BCE: “Nel 2023 inflazione ancora troppo elevata”. Aumentano ancora i tassi di interesse

Aumentano ancora i tassi di interesse perché "il contesto di stabilità finanziaria è peggiorato a causa di un'economia più debole e dell'aumento del rischio di credito. Inoltre, le vulnerabilità sovrane sono aumentate a causa delle prospettive economiche più deboli e delle posizioni fiscali più deboli".

Non ci sono buone notizie sul finire di quest’anno: nella giornata di oggi, il Consiglio direttivo della Bce (la Banca Centrale Europea) ha deciso di “innalzare i tassi di interesse e prevede ulteriori significativi aumenti, perché l’inflazione continua a essere di gran lunga troppo elevata e, secondo le proiezioni, si manterrebbe su un livello superiore all’obiettivo per un periodo di tempo troppo prolungato”.

La BCE e le preoccupazioni per l’Eurozona

I motivi della scelta della BCE non sono – purtroppo – nuovi e non sorprendono. Già da diversi mesi si sono alzati i tassi di interesse (rendendo, di fatto, mutui e prestiti più cari) a causa della spirale inflattiva scatenata dalle conseguenze della guerra fra Russia e Ucraina.

In un mondo interconnesso, infatti, l’aumento del costo dell’energia e la scarsità di approvvigionamenti delle materie prime ha reso debole e stagnante l’economia dell’Eurozona. Da “manuale”, l’inflazione è salita in modo vorticoso perché si è assistito a tre tipi di spirali negative connesse fra loro:

– Inflazione da domanda, causata da un eccesso di domanda rispetto all’offerta, motivo per il quale si genera un aumento dei prezzi, se e fino a quando la produzione non riesce ad adeguarsi;
– Inflazione da costi, causata dall’aumento dei costi di produzione e in particolare delle materie prime e del lavoro, e ha per conseguenza un annesso aumento dei prezzi di vendita dei prodotti da parte delle imprese;
– Inflazione da eccesso di moneta, causata dall’espansione (incontrollata) dell’offerta di moneta da parte delle Banche centrali: a quest’ultima soprattutto la BCE sta tentando di porre rimedio.

Già nello scorso mese di ottobre, la Presidente della BCE Christine Lagarde aveva dichiarato:

Negli ultimi mesi l’impennata delle quotazioni dei beni energetici e alimentari, le strozzature dell’offerta e la ripresa della domanda dopo la pandemia hanno determinato una generalizzazione delle pressioni sui prezzi e un rialzo dell’inflazione. La politica monetaria del Consiglio direttivo mira a ridurre il sostegno alla domanda e a mettere al riparo dal rischio di un persistente incremento dell’inflazione attesa.

Ad oggi, altresì, afferma che rispetto all’analisi condotta nel giugno scorso

“il contesto di stabilità finanziaria è peggiorato a causa di un’economia più debole e dell’aumento del rischio di credito. Inoltre, le vulnerabilità sovrane sono aumentate a causa delle prospettive economiche più deboli e delle posizioni fiscali più deboli“.

L’inflazione prevista per il 2023

Nel comunicato finale del Consiglio, pertanto, si segnala come gli esperti dell’Eurosistema “hanno rivisto significativamente al rialzo le proiezioni sull’inflazione, che si porterebbe in media sull’8,4% nel 2022 per poi scendere al 6,3% nel 2023”. L’inflazione, continua la nota dell’Eurotower, “dovrebbe registrare una marcata riduzione in corso d’anno, per poi collocarsi in media al 3,4% nel 2024 e al 2,3% nel 2025″. Al netto della componente energetica e alimentare l’inflazione sarebbe pari in media al 3,9% nel 2022 e aumenterebbe al 4,2% nel 2023, per poi diminuire al 2,8% nel 2024 e al 2,4% nel 2025. Numeri che fanno rabbrividire famiglie e imprese e a cui la politica dovrebbe prestare più attenzione.

Uno spiraglio di luce – se così si può chiamare – però forse c’è: secondo gli esperti europei dell’economia, l’Eurozona si avvia verso “una recessione breve e poco profonda“:

“Nell’attuale e nel prossimo trimestre l’economia dell’area dell’euro potrebbe subire una contrazione dovuta alla crisi energetica, all’elevata incertezza, all’indebolimento dell’attività economica mondiale e alle condizioni di finanziamento più restrittive”.

L’aumento sui tassi di interesse: un rialzo da 50 punti

Visto che “i tassi di interesse di riferimento della BCE rappresentano lo strumento principale” del Consiglio direttivo per definire l’orientamento di politica monetaria, l’Eurotower sottolinea come “mantenere i tassi di interesse su livelli restrittivi farà diminuire nel corso del tempo l’inflazione frenando la domanda e inoltre metterà al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative di inflazione. Anche in futuro le decisioni sui tassi di riferimento saranno guidate dai dati e rifletteranno un approccio in base al quale tali decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione”. Il rialzo da 50 punti deciso oggi avrà effetto dal 21 dicembre 2022, cui si aggiungono i rialzi degli scorsi mesi.

Proprio per questo motivo, la BCE invita i governi dell’Eurosistema a varare politiche fiscali prudenti che non provochino l’aggravamento dell’inflazione che a sua volta “porterebbero a interventi ancora più forti” in termini di tassi. E’ un chiaro monito alla cautela – con l’arma di ulteriori forti rialzi – quello che arriva dalla presidente Christine Lgarade nella dichiarazione introduttiva all’ultima conferenza stampa del 2023. “Le politiche fiscali dovrebbero rendere economie più produittive e abbassare il debito” è il suo invito.

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