La BCE aumenta ancora i tassi di interesse: +75 punti base, futuro ancora incerto

L'obiettivo, spiegano dalla BCE, è quello di portare i tassi di interesse al tasso neutro (stimato) del 2% che consentirebbe di porre un freno alla spirale inflattiva il prima possibile: di conseguenza, il risultato atteso è quello di traghettare la politica monetaria in territorio restrittivo, al fine di frenare l’aumento dei prezzi che pesano sull'economia e sulla stabilità dell'Eurozona.

La “mazzata” che famiglie e imprese stavano aspettando è arrivata: dopo l’aumento di settembre dello 0,75% della Banca Centrale Europea (BCE), anche nella riunione di fine ottobre è stato deciso un analogo nuovo aumento.

Parliamo di un ulteriore rialzo sui tassi di interesse di 75 punti base: in altre parole, si passa quindi dallo 0,50% dello scorso luglio (il primo rincaro in circa undici anni) divenuto poi 1,25% a settembre (ossia, +75 punti base) all’attuale 2%.

L’obiettivo, spiegano dalla BCE, è quello di portare i tassi di interesse al tasso neutro (stimato) del 2% che consentirebbe di porre un freno alla spirale inflattiva il prima possibile: di conseguenza, il risultato atteso è quello di traghettare la politica monetaria in territorio restrittivo, al fine di frenare l’aumento dei prezzi che pesano sull’economia e sulla stabilità dell’Eurozona. Infatti, pur ritenendo che il picco dell’inflazione sia vicino (attualmente si assesta attorno alla media del 9%), si prevede ancora una media pari circa al 10% nel quarto trimestre di quest’anno. No, non sono buone notizie.

Perché un ulteriore rialzo dei tassi (e non sarà l’unico)

Negli ultimi mesi l’inflazione è salita in modo vorticoso e pericoloso per la tenuta economica dell’Eurozona poiché si è assistito, “da manuale” a tre tipi di spirali inflattive connesse fra loro:

– Inflazione da domanda, causata da un eccesso di domanda rispetto all’offerta, motivo per il quale si genera un aumento dei prezzi, se e fino a quando la produzione non riesce ad adeguarsi;
– Inflazione da costi, causata dall’aumento dei costi di produzione e in particolare delle materie prime e del lavoro, e ha per conseguenza un annesso aumento dei prezzi di vendita dei prodotti da parte delle imprese;
– Inflazione da eccesso di moneta, causata dall’espansione (incontrollata) dell’offerta di moneta da parte delle Banche centrali: a quest’ultima soprattutto la BCE sta tentando di porre rimedio.

Come spiegano dalla BCE,

Negli ultimi mesi l’impennata delle quotazioni dei beni energetici e alimentari, le strozzature dell’offerta e la ripresa della domanda dopo la pandemia hanno determinato una generalizzazione delle pressioni sui prezzi e un rialzo dell’inflazione. La politica monetaria del Consiglio direttivo mira a ridurre il sostegno alla domanda e a mettere al riparo dal rischio di un persistente incremento dell’inflazione attesa.

La Presidente Christine Lagarde, infatti, ha spiegato che in questa fase è necessario che la politica monetaria abbandoni la fase caratterizzata da un livello “molto accomodante dei tassi di interesse”, vale a dire dei prezzi “in negativo”. In altre parole, nel prossimo futuro il denaro costerà di più e questo determinerà, per famiglie e imprese, un rialzo dei prestiti e dei mutui per assicurare “un tempestivo ritorno dell’inflazione” verso l’obiettivo di medio periodo del due per cento.

Infatti,

Il Consiglio direttivo ha deciso di innalzare di 75 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Pertanto, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 2,00%, al 2,25% e all’1,50%, con effetto dal 2 novembre 2022.

Proprio per questo motivo, la BCE non esclude – di fatto- un ulteriore aumento dei tassi di interesse a valle della prossima riunione prevista alla fine del mese prossimo. Questo perché dopo il rallentamento registrato negli ultimi mesi “ci aspettiamo un ulteriore indebolimento dell’economia dell’Eurozona“, sottolinea la presidente della BCE Christine Lagarde nella dichiarazione introduttiva della conferenza stampa che segue la riunione del Consiglio direttivo. Da Francoforte si evidenziano le ricadute dei problemi nelle forniture di gas mentre l’inflazione che ha ridotto i redditi. Tuttavia – aggiunge la Lagarde – “si stanno allentando i colli di bottiglia nelle forniture mentre il mercato del lavoro continua ad avere buoni risultati”.

“Sull’inflazione ha avuto un impatto la svalutazione dell’euro” osserva la presidente della Bce: “Nelle nostre decisioni non saremo condizionati dalle politiche fiscali o dai mercati finanziari: dobbiamo fare quel che va fatto. Le banche centrali devono focalizzarsi sul proprio mandato ed è quello che abbiamo fatto oggi”.

“Crediamo che in questa situazione di incertezza le decisioni odierne sono le più giuste non solo per la stabilità dei prezzi, che è il nostro mandato, ma anche per la ripresa e la prosperità dell’economia dell’Eurozona”, conclude.

Mutui e prestiti ancora più cari

A svelare gli effetti più o meno immediati sull’economia reale, in particolare su mutui e prestiti di famiglie e imprese, è Ivano Cresto, Managing Director prodotti di finanziamento di Facile.it:

L’aumento dei tassi di interesse di 0,75% potrebbe tradursi nei prossimi mesi, in un incremento delle rate dei mutui variabili degli italiani, con rincari fino a 50 euro al mese per un finanziamento medio, e un aggravio complessivo di circa 150 euro da inizio anno.

Per sapere quale sarà l’aumento effettivo delle rate bisognerà attendere di vedere come si muoverà l’Euribor, perché se è vero che l’indice cambia sulle base delle aspettative dei tassi Bce, non è detto che lo faccia in misura uguale ai tassi della Banca centrale“, spiega Cresto, “Fermo restando che l’impatto sarà diverso per ciascun mutuatario in base all’importo residuo del finanziamento e al numero di rate ancora da pagare; più si è vicini alla fine del piano di ammortamento, minore sarà l’effetto sulle rate”.

Secondo le simulazioni di Facile.it, se l’Euribor aumenterà in misura uguale ai tassi della Bce, un mutuatario che ha sottoscritto un finanziamento variabile da 126.000 euro a gennaio 2022 si troverebbe quindi a pagare nei prossimi mesi una rata da 604 euro, vale a dire 50 euro in più rispetto ad oggi e 150 euro in più da inizio anno (+32%). Aumenti significativi che stanno mettendo sotto pressione molte famiglie già alle prese con il caro-energia.

Come confermato dall’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat, 2,4 milioni di italiani con un mutuo a tasso variabile hanno dichiarato di aver avuto difficoltà, nei primi 9 mesi dell’anno, a rimborsare il finanziamento e addirittura 218.000 mutuatari hanno dovuto saltare una o più rate.

Sulla stessa linea è il Codacons:

considerata una fascia media di mutuo a tasso variabile di importo compreso tra i 125mila e i 150mila euro – spiegano – ossia l’importo più richiesto in Italia da chi accende un finanziamento per l’acquisto di una casa, la rata mensile salirà tra i 40 e i 50 euro per effetto del nuovo aumento dei tassi deciso dalla Bce – analizza il Codacons – Se però si considerano tutti gli incrementi imposti dalla Banca Centrale Europea negli ultimi mesi, la rata mensile di un mutuo a tasso variabile salirà complessivamente tra i 120 e i 150 euro rispetto a quanto pagato lo scorso anno, con ripercussioni sulle famiglie comprese tra i +1.440 e +1.800 euro all’anno“.

“Avevamo previsto lo scorso agosto la stangata sui mutui che sarebbe scattata in autunno, e purtroppo i nostri timori hanno trovato conferma – afferma il presidente Carlo Rienzi – L’incremento del costo dei finanziamenti si aggiunge così al caro-bollette e all’emergenza prezzi, aggravando ulteriormente i conti degli italiani: ciò apre un altro pericoloso fronte, quello dei ritardi nei pagamenti delle rate da parte delle famiglie in difficoltà, schiacciate dall’emergenza energia, da un’inflazione alle stelle e ora anche da mutui sempre più cari e difficili da pagare”.

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