Il Piano RePowerEu è stato presentato, nella giornata di ieri, dalla Commissione Europea: il suo obiettivo è quello di puntare al risparmio di energia, all’ottimizzazione nell’utilizzo delle differenti fonti, e di rendere indipendenti i Paesi dell’Eurozona dal gas russo verosimilmente a partire dal biennio 2026-2027.
Il piano RePowerEu è senz’altro una misura ambiziosa, che però si rende necessaria a fronte dell’imperversare del conflitto fra Russia e Ucraina e dall’utilizzo smodato delle fonti di energia russe come arma di ricatto, economico e politico, nei confronti dei Paesi europei. Come se non bastasse, poi, i combustibili fossili che l’Europa importa dalla Russia costano ogni anno circa 100 miliardi di euro ai contribuenti europei. E’ senz’altro arrivato il momento di guardare oltre e di efficientare il mercato dell’energia del Continente.
Cosa prevede il Piano RePowerEu
Nei mesi e negli anni a venire, quindi, sentiremo parlare spessissimo del piano Re RePowerEu: ma cosa prevede la misura? Come prima cosa, il risparmio dell’energia sarà il punto focale.
Attualmente, infatti, l’intera Unione Europea importa dalla Russia circa 150 miliardi di metri cubi di gas naturale per anno. Secondo il Piano RePowerEu, è necessario ridurre di almeno due terzi questo dato già a partire dalla fine di quest’anno: il motore per agire sarà dato da una serie di misure che riguardano il risparmio e l’efficienza energetica, la diversificazione degli approvvigionamenti, la sostituzione dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili (con un forte focus sul solare e sull’eolico) e combinando investimenti e riforme.
In altre parole, con il Piano RePowerEu l’Eurozona ha deciso di uscire dallo scacco dell’attuale crisi energetica e dell’aumento delle bollette: come prima cosa, infatti, la Commissione propone di rafforzare le misure di efficienza energetica a lungo termine, tra cui un aumento dal 9% al 13% dell’obiettivo vincolante di efficienza energetica fissato nell’ambito del pacchetto legislativo “Pronti per il 55 %” (Fit for 55) connesso al Green Deal europeo.
Risparmiare energia adesso ci aiuterà a prepararci alle possibili sfide del prossimo inverno. Per questo motivo la Commissione ha pubblicato una comunicazione sul risparmio energetico che illustra in dettaglio i cambiamenti nei comportamenti che potrebbero ridurre del 5 % la domanda di gas e petrolio a breve termine e incoraggia gli Stati membri ad avviare campagne di comunicazione ad hoc rivolte alle famiglie e all’industria.
Ma non solo. Con il Piano RePowerEu gli Stati membri sono invitati ad applicare misure fiscali per favorire il risparmio energetico, come aliquote IVA ridotte sui sistemi di riscaldamento efficienti, l’isolamento degli edifici e gli apparecchi e i prodotti efficienti sotto il profilo energetico.
La Commissione definisce inoltre misure di emergenza in caso di grave interruzione dell’approvvigionamento e pubblicherà orientamenti sui criteri di priorità per i clienti, oltre ad agevolare l’elaborazione di un piano di riduzione della domanda coordinato a livello dell’UE.
Le nuovi fonti di energia nel piano RePowerEu
Coerentemente con gli obiettivi del pacchetto Fit for 55 del Green Deal Europeo, il piano RePowerEu punta forte sull’energia solare, per accelerare il distacco dell’Eurozona dai combustibili fossili e dalla dipendenza dalla Russia. In particolare, la misura prevede una strategia europea condivisa sul solare per raddoppiarne la capacità: in altre parole, verrà gradualmente introdotto l’obbligo di installare pannelli fotovoltaici sui tetti e creare impianti equivalenti a 600 gigawatt di capacità installata entro il 2030.
L’Unione Europea, inoltre, punta anche a raddoppiare il tasso di dispiegamento delle pompe di calore, un sistema per il riscaldamento e la climatizzazione ancora relativamente poco utilizzato; il pacchetto prevede anche misure per integrare l’energia geotermica e solare nei sistemi di riscaldamento integrati.
Per ottenere tutto ciò, il piano RePowerEu mira a tagliare drasticamente i tempi di autorizzazione dei nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Oggi i tempi di autorizzazione, e quindi di realizzazione, in Europa sono biblici e costituiscono un freno allo sviluppo delle rinnovabili: nel Vecchio Continente occorrono fino a “nove anni per gli impianti eolici, 4-5 anni per il solare. E’ un tempo che semplicemente non abbiamo”, sottolinea un alto funzionario.
Per tagliare drasticamente questi tempi, la Commissione propone di
emendare la direttiva sulle energie rinnovabili, introducendo il riconoscimento degli impianti ‘green’ come progetti di superiore interesse pubblico. In pratica, poi, gli Stati membri dovrebbero individuare aree specifiche di destinazione in cui realizzare impianti di produzione di energia con fonti rinnovabili, che possano sopportare l’impatto delle nuove strutture. La gran parte del lavoro burocratico di autorizzazione (valutazione di impatto ambientale eccetera) verrebbe condotta non dal singolo sviluppatore del progetto a livello micro, ma a livello macro per l’intera area.
Lo sviluppatore di un progetto in quell’area non dovrebbe quindi ripetere una trafila burocratica che è già stata fatta a livello di area. In questo modo, i tempi per la realizzazione di impianti eolici o solari scenderebbero a un anno per quelli nuovi e a sei mesi per l’ampliamento o l’ammodernamento degli impianti già esistenti.
Anche in Italia, anche per via del potere delle Soprintendenze che tutelano il paesaggio e delle forti opposizioni che generano a livello locale alcuni progetti, i tempi di realizzazione degli impianti eolici e solari sono tuttora molto lunghi, malgrado le potenzialità che la Penisola ha nelle rinnovabili. Per realizzare un nuovo impianto eolico in Italia occorrono in media cinque anni, secondo un recente rapporto di Legambiente, a fronte dei sei mesi in teoria previsti dalla normativa.
A questo proposito, proprio Legambiente questa mattina ha commentato che il nuovo pacchetto di misure RepowerEU pubblicato dalla Commissione Europea
“va in parte nella giusta direzione per superare la dipendenza energetica da Mosca e per accelerare la transizione energetica ed ecologica investendo, davvero, sulle fonti rinnovabili. Positivi gli interventi previsti per le fonti pulite e il loro sviluppo, per l’efficientamento energetico e le comunità energetiche; da bocciare, invece, la previsione di nuovi investimenti, soprattutto per rigassificatori e gasdotti, di cui per l’associazione ambientalista non c’è bisogno”.
Infine, l’altra linea di RePowerEu sarà quella di diversificare l’approvvigionamento e sostenere i partner internazionali:
L’UE collabora da diversi mesi con partner internazionali per diversificare l’approvvigionamento, ed è riuscita a garantire livelli record di importazioni di GNL e maggiori forniture di gas via gasdotti. La piattaforma dell’UE per l’energia, di recente creazione e sostenuta dalle task force regionali, consentirà acquisti comuni volontari di gas, GNL e idrogeno aggregando la domanda, ottimizzando l’uso delle infrastrutture e coordinando i contatti con i fornitori.
Ma quanto costerà la transizione verde europea?
Il piano RePowerEu, secondo le stime, ha un fabbisogno finanziario di circa 210 miliardi di euro di qui al 2027. La Commissione Europea punta a finanziarlo in vari modi, ma principalmente utilizzando i 225 miliardi di euro di prestiti ancora non utilizzati della Recovery and Resilience Facility (Rrf), cuore di Next Generation Eu.
“Inoltre tagliare le importazioni di combustibili fossili dalla Russia può farci risparmiare quasi 100 miliardi di € l’anno. Questi investimenti devono essere sostenuti dal settore pubblico e privato a livello nazionale, transfrontaliero e dell’Unione Europea”.
I Paesi che hanno già fatto uso di tutti i prestiti disponibili della Rrf, come l’Italia con il PNRR, potranno comunque chiederne altri, perché quelli non utilizzati verranno redistribuiti a chi invece è interessato a farne uso.
L’esecutivo comunitario propone, infine, di aumentare la dotazione finanziaria della Rrf con 20 miliardi di trasferimenti, raccolti tramite la vendita di quote di emissioni dell’Ets (Emissions Trading System) attualmente contenute nella riserva per la stabilizzazione del mercato, che verranno messe all’asta. Gli Stati potranno poi riallocare per le azioni previste da RePowrEu (è una possibilità e non un obbligo) una parte dei fondi europei di coesione previsti dall’Mff 2021-27 (26,9 miliardi) e dei fondi per la politica agricola comune (7,5 miliardi in tutto).