Quanto siamo (ancora) dipendenti dal gas?

L’Italia ha scelto, negli anni, di eleggere il gas a fonte primaria di approvvigionamento energetico. Una scelta che non è stata accompagnata da sufficienti politiche energetiche: sebbene siano diminuiti i consumi di gas del 10% rispetto al 2021, non è ancora abbastanza per proiettare il Paese verso la sostenibilità energetica. Il report

Partiamo da un dato di fatto: nel 2022, l’Italia ha ridotto il consumo di gas del 10% rispetto al 2021 (-7,5 miliardi di metri cubi), scendendo a 67,3 miliardi di metri cubi, secondo il rapporto dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) in collaborazione con Environmental Defense Fund Europe (EDFE), organizzazione internazionale impegnata nel creare soluzioni trasformative per i problemi ambientali più gravi.

Come vi abbiamo spesso raccontato, infatti, con l’imperversare dell’escalation bellica fra Russia e Ucraina, l’Italia (e l’Europa in generale) ha dovuto fare una scelta, diversificando dapprima le fonti di approvvigionamento e poi aderendo al piano europeo di riqualificazione energetica. Ma andiamo con ordine.

L’Italia e la dipendenza dal gas

L’Italia ha scelto, negli anni, di eleggere il gas a fonte primaria di approvvigionamento energetico. Questa scelta però, non è stata accompagna da una politica energetica strategica e non si è investito sui rigassificatori, si sono bloccate le nuove estrazioni, non si è agito per aumentare il numero di gasdotti e non si sono trovati nuovi fornitori in giro per il mondo. Insomma, eravamo messi abbastanza male, se non peggio.

Nel momento in cui è scoppiato il conflitto fra Russia e Ucraina nel febbraio del 2022 – con le conseguenti sanzioni europee alla Russia, nonché il ricatto vero e proprio che Putin ha messo in campo proprio sulla questione degli approvvigionamenti di gas all’Europa – in poco meno di dodici mesi l’Europa si è ribellata alla presa di Putin sul gas, riducendo drasticamente la sua dipendenza: per raccontarlo in modo sintetico, fino all’inizio del 2022 l’intera Unione Europea importava dalla Russia circa 150 miliardi di metri cubi di gas naturale per anno.

Secondo il Piano RePowerEu cui si accennava in premessa, è stato quindi necessario ridurre di almeno due terzi questo dato già a partire dalla fine del 2022, mediante una serie di misure che riguardavano il risparmio e l’efficienza energetica, la diversificazione degli approvvigionamenti, la sostituzione dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili (con un forte focus sul solare e sull’eolico) e combinando investimenti e riforme.

Ma la Russia ad inizio 2022 esportava in Unione Europea 115 miliardi di metri cubi di gas, di cui 52 miliardi finiscono in Germania e ben 29 in Italia, dove avevamo anche un altro problema: era difficile cercare di essere indipendenti dal gas russo se non è stata mai messa in piedi una vera e propria strategia internazionale di approvvigionamento razionale che facesse della diversificazione la base per assicurare forniture costanti.

Nel nostro mix energetico – chiaramente aumentato a partire dal 2022, stringendo accordi per l’approvvigionamento anche con Algeria, Azerbaijan e altri Paesi – cioè le varie fonti di energia attraverso si soddisfano i propri fabbisogni, il gas la fa da padrone e infatti ha superato il petrolio diventando la prima fonte energetica nazionale. 

Le possibili soluzioni: la transizione energetica del Paese

Il rapporto dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) in collaborazione con Environmental Defense Fund Europe (EDFE), dal titolo “Riconciliare gli obiettivi di sicurezza energetica e climatica: il caso dell’Italia”, evidenzia la necessità cruciale di ridurre le emissioni di metano come elemento chiave per la transizione energetica del Paese ed essenziale per garantire un approvvigionamento energetico stabile e sostenibile.

“Il metano rappresenta il secondo maggior responsabile del riscaldamento globale, con un potenziale climalterante di oltre 80 volte superiore a quello dell’anidride carbonica nei primi 20 anni dopo la sua immissione nell’atmosfera”, ha dichiarato Flavia Sollazzo, Senior Director EU Transition Energy di EDFE.

“Per l’Italia, incoraggiare la riduzione delle emissioni di metano è un modo per coniugare la necessità della transizione energetica con le preoccupazioni sulla sicurezza degli approvvigionamenti. Le tecnologie per farlo esistono e sono facili da applicare. In questo modo sarebbe possibile per il Paese avvicinarsi agli obiettivi climatici e aumentare allo stesso tempo la liquidità del mercato immettendo più gas nella rete e diminuendo le importazioni”.

“L’idrogeno può certamente contribuire alla decarbonizzazione, soprattutto in quei settori dove altre tecnologie e soluzioni non sono praticabili. In tal senso, l’idrogeno può essere utilizzato soprattutto nell’industria e nel trasporto pesante” ha dichiarato Pier Paolo Raimondi, ricercatore dell’Istituto Affari Internazionali.

“L’esigenza di decarbonizzare rapidamente si unisce alla necessità di creare nuove partnership coi paesi nordafricani, dando vita a importanti opportunità per lo sviluppo dell’idrogeno. Tuttavia, è necessario per l’Italia promuovere un uso e uno sviluppo sostenibile dell’idrogeno insieme ai propri partner euro-mediterranei in modo da garantire il raggiungimento degli obiettivi climatici e lo sviluppo socioeconomico per i paesi nordafricani. Questa strategia permetterebbe una maggiore integrazione euromediterranea.”

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