L’Antitrust americano mette di nuovo sotto attenzione la Microsoft. Una storia già vista, che mostra come certe dinamiche del mercato tecnologico non cambino mai. Questa volta però al centro non c’è Internet Explorer, il browser che veniva integrato già con il sistema operativo Windows e che tagliava fuori, di fatto, tutti i concorrenti.
Il fulcro di questo nuovo/vecchio scontro è il mercato dei videogame, in cui la Microsoft si sta imponendo con la sua tipica strategia di conquista totale del mercato.
La Microsoft Gaming
La Microsoft Gaming, azienda fondata da Bill Gates e Paul Allen nel 1975, ha una sua console dal 2001, la Xbox, e cinque aziende che sviluppano videogiochi. Il 18 gennaio Microsoft ha acquistato per 68,7 miliardi di dollari la Activision Blizzard, un gigante del settore del gaming. Con questa acquisizione l’azienda americana diventa la terza realtà del mondo dei videogiochi, dopo la Tencent e la Sony, e potrà contare su altre 25 imprese sviluppatrici che potranno garantire nuovi titoli in esclusiva.
A questo bisogna aggiungere che la Xbox è venduta in perdita e cioè sottocosto. Una strategia aziendale che punta a sbaragliare la concorrenza. Microsoft ha infatti individuato la vera fonte di guadagno nella vendita dei videogiochi e dei servizi annessi che vanno dallo shop online all’egaming.
Il cuore economico di tutto il sistema è, infatti, l’app store sul quale Microsoft vende i suoi titoli e le sue patch attraverso il sistema di pagamento aziendale. L’acquisizione della Activision Blizzard significa dunque nuovi titoli in esclusiva, nuove quote di mercato, nuove aziende sviluppatrici. Queste condizioni potrebbe però mettere la Microsoft in una posizione di strapotere sul mercato dei videogiochi che coinciderebbe con un vero e proprio monopolio.
La lotta di Biden ai monopoli
Gli animi della borsa si sono già agitati. Su questo pesa il fatto che la presidenza Biden ha mostrato di non voler contrastare le mire monopolistiche delle grandi aziende tecnologiche statunitensi. La nomina a capo della Federal and Trade Commission (l’agenzia governativa che si occupa di tutela dei consumatori e di privacy) di Lia Khan è stato, da questo punto di vista, un segnale chiaro e preciso lanciato dall’amministrazione statunitense ai player economici americani.
La 32enne, professoressa delle Columbia University, divenne famosa anche fuori dal mondo accademico con un paper pubblicato nel 2017 sullo “Yale Law Journal”. Quel suo studio, esplicito sin dal titolo: “Amazon’s Antitrust Paradox”, era una forte critica proprio ai grandi player digitali dei quali analizzava proprio le loro strategie aziendali tese a creare monopoli in ogni settore.
Oggi, il fatto che il riferimento mondiale delle politiche antimonopolistiche rivesta un ruolo di regolatore pubblico, rende la partita della Microsoft molto più complessa rispetto al passato.
L’acquisizione della Activision Blizzard
L’acquisizione della Activision Blizzard viene dopo un anno, il 2021, nel quale la Microsoft ha fagocitato ben 16 startup. Un segno di un ritorno ad una vecchia strategia portata avanti ora da Satya Nadella che dal 2014 è il Ceo dell’azienda. Con Nadella al timone, la Microsoft si è espansa in vari settori sfiorando i tre trilioni di dollari di capitalizzazione di mercato e tornando a compete con la Apple.
Ma la mente dietro l’operazione di espansione nel mondo dei videogame è quella di Phil Spencer, nominato amministratore delegato di Microsoft Gaming, la divisione videogiochi del gigante tecnologico, proprio in coincidenza con l’acquisizione. Spencer è una figura particolare, famoso anche per essere un gamer accanito. Ha vissuto tutta la sua carriera nella Microsoft, arrivando come stagista e scalandone i vertici.
Nel 2014 fu sua l’idea di acquistare per 2,5 miliardi di dollari Minecraft, il videogioco che oggi è il più usato dai preadolescenti. Scelta che allora fu giudicata avventata ma che invece si è dimostrata più che vincente nei numeri.
Come Microsoft prova a correre ai ripari
Microsoft prova a correre ai ripari: questa settimana, per andare incontro alla Federal and Trade Commission, Microsoft ha cambiato le regole del suo app store, trasformandolo in Open App Store. Un negozino digitale di applicazione aperto dunque ai titoli e alle console dei concorrenti.
Certo tutto questo dovrà rendere più libero l’accesso degli utenti che potranno scegliere anche altri titoli e non solo quelli della Microsoft. Ma questo non sarà garantito sulla Xbox. Le regole, per la console di casa, resteranno uguali e i titoli delle controllate avranno maggiore visibilità.
L’idea è sempre la stessa, quella degli anni ’90 con Internet Explorer e Windows. Vendere lo strumento principale sottocosto, aumentare il numero di utenti e “costringerli” ad utilizzare i prodotti esclusivi Microsoft, attraverso piattaforme Microsoft e hardware Microsoft.
Come andò a finire lo scontro precedente? Nel 1992 la Federal Trade Commission americana iniziò ad indagare sulla Microsoft. Dopo 6 anni, nel 1998, 19 Stati americani denunciarono la Microsoft per concorrenza sleale e pratiche monopolistiche.
La Corte Federale ritenne l’azienda di Gates colpevole di aver costruito un monopolio e da quel momento si è iniziato a parlare di smembramento di quella che era la più ricca, potente e solida impresa di tutto il mondo. Per decenni quella sentenza ha rappresentato un faro per chi crede che un mercato per funzionare debba impedire a qualsiasi attore di diventare così potente da poterlo controllare. Oggi a decenni di distanza lo scontro si riaccende, con gli stessi attori, le stesse dinamiche e gli stessi problemi, a cambiare è solo il settore.