De Lise (Commercialisti): “Basta con l’assistenzialismo, ora misure serie per far lavorare i giovani”

“Basta con le misure di assistenzialismo. Ai giovani va data la possibilità di investire sui propri talenti e di poter lavorare. I fondi destinati al reddito di cittadinanza vadano ad abbattere il cuneo fiscale e ad aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori, solo così può ripartire l'economia italiana”.

A portare proposte concrete è Matteo De Lise, presidente Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, che analizza l’intero panorama politico attuale, a partire dalla caduta del Governo guidato da Mario Draghi. Il tutto da un punto di vista privilegiato, quello dei professionisti, a pochi giorni dall’invio di una lettera ai partiti in cui si illustrano i punti essenziali su cui puntare, secondo i Commercialisti.

In questa fase delicata, come vede la caduta del governo Draghi e le nuove elezioni a settembre? “Ritengo sia stato da folli e irresponsabili far cadere il governo Draghi a metà del guado, con la riforma del Fisco da completare e l’approvazione delle misure necessarie per contenere la crisi economica che, purtroppo, da settembre a metà 2023 potrebbe avere numeri drammatici. Bisognava dare la possibilità al Governo di mettere in sicurezza i decreti attuativi per far partire le misure, prevedere altri bonus e decreti legge. Dal punto di vista economico e della stabilità, questa scelta politica non ha alcun senso”.

Cosa servirebbe?
“Una riforma seria del Fisco che servirebbe a risanare il bilancio dello Stato, per rilanciare le imprese e sostenere davvero le famiglie. Partendo dall’aumento delle pensioni e dall’abbattimento del cuneo fiscale, ma sono temi che vanno trattati con competenza e cognizione di causa. Invece si continua a parlare solo per slogan”.

Partendo dalle imprese: cosa lamentano?
“Le misure assistenziali come quota 100 e il reddito di cittadinanza hanno danneggiato non poco il mondo delle imprese, invece il carico contributivo e le imposte sulle buste paga continuano a pesare troppo e gli imprenditori spesso hanno difficoltà a pagare gli stipendi. Se avessimo usato i soldi a copertura del reddito di cittadinanza per il salario minimo, per rendere gli stipendi più competitivi e più facili da pagare per le imprese, avremmo avuto anche un aumento consumi, che significa anche più lavoro. Invece parliamo sempre di assistenzialismo, il che non fa riprendere l’economia del Paese, soprattutto nel particolare momento storico che stiamo affrontando dopo la pandemia, con la guerra in Ucraina e una nuova frenata dell’economia e la crisi che potrebbe portare alla scomparsa di migliaia di piccole e medie aziende tra settembre e la prima metà del 2023”.

In tal senso come valuta le misure anticrisi adottate finora? Sono sufficienti per le imprese e i professionisti?
“Purtroppo mancano i decreti attuativi, anche se c’è da dire che tantissime misure servono solo a tamponare. E poi manca una programmazione economica a lunga durata, la capacità politica di prevedere un piano almeno triennale di sviluppo. Ad esempio, il bonus da 200 euro può essere un aiuto, ma è una misura spot, non strutturale, che non dà certezza di reddito sul lungo periodo”.

Qual è la proposta?
“Bisogna ragionare su semplici modifiche. Partendo dal Fisco, per avere un calendario sostenibile per la sua riforma. Misure importanti potrebbero essere la razionalizzazione delle aliquote e la detassazione dei redditi under 30, provvedimenti che da soli farebbero emergere quasi tutto il lavoro nero, risollevando le Partite Iva e i dipendenti. L’equazione è semplice: sgravio Irpef, emersione del lavoro nero, nuovi redditi, nuovi consumi. Sul lungo periodo, poi, bisognerà lavorare su una nuova giustizia tributaria con tempi giusti per contribuenti e imprese”.

E le rottamazioni?
“Quel sistema ha troppe falle. Serve un patto sociale tra imprese e Stato, che coinvolga professionisti e Agenzia delle Entrate per rimodulare i debiti con l’Erario accumulati in particolare dopo la pandemia. Quasi nessuno è in grado di pagare gli arretrati in 5 anni e il corrente, serve un piano di rateizzo migliore, realizzato ad hoc per ogni necessità, altrimenti si va incontro al fallimento e sarà impossibile recuperare quel gettito per investirlo in misure strutturali”.

Che misure intende?
“Un bonus vero, che favorisca gli investimenti nell’industria 4.0, la formazione dei dipendenti, l’avanzamento digitale e l’ammodernamento dei macchinari fabbriche anche in chiave green. Certo, riconosco sia difficile parlare di queste cose all’elettore medio, ma si tratta di misure sicuramente più utili per il Paese”.

In definitiva, in vista delle prossime elezioni, dalle professioni ci sono richieste particolari da indirizzare ai partiti?
“Abbiamo inviato una lettera ai partiti con i punti essenziali. Le nostre urgenze riguardano in particolare la semplificazione fiscale, digitalizzazione e innovazione della Pubblica Amministrazione, l’istituzione di tavoli di concertazione con i commercialisti per l’attuazione del Pnrr e una nuova centralità per la nostra categoria. Ma in generale serve più attenzione ai giovani. Non è vero che sono fannulloni, bisogna dare loro la possibilità di esprimere il proprio talento. Basta con le misure per guadagnare soldi senza fare niente, i giovani vogliono entrare nel mondo del lavoro e questo non deve essere un problema per loro e per le imprese. Il lavoro deve permettere ai giovani di crearsi un futuro, bisogna ridurre la polarizzazione dei redditi, serve avere una maggior percentuale di persone con capacità di spesa. Servono, dunque, politiche economiche per incentivare i consumi”.

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