui siamo molto legati è CoeLux, startup che ha ideato una straordinaria soluzione innovativa per le industrie dell’illuminazione, l’architettura e quella immobiliare che mira a creare la percezione di uno spazio straordinariamente ampio, attraverso una reale riproduzione fisica di fenomeni atmosferici ottici in ambienti chiusi. Vedere per credere. Nel nostro portfolio potete trovare tantissimi progetti interessanti, soprattutto in ambito Clean Tech e Med Tech, che sono i nostri ambiti di interesse e di azione principali”.

Loredana Lerose

Giornalista pubblicista, laureata in sociologia. Di origine lucana, trapiantata a Napoli da più di vent'anni, appassionata di danza, teatro, letteratura e psicologia. Scrive per il quotidiano Cronache di Napoli dal 2009.

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