Scoppia la bolla del Superbonus 110%: addio alla cessione del credito e allo sconto in fattura

E' scoppiata la bolla sul Superbonus 110%: il Governo ha deciso per il "no" in merito alla cessione del credito e allo sconto in fattura. Secondo il Ministro Giorgetti (MEF) questo sistema "costa" duemila euro a testa a cittadino, anche neonato. Disciplina più severa e contrasto all'accumulo del debito pubblico.

Tanto si è gonfiata che alla fine è del tutto scoppiata. Parliamo della bolla del Superbonus e dei sistemi di cessione del credito e dello sconto in fattura che, negli ultimi due anni, hanno letteralmente guidato buona parte del mercato dell’edilizia residenziale.

La notizia viene direttamente dal Consiglio dei Ministri che, nella serata di ieri, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di cessione di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali. In particolare, con questo nuovo DL il Governo è intervenuto per

modificare la disciplina riguardante la cessione dei crediti d’imposta relativi a spese per gli interventi in materia di recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e “superbonus 110%”, misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche.

Prima di andare oltre è necessario un chiarimento: non è stato cancellato il Superbonus 110% (presente, fra l’altro, anche nel Milleproroghe tranne per le villette e le abitazioni autonome) ma viene del tutto contrastata l’operazione di cessione del relativo credito, che ha potenzialità negative sull’incremento del debito pubblico.

Ma che è successo, in realtà, con il Superbonus 110%? Ricostruiamo insieme la vicenda.

Superbonus 110%: quando iniziano i guai

Sebbene sia partita con le migliori intenzioni – fra cui, quella di efficientare energeticamente e strutturalmente edifici più o meno vetusti – il Superbonus 110% ha peccato nella relativa applicazione e, in particolare, nei controlli effettuati ex post invece che ex ante.

In altre parole, per sintetizzare un excursus durato circa ventiquattro mesi: non ci è voluto molto per scoprire che – in molti casi, non tutti sia chiaro – con il Superbonus 110% poteva essere relativamente semplice truffare lo Stato. In effetti, almeno nella sua fase primordiale, la misura prevedeva una serie di autodichiarazioni e di documenti da produrre “solo dopo” i lavori per ottenere il credito d’imposta relativo.

Insomma, in poco tempo – a fronte di migliaia di cittadini onesti, s’intende il sistema del Superbonus 110% ha iniziato a traballare e sono state scoperte truffe (talvolta, addirittura relative ad edifici mai esistiti), speculazioni sui reali prezzi di mercato e condotte poco trasparenti su lavori iniziati e mai terminati.

Non sono mancate proposte di assicurazioni, controlli e quant’altro potesse servire per meglio regolamentare i nuovi lavori di ristrutturazione da iniziare, sia chiaro: ma come fare con il “vecchio”? Così è stato introdotto e poi modificato il DL 157/2021 (DL Anti Frode) e l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato le linee guida in materia di Superbonus e altre agevolazioni nel settore dell’edilizia, fornendo indicazioni ai contribuenti e agli operatori sui nuovi obblighi relativi al visto di conformità (che attesta il diritto al beneficio) e all’asseverazione (che attesta la congruità delle spese) sia per il Superbonus sia per gli altri bonus edilizi.

Ma non bastava.

Come ha dichiarato ad F-Mag a marzo dello scorso anno (quando, insomma, il vaso di Pandora iniziava ad essere scoperchiato) Mario Palermo Cerrone, eravamo solo alla punta dell’iceberg:

“Quando tempo addietro sostenevo che con il Superbonus 110% lo Stato avrebbe perso almeno 20 miliardi di euro, mi diedero del folle, mentre i fatti dimostrano che invece la stima rischia di essere addirittura sottostimata: i 4,4 miliardi già accertati e le operazioni di queste ore sono solo la punta dell’iceberg di un sistema assolutamente rivedibile”.

Orbene, cosa è accaduto subito dopo? Era stato dapprima messo su “un mercato” di lavori iniziati (e mai terminati, o terminati molto in ritardo), in cui sempre più soggetti vantavano crediti nei confronti dello Stato che, a fronte della situazione sempre più scottante, ha iniziato a rallentare le relative erogazioni, fino a bloccarle del tutto – in favore di accertamenti e controlli.

Ma, per farla breve, fra un decreto, una proroga e una misura di emergenza, i crediti d’imposta per il Superbonus 110% sono stati bloccati (con relative conseguenze negative in tutto il settore edilizio). Solo a maggio 2022 l’Erario trova una soluzione-tampone: cessione del credito sì, ma solo attraverso banche o istituti di credito che effettivamente certificassero che la documentazione rispettasse ogni normativa. Ciò ha, ovviamente, prodotto ulteriori rallentamenti nel settore edilizio.

Ma bisognerà attendere il nuovo Governo e arrivare, quindi, ai giorni nostri per stabilire ulteriori novità.

Superbonus 110%: cosa ha deciso il Consiglio dei Ministri ieri

Sul Superbonus 110% il Consiglio dei Ministri è stato molto netto: basta cessione del credito e sconto in fattura, perché costano “duemila euro a testa ad ogni italiano, anche neonato” in termini di debito pubblico.

Veniamo ai numeri: secondo il Centro studi di Unimpresa, si tratta di circa 15 miliardi di euro di crediti fiscali sospesi, questione che sta bloccando 90.000 cantieri: una situazione pericolosa che mette a rischio fallimento 25.000 aziende, per la quasi totalità PMI, con la consequenziale perdita di 130.000 posti di lavoro.

Questa situazione si è creata principalmente a motivo della raggiunta capienza fiscale da parte delle banche, pari a 81 miliardi di euro, mentre il totale del “giro d’affari” dei bonus per l’edilizia ha raggiunto la quota di 110 miliardi, cifra assai superiore, peraltro, rispetto ai 72 miliardi inizialmente stimati. Il solo Superbonus vale 61 miliardi, ben 25 miliardi in più rispetto alle stime di partenza: vuol dire che l’errore di previsione corrisponde a uno scostamento del 70%.

Nel testo del decreto sul Superbonus, allora, si legge:

Dall’entrata in vigore del decreto, con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non sarà più possibile per i soggetti che effettuano tali spese optare per il cosiddetto “sconto in fattura” né per la cessione del credito d’imposta.

Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d’imposta relativi a specifiche categorie di spese; resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi corrispondenti.

Si abrogano le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a:

  • spese per interventi di riqualificazione energetica e di interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro;
  • spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile.

Si introduce anche il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento.

Secondo il Ministro all’Economia e alle Finanze Giancarlo Giorgetti, si tratta di un decreto legge che

“ha un duplice obiettivo: cercare di risolvere il problema che riguarda la categoria delle imprese edili per l’enorme massa di crediti fiscali incagliati e mettere in sicurezza i conti pubblici”.

Nella conferenza stampa di ieri sera ha poi specificato che:

“Abbiamo chiarito per legge i confini della responsabilità solidale da parte dei cessionari dei crediti d’imposta. Questo – prosegue il ministro – risponde all’obiettivo di eliminare incertezze, dubbi e riserve che hanno fatto sì che tanti intermediari finanziari, in parte le banche, evitassero da qualche mese di assorbire e quindi scontare i crediti d’imposta”.

“Con grande responsabilità ed avendo ben in testa la necessità di fare tutto ciò che possibile soprattutto nei confronti della categoria delle imprese edili che si trovano in questo momento a vivere una difficoltà finanziaria rispetto a questa possibilità di scontare i crediti maturati nel 2021 e nel 2022 in questa prima fase del 2023”, aggiunge.

Insomma, la bolla sul Superbonus è scoppiata. Adesso, chissà a chi spetterà raccogliere i pezzi.

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