Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo 2022: cosa si prevede per l’anno venturo

A partire dal prossimo anno cambieranno gradualmente le aliquote per il credito d'imposta in ricerca e sviluppo, ma la misura resta confermata fino al 2031.

Il credito d’imposta per Ricerca e Sviluppo è la naturale evoluzione (e trasformazione) degli incentivi di Industria 4.0 in Piano Transizione 4.0: resta, pertanto, un sistema di incentivi ma con il meccanismo del credito d’imposta, quindi del recupero con f24 nell’anno successivo, per le aziende che intendono investire in innovazione tecnologica, sia hardware che software, per rendere più appetibile e competitivo il prodotto o la produzione sul mercato.

In particolare, per quanto riguarda gli investimenti in ricerca e sviluppo, il Piano Transizione 4.0 (applicazione del PNRR o Recovery Fund italiano per l’innovazione e la digitalizzazione del Paese) è stato rinnovato fino al 2031 con la Legge di Bilancio 2022 per tutti gli interventi che riguardano investimenti in ricerca e sviluppo ed innovazione tecnologica, mentre gli investimenti in design ed ideazione estetica sono stati prorogati fino al 2025.

Resta confermata la compatibilità con le azioni relative alla transizione ecologica, energetica e il fotovoltaico e la cumulabilità con il Bonus Sud.

L’obiettivo del Governo, infatti, è quello di rafforzare il sistema imprenditoriale italiano, quindi far evolvere verso la digitalizzazione e l’innovazione dei processi, dei prodotti, della logistica e della gestione, tutto l’ecosistema delle piccole e medie imprese nostrane o di quelle imprese che hanno sede stabile nel territorio italiano.

Come funzionerà il credito d’imposta in ricerca e sviluppo nel 2022

A partire dal prossimo anno cambieranno gradualmente le aliquote per il credito d’imposta in ricerca e sviluppo. In particolare, per il 2022 i parametri sono fissati in:

Successivamente, si assisterà ad una graduale diminuzione delle aliquote e una modifica dei parametri: in sostanza, fino al 2031 si prevede un credito d’imposta ricerca e sviluppo con un’aliquota del 10% fino a 5 milioni di euro, per design e innovazione invece del 5% fino a due milioni di euro e ancora del 10% per l’innovazione finalizzata alla transizione ecologica o alla digitalizzazione 4.0, con tetto di 4 milioni di euro.

A questo proposito, si ricorda che l’aliquota è sempre relativa alla dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta in cui si è sostenuto il costo per le attività che rientrano nel credito d’imposta (e nei periodi successivi finché non terminano gli investimenti).

Per richiedere il credito d’imposta in ricerca e sviluppo occorre presentare in via telematica il modello F24 attraverso il portale dell’Agenzia delle Entrate: il credito si utilizza in compensazione nel periodo d’imposta successivo a quello in cui sono stati effettuati gli investimenti.

Per poter fruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo, occorre necessariamente essere in possesso della certificazione prodotta dal revisore legale dei conti. Solo nel caso in cui l’impresa appartiene a una categoria non obbligata a svolgere il processo di revisione le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo non superiore a 5.000 euro.

Sono altresì necessarie la relazione tecnica, prodotta dal responsabile delle attività, contenente gli obiettivi, i contenuti e i risultati.

Quali sono le attività contemplate?

Il Ministero dello sviluppo economico ha reso noto, sul proprio portale, l’elenco delle attività che rientrano nelle categorie previste per poter fruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo:

Le spese ammesse sono relative a:

Per l’innovazione tecnologica invece sono richieste attività che puntino a processi produttivi o alla creazione di prodotti migliorati rispetto a versioni precedenti o del tutto nuovi. Pertanto, sono ammissibili costi relativi a:

Per quanto concerne gli investimenti in design e ideazione estetica, le attività ammesse devono innovare i prodotti dal punto di vista della morfologia, quindi non tecnici o funzionali, ma puramente estetici. Quindi, sono ammissibili i costi relativi a:

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