Anche nel calcio arriva la rivoluzione digitale di Dazn e in tanti si domandano se il pubblico sia davvero pronto. D’altronde è la stessa domanda che ci si pone quando si affronta l’innovazione in ogni campo.
La scorsa settimana è arrivata una svolta epocale per i diritti tv della Serie A: dopo 18 anni Sky non sarà più la casa del calcio italiano. Per il triennio 2021-24 la Lega ha assegnato i diritti a Dazn, passando da satellite alla trasmissione in streaming via web. Il canale del gruppo Access Industry, di proprietà del miliardario Len Blavatnik, ha ottenuto il voto di 16 club superando così il quorum necessario di 14. Contrarie soltanto Genoa, Crotone, Sampdoria e Sassuolo. Dopo mesi di schermaglie, la maggioranza dei presidenti alla fine ha trovato una convergenza a pochi giorni dalla scadenza delle offerte.
L’operazione Dazn
Fondamentale, per Dazn, è stato l’affiancamento di un partner strategico come Tim che si è impegnato a garantire il 40% (340 milioni) dell’offerta oltre al supporto tecnologico e alla possibilità di portare sulla box Tim Vision la trasmissione delle gare. Così l’accoppiata Dazn-Tim ha si è aggiudicata la trasmissione in esclusiva di 7 partite a giornata (Pacchetto 1) e di 3 partite in co-esclusiva (Pacchetto 3) per una cifra di 840 milioni di euro all’anno. In totale sono 266 partite in esclusiva e 114 partite in co-esclusiva all’anno.
Nelle dichiarazioni ufficiali c’è tanto entusiasmo da parte di chi ha sottoscritto l’accordo. Per l’amministratore delegato della Lega Serie A Luigi De Siervo questo accordo «porta la Lega Serie A all’avanguardia nel panorama mondiale delle grandi Leghe sportive e che riteniamo possa anche avere una valenza sistemica per il Paese intero, costituendo un volano importante per accelerare il processo di digitalizzazione, come auspicato a gran voce dal Governo anche in questi giorni». Per Tim «L’accordo di distribuzione firmato con Dazn per la trasmissione delle partite di calcio della Serie A rafforza il processo di digitalizzazione del paese».
L’azienda di telefonia assicura che «supporterà la migrazione da satellite a piattaforma streaming, grazie alla copertura Ultrabroadband disponibile in Italia attraverso la rete fissa (oltre il 90% delle linee fisse attive è già pronto a fornire l’accesso UBB), a cui si aggiunge la rete mobile, il Fixed Wireless Access (FWA) e il Wifi satellitare».
Ancor più interessante la nota proposta da Dazn qualche giorno prima della conclusione dell’accordo: «Oggi il 99% delle famiglie italiane può già dotarsi di una connessione a banda larga con diverse tecnologie, ottima per la ricezione di tutti i servizi internet compresa la visione della propria squadra del cuore. Il nostro impegno è volto a sostenere e accelerare il processo di digitalizzazione del Paese». E ancora, Dazn sottolinea che il suo impegno «è volto a sostenere e accelerare il processo di digitalizzazione del Paese. La visione in streaming del nostro massimo campionato di calcio, infatti, potrà essere l’elemento in più per aumentare la propensione delle famiglie italiane ad avere in casa una connessione a banda larga, come auspicato dallo stesso Ministro Vittorio Colao».
Le parole del Ministro: un paradosso?
Già, Vittorio Colao. Proprio le parole del Ministro, in tutt’altro contesto, sembrano smentire Dazn. Qualche settimana fa, in audizione presso le commissioni riunite Bilancio, Lavori pubblici, Politiche Ue e Trasporti del Senato, Colao ha fatto il punto sulla copertura delle rete in itali: «La copertura FTTH raggiunge poco meno del 34% delle famiglie italiane».
Il problema però, ha evidenziato il Ministro, «non riguarda solo l’infrastrutturazione, ma anche il tasso di adozione dei servizi dati di accesso ad Internet: nel 2020 risultano esserci 10 milioni di famiglie italiane (il 39% del totale) che non hanno attivato offerte di accesso ad Internet su rete fissa e oltre 5,5 milioni di famiglie (il 21% del totale) che usufruiscono di servizi Internet su rete fissa ma con velocità inferiore ai 30 Mbps. In totale, circa 16 milioni di famiglie (il 60% del totale) che non usufruiscono di servizi Internet su rete fissa o non hanno una connessione fissa a banda ultra larga». E ancora. «Per velocizzare la copertura con reti a banda ultra larga di tutto il territorio va quindi rivisto il modello seguito fino ad oggi, ponendosi l’obiettivo concreto di connettere tutti entro il 2026 con connessioni ad altissima velocità».
Insomma, un attuale 99% sembra davvero lontano. Il popolo del calcio italiano, quello che guarda le partite in tv, che (si spera presto) tornerà a riempire gli stadi, che di fatto permette l’esistenza del business legato allo sport più popolare del Paese, è davvero pronto a questa rivoluzione? I dubbi rimangono.