Secondo alcuni sociologi, lo scontento sociale non arriva quando c’è un peggioramento delle condizioni economiche oggettive, ma quando un’aspettativa di miglioramento viene disattesa. Un caso di scuola di “scontento sociale” potrebbe essere quello appena vissuto da partite IVA e aziende a partire dallo scorso 16 giugno.
Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco infatti, nel corso di un’audizione presso la Commissione Bilancio della Camera, aveva annunciato che in quella data sarebbero partiti i ristori del Decreto Sostegni Bis. Ad oggi però questi fondi non si sono visti. Per capire meglio cosa stia accadendo, ne abbiamo parlato con Mauro Pantano, presidente della Confederazione Imprese e Professioni di Napoli, associazione che rappresenta ben 9000 partite IVA.
Presidente a lei questi pagamenti automatici risultano?
“Non solo i soldi non sono arrivati, ma c’è un silenzio istituzionale imbarazzante. A partire dal 23 giugno si dovrebbe aprire anche la finestra per accedere alle domande del secondo piano di ristori previsti dal Sostegni Bis: quello calcolato sulla base del calo medio mensile di fatturato rispetto agli ultimi 12 mesi. A questo punto temiamo salti anche questa data. Abbiamo scritto al ministro, ma al momento non abbiamo avuto risposta”.
Secondo lei c’è una mancanza di comunicazione tra il Ministro e l’Agenzia delle Entrate?
“Non saprei dirle, ma quello che percepiamo è uno scollegamento tra chi dà indirizzi politici e i funzionari che devono dargli corso. Anche recentemente sono state annunciate novità sulle partite Iva che, in futuro, potrebbero dover pagare le tasse mensilmente e non su base annua. Ma alcuni costi vengono calcolati solo annualmente, come gli ammortamenti dei macchinari, per esempio. Insomma non stiamo sicuramente brillando in chiarezza della comunicazione e questo è un lusso che ora non possiamo permetterci. Perché se la pandemia sanitaria è, si spera, quasi alle spalle, adesso dobbiamo affrontare un’altra pandemia, quella economica. In questo anno, infatti, aziende e partite Iva hanno accumulato debiti su debiti. Ora stanno ripartendo, ma ci vorrà tempo per recuperare questi debiti e direttive chiare sono assolutamente necessarie da parte del ministero e delle Agenzie”.
Ma a consuntivo, queste misure di sostegno sono servite?
“Assolutamente no, non hanno aiutato granché. Noi avevamo chiesto un “anno bianco”, cioè un anno in cui non si pagavano gli F24. Non perché non si vuole pagare le tasse, ma per non far morire le aziende. Non le nego che durante gli ultimi mesi abbiamo fatto molte pratiche gratis, perché i clienti non potevano pagare e lo sapevamo in anticipo”.
Cosa bisognerebbe fare?
“Quello che si è fatto per la sanità. Quando si è capito che eravamo in emergenza, si è corso ai ripari, si è messo un commissario straordinario a coordinare le azioni. E con tanti sacrifici ora il peggio sembra alle spalle. Adesso c’è da affrontare la pandemia economica e finora si è fatto male. Adempimenti e burocrazia sono aumentati. Le faccio un esempio, semplice, ma illuminante: nella dichiarazione dei redditi noi commercialisti dovremo comunicare alle Agenzia delle Entrate che tipo di contributi il cittadino ha avuto durante la pandemia. Ma quei contributi li ha elargiti la stessa Agenzia delle Entrate, quindi lo sa già. Sembra una facezia, ma un errore in dichiarazione crea problemi seri. Inoltre più adempimenti significa più costi e in questo momento davvero imprese e partite Iva ne farebbero decisamente a meno”.