“Smettiamo di raccontarci che i fondi al Sud sono da ritenersi una cortesia del settentrione. Solo se riconosciamo che i ritardi accumulati, soprattutto in termini di infrastrutture e servizi, sono causati anche dai governi centrali, solo allora possiamo avere un dibattito scevro da inutili pregiudizi sull’autonomia differenziata. Se ci raccontiamo, anche tra meridionali, la storia di un sud scialacquatore di risorse pubbliche come motivazione dietro questa riforma che sa di punizione per i nostri territori, non ne usciamo più”. Questo è l’accorato appello di Enrico Ditto, imprenditore campano attivo nei settori dell’hospitality e della formazione professionale a cui abbiamo rivolto qualche domanda.
Perché è così preoccupato e cosa vorrebbe evidenziare con il suo appello?
“L’autonomia differenziata rischia di accentuare le disparità tra le diverse regioni del Paese. Napoli, come molte altre città del Sud Italia, già affronta numerose sfide economiche e sociali: la frammentazione delle competenze e delle risorse potrebbe creare un contesto ancora più complesso e sfavorevole per chi fa impresa qui”.
Parliamo, quindi, di una possibile riduzione del sostegno economico dal Governo verso le regioni meridionali?
“Sì. Se le Regioni più ricche avranno maggiore autonomia nel gestire le proprie risorse, c’è il rischio che le regioni meridionali, come la Campania, ricevano meno sostegno economico. Questo potrebbe tradursi in ancora minori investimenti in infrastrutture, istruzione e innovazione, tutti elementi cruciali per la crescita economica e finora disattesi non certo per cause da attribuire tutte al Sud Italia”.
Quali sarebbero, allora, le implicazioni per il contesto imprenditoriale?
“La differenziazione nelle politiche fiscali e burocratiche tra le regioni potrebbe creare un ambiente imprenditoriale disomogeneo, dove alcune regioni sono avvantaggiate rispetto ad altre. Questo non solo danneggerebbe la competitività delle imprese napoletane, ma potrebbe anche scoraggiare nuovi investimenti nella regione”.
Cosa propone, allora?
“È essenziale rimandare indietro questa riforma. Una volta cassata, si torni a discutere insieme ad un tavolo: la partita dell’autonomia la giochiamo solo se troviamo una soluzione che garantisca che tutte le regioni, indipendentemente dalla loro autonomia, abbiano pari opportunità di sviluppo economico”.