Reddito di cittadinanza, come cambia? O meglio: come potrebbe cambiare? Nei prossimi giorni una mini-rivoluzione nell’erogazione del reddito di cittadinanza è alla finestra: un emendamento targato fortemente centrodestra al Dl Aiuti è stato approvato alla Camera in attesa che entro metà mese il testo venga convertito in legge dal Senato. Principale novità di tale misura è la possibilità da parte del privato di segnalare il lavoratore che non accetta un lavoro: in tal modo potrebbe essere un soggetto privato di fatto a mettere alla porta il percettore del bonus. Ma andiamo con ordine.
Reddito di cittadinanza: come si perde oggi
Come ricorda il sito istituzionale, il diritto al Reddito di Cittadinanza decade quando uno dei componenti del nucleo famigliare rientri nei seguenti casi:
- non effettua la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro;
- non sottoscrive il Patto per il lavoro ovvero il Patto per l’inclusione sociale;
- non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o ad altra iniziativa di politica attiva o di attivazione;
- non aderisce ai progetti utili alla collettività, nel caso in cui il comune di residenza li abbia istituiti;
- non accetta almeno una di tre offerte di lavoro congrue oppure, in caso di rinnovo, non accetta la prima offerta di lavoro congrua;
- non comunica l’eventuale variazione della condizione occupazionale oppure effettua comunicazioni mendaci producendo un beneficio economico del Reddito di cittadinanza maggiore;
- non presenta una DSU aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare;
- venga trovato, nel corso delle attività ispettive svolte dalle competenti autorità, intento a svolgere attività di lavoro dipendente, ovvero attività di lavoro autonomo o di impresa, senza averlo comunicato.
Reddito di cittadinanza: cosa cambierebbe con la conversione del Dl Aiuti
La modifica in seno, che porta la firma di FI, FdI, Noi con l’Italia e Lega Nord (coadiuvati da alcuni esponenti del gruppo misto), prevede che anche il privato possa offrire direttamente lavoro ai percettori del reddito di cittadinanza e eventualmente comunicare il rifiuto del candidato al Centro per l’Impiego. Una logica in cui quindi sarebbero gli imprenditori a segnalare quanti non vogliono lavorare, e dopo la prima ammonizione scatterebbe l’espulsione dalla misura.
Nello specifico, il percettore del reddito può rifiutare una prima proposta congrua che abbia determinate caratteristiche. Con la seconda offerta, con caratteristiche diverse e più ampie (che andremo ad analizzare dopo) scatta (come da Legge di Bilancio) l’obbligo, pena l’esclusione dal sussidio.
Ma come si distinguono queste proposte? Si parte dal concetto di offerta congrua: un’offerta “coerente con le esperienze e competenze maturate, con uno stipendio non inferiore a quello del Reddito e che soddisfa dei parametri relativi alla distanza del luogo di lavoro dal domicilio e i tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico” (come la descrive Fanpage).
Si distinguono in tal senso la prima proposta, ritenuta congrua se “a tempo indeterminato e a meno di 80 chilometri di distanza dalla residenza o, comunque, raggiungibile in massimo 100 minuti con i mezzi del trasporto pubblico”, dalla seconda la cui validità non è vincolata territorialmente (potenzialmente, potrebbe valere su tutto il territorio nazionale). Non solo, ma al primo rifiuto di offerta congrua il reddito inizierebbe a calare di 5,00 € al mese.
Criticità delle eventuale variazioni al Reddito di Cittadinanza
La misura così descritta introdurrebbe delle limitazioni descrivibili come una stretta al Reddito di Cittadinanza. Ma viene da sé che una misura definita di dignità, cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, inizia a diventare un gioco ad ostacoli senza che qualcuno si prenda la briga o abbia il coraggio di cassarla definitivamente. Il passaggio da tre a due offerte, la definizione di offerta congrua che prevedrebbe anche il rischio di perdita del sussidio in caso di rifiuti di part-time e in generale l’introduzione di vincoli su vincoli potrebbe comportare solo una irritante complicazione per l’accesso alla misura e la sua gestione a livello burocratico.
Un destino che sembra segnato, quello per una misura che aveva l’aspirazione di essere reddito di base e misura universale nella sua visione più idealistica e idealizzata. Invece da più parti ormai, complice anche la crisi interna ai pentastellati, si guarda al reddito come a un possibile serbatoio di liquidità da usare altrove. Non ultimo, il forum della CNPR delle scorse ore in cui altri esponenti di centrodestra hanno individuato nel tesoretto le risorse per eventuali tagli del cuneo fiscale.
Il tutto cade in un momento in cui la crisi del lavoro si combatte, anche mediaticamente, tra le lamentele di commercianti e imprenditori che non trovano manodopera e quanti denunciano la scarsa attrattività del lavoro in Italia, confermato del resto da un report Indeed recentemente.
Resta però un dato, su tutti: al 30 giugno 2021 i percettori di reddito di cittadinanza presi in carico erano 392.292 persone, a cui se ne aggiungono 3.727 impegnate in tirocinio. Lo comunicava Anpal stimando quindi una percentuale del 34% circa rispetto all’intera platea dei percettori, con le classiche enormi distinzioni tra fasce di popolazione. Una percentuale non certo bassissima, ma nemmeno tale da poter indicare un sistema di successo per quanto riguarda l’inserimento nel mondo del lavoro.