Buona Festa della Mamma… a chi? Lavora solo il 56% delle mamme (contro il 91% dei papà)

Tra gli uomini il 78% delle dimissioni è legato al passaggio ad altra azienda e solo il 3% alla difficoltà di conciliazione tra lavoro e attività di cura, mentre per le donne questa difficoltà rappresenta complessivamente il 65,5% del totale delle motivazioni. Basterebbe questo a capire che il problema della natalità non può essere risolto con sterili bonus se non ci si impegna a colmare il gap lavorativo per le donne legato a genere e genitorialità che è purtroppo ancora molto marcato nel nostro Paese.

Buona Festa della Mamma! Ah, forse no. Non prendetemi in contrario: la mamma è sempre la mamma e va festeggiata sempre. Ma oltre agli auguri e ai regali dei pargoli grandi e piccoli, per augurare una vera e propria festa della mamma ci vorrebbero maggiori investimenti nel welfare familiare: anche i dati diffusi oggi da Save The Children nel rapporto “Le Equilibriste” indicano quanto questo Paese sia ancora arretrato ed essere madre vincoli, ancora troppo spesso, a scegliere fra famiglia e carriera.

Ma andiamo con ordine.

Una panoramica generale: le donne e il binomio “famiglia-lavoro”

Chi segue da un po’ questo webzine sa che la parità di genere, il gender gap, il welfare familiare sono considerati come argomenti cruciali (dalla sottoscritta in particolar modo): non se ne fa solo un vessillo da battaglia culturale, ma indagini su indagini dimostrano quanto “ci guadagnerebbe” tutto il Paese (in termini di PIL, di sviluppo, di servizi, di benessere economico e così via) se uomini e donne avessero non solo un reale accesso alle pari opportunità lavorative ma anche salariali.

In particolar modo, fra l’altro, l’allarme è dato anche dalle ultime rilevazioni ISTAT: in Italia abbiamo nuovamente segnato il record negativo, attestando le nascite attorno alle 400mila unità (392.598 mila i bambini e le bambine iscritti all’anagrafe nel nostro Paese). Un problema serio, che impatta a largo spettro sulla stabilità del Bel Paese (sì, siamo un Paese di vecchi) sia in termini di ricambio generazionale che di sostenibilità economica (il turnover nelle aziende, il sostentamento delle pensioni future, la crescita e lo sviluppo del Paese per citare qualche aspetto).

Situazione, questa, che chiaramente non può essere risolta se non si agisce in modo strutturale (alert: qualcuno dica al Governo Meloni che, se non si fanno figli, probabilmente la situazione non è risolvibile con un ipotetico abbassamento delle tasse o con i bonus, ma con la creazione e l’accesso a servizi pubblici come asili nido, maggiori tutele sul lavoro e minore precarietà…).

Inutile girarci attorno allora: in molti casi, la Festa della Mamma in realtà è anche – e, spesso, soprattutto – la festa dei nonni: la maggior parte del welfare familiare del sistema italiano è fondato sulla disponibilità dei nonni a badare ai pargoli mentre i genitori combattono una vita fuori dalle mura domestiche per assicurare quel minimo di sussistenza alla progenie.

In altre situazioni, invece, la donna è inevitabilmente costretta a scegliere fra carriera e famiglia, abbandonando di fatto ogni velleità professionale per dedicarsi alla cura della prole. Un dato che era già emerso violentemente nel corso della congiuntura pandemica, dove i licenziamenti e le dimissioni femminili sono state il doppio di quelle maschili.

Ed è proprio di questo che parlano di dati diffusi da Save The Children in occasione della Festa della Mamma: nel 2022, pur segnando una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%, ma è ben più ampio in presenza di bambini. Vediamo nel dettaglio.

La Festa della mamma… fatta alle mamme

Il quadro che emerge dal rapporto “Le Equilibriste” di Save the Children, diffuso oggi in prossimità della Festa della Mamma, traccia un bilancio aggiornato delle sfide che le donne in Italia devono affrontare quando diventano mamme.

Stando ai numeri, nella fascia di età 25-54 anni se c’è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali.

Pesano anche, e molto, differenze geografiche e titolo di studio. Nel Mezzogiorno l’occupazione delle donne con figli si arena al 39,7% (46,4% se i figli non ci sono), contro il 71,5% del Nord (78,9% senza figli), e in Italia le madri laureate lavorano nell’83,2% dei casi, ma le lavoratrici sono molte meno tra chi ha il diploma della scuola superiore (60,8%) e precipitano al 37,4% se c’è solo la licenza media.

Quando il lavoro per le donne c’è, un terzo delle occupate ha un contratto part-time (32% dei casi contro il 7% degli uomini); se ci sono figli minorenni la quota sale al 37%, a fronte del 5,3% dei padri, e con una metà quasi di queste mamme (15%) che si è vista costretta ad un part-time involontario, che non ha scelto.

Un quadro poco favorevole alle madri lavoratrici emerge anche dai dati raccolti dall’INL sulle dimissioni: nel 2021, “delle 52.436 convalide totali, 37.662 (il 71,8%) si riferiscono a donne (madri) e 14.774 (28,2%) a uomini (padri)”, e la percentuale delle madri sale oltre l’81% tra giovani fino a 29 anni.

Ancora, sempre per augurare una buona festa della mamma, occorre sapere che tra gli uomini il 78% delle dimissioni è legato al passaggio ad altra azienda e solo il 3% alla difficoltà di conciliazione tra lavoro e attività di cura, mentre per le donne questa difficoltà rappresenta complessivamente il 65,5% del totale delle motivazioni.

Il gap lavorativo per le donne legato a genere e genitorialità è purtroppo ancora molto marcato nel nostro Paese, ancor più se si considerano le famiglie monogenitoriali (2,9 milioni nel 2021, il 17% del totale dei nuclei; nell’80% dei casi composte da madri single). Madri che si stima nel 44% dei casi vivano in una condizione di povertà, più diffusa tra chi ha un basso livello di istruzione (65%), rispetto a chi ha conseguito un livello di istruzione medio (37%) o alto (13%).

Per concludere, nonostante il sentimento di gioia per la maternità sia prevalente nella grandissima maggioranza delle madri, il 43% dichiara di non desiderare altri figli: tra le cause la fatica (40%), difficile conciliazione lavoro/famiglia (33%), mancanza di supporto (26%), scarsità dei servizi (26%).

“Sappiamo che dove le donne lavorano di più nascono anche più bambini, con un legame tra maggiore fecondità e posizione lavorativa stabile di entrambi i partner. Tuttavia, la condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità e precarietà, a cui si aggiungono la carenza strutturale di servizi per l’infanzia, a partire dalla rete di asili nido sul territorio, e la mancanza di politiche per la promozione dell’equità nel carico di cura familiare”, dichiara Antonella Inverno, responsabile Politiche Infanzia e Adolescenza dell’organizzazione.

“I provvedimenti approvati negli ultimi anni, pur andando nella giusta direzione, non sono che timidi passi sul fronte del sostegno alla genitorialità – sottolinea – Non possiamo permetterci di perdere l’occasione del Piano nazionale ripresa e resilienza per costruire finalmente una rete capillare di servizi per la prima infanzia ed è altrettanto necessario andare con più forza verso un congedo di paternità paritario rispetto a quello delle madri. L’Italia è un paese a rischio futuro, e se è vero che il trend di denatalità non può essere invertito velocemente, è ancor più vero che è quanto mai urgente invertire il trend delle politiche a sostegno della genitorialità per non perdere altro tempo prezioso”.

Buona Festa della mamma a tutte, augurandoci per il futuro maggiori diritti e opportunità.

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