Mario Palermo Cerrone sul Superbonus: “Semplificarlo e prolungarlo di diversi anni, altrimenti misura inutile”

Il consulente Mario Palermo Cerrone si occupa del tema Superbonus dalla sua nascita, e ad oggi ritiene lo strumento solo potenzialmente utile. Nei fatti, la burocrazia rischia di vanificarlo.

Mario Palermo Cerrone, amministratore unico di RCS (Ricerca Consulenza Sviluppo) Italia, è un consulente aziendale che di Superbonus si occupa dalla sua promulgazione. Con lui ci fermiamo questa mattina perché sul tema non va certo tutto bene. Con l’accordo politico sulla proroga del Superbonus al 2023, che sarà inserita nella Legge di bilancio, la partita su questa misura sembrerebbe chiusa. Per molti addetti ai lavori, però, i nodi restano tutti o quasi sul tavolo. Tant’è che nel Decreto Semplificazioni in discussione alla Camera si sta pensando di intervenire di nuovo sulla misura, sia in termini di proroga dei tempi che di procedure per applicarla.

Il Superbonus nasce da una ratio molto semplice e sulla carta molto efficace: offrire un credito di imposta che azzeri praticamente il costo dell’efficientamento dei palazzi in termini sismici o energetici. In questo modo riparte l’edilizia e con essa l’economia, di cui il settore resta un traino essenziale. Tutto bene, quindi? Secondo molti no, e tra questi c’è proprio Mario Palermo Cerone.

Mario Palermo Cerrone, la misura sembra decisamente positiva, ma solo sulla carta?
“Come idea e come filosofia alla sua base le direi che il bicchiere è ampiamente mezzo pieno. Ma se guardiamo da vicino e nella pratica, ahimè, è decisamente mezzo vuoto. Innanzitutto per il limite temporale. Un cantiere dura mediamente 6 mesi. Con una misura come questa, altamente complicata da realizzare, e una prospettiva temporale così breve, le aziende edilizie non riescono a programmare e quindi a lavorare.”

Qual è il problema principale secondo Mario Palermo Cerrone?
“In una parola: la burocrazia. La norma è stata scritta non considerando il reale patrimonio edilizio italiano. La legge prevede che se in un palazzo c’è stato un abuso, anche minimo, si può avere il superbonus solo se l’illecito è stato sanato con un condono. Il problema è che in Italia ci sono pratiche di condono inevase, che in alcuni comuni risalgono agli anni ’80. Per cui se il cittadino ha fatto tutto per mettersi in regola, anche un abuso edilizio piccolo fatto più di 30 anni fa e di cui si è in attesa del condono, rischia di bloccare irrimediabilmente la pratica. E non è una situazione poco diffusa. Nella mia esperienza solo una pratica su sei va avanti senza troppi intoppi. E poi ci sono le interpretazioni contrastanti”.

In che senso?
“Nel corso del tempo sul superbonus sono intervenuti in tanti, dai Tribunali all’Agenzia delle Entrate oltre alle soprintendenze. Non sempre gli interventi vanno nella stessa direzione della norma madre e quindi diventa una giungla dentro cui districarsi. Inoltre, molti uffici della pubblica amministrazione sono stati letteralmente invasi dalle pratiche. Penso alla soprintendenza, che per le facciate di valore storico ha giustamente competenza. Ma per processare tutte queste richieste con il poco personale a disposizione ci vorrebbero anni, ma i benefici scadono al massimo nel 2023“.

Mario Palermo Cerrone

In questo modo il vantaggio per l’economia va perso?
“Purtroppo sì. Ed è un peccato perché la misura potenzialmente potrebbe essere un enorme volano per l’economia. Penso ai condomini. Quante migliaia di case, se partisse davvero a regime la misura per i condomini, si potrebbero efficientare?”.

Qual è la formula per uscirne secondo l’esperienza di Mario Palermo Cerrone?
“Le soluzioni sono due e vanno di pari passo. La prima è semplificare. In Emilia Romagna, per esempio, il bonus sta procedendo più speditamente. La Regione ha fatto un’operazione mirata: ha implementato una piattaforma telematica unificata, per tutte le pratiche edilizie, ottenendo due ottimi risultati. Il primo riguarda la semplificazione per tutti i professionisti interessati, quali Architetti, ingegneri, geometri eccetera, che posso utilizzare un’unica piattaforma digitale, ed evitare di presentarsi presso gli enti preposti e l’altro, quello di semplificare ai comuni  il lavoro da svolgere, molti dei quali non hanno nemmeno le strutture adeguate per farlo. Ma si tratta di una Regione sola. Bisognerebbe creare un interlocutore unico e procedere a una semplificazione su tutto il territorio nazionale. L’altra scelta dovrebbe essere di allungare il bonus, ma non di anno in anno ma per un tempo cospicuo che permetta alle aziende di investire e di poter rientrare nel capitale. Il rischio banalmente è che le imprese rinuncino per non addossarsi un rischio troppo grande in un tempo così ristretto.

Chi sono attualmente i principali beneficiari?
“Volendo essere cinici e critici, direi le banche che mettono in circolo il denaro, garantito dallo Stato! È facile fare la banca così! In realtà, ne beneficiamo tutti: cittadini, imprese e soprattutto l’intera economia italiana. E se è vero che i costi del Superbonus sono consistenti, anche le ricadute lo sarebbero. Penso ai posti di lavoro (che comportano meno costi sociali in termini di sostegni al reddito), alla maggiore sicurezza delle case con l’adeguamento antisismico e all’efficientamento energetico per l’ambiente. Senza considerare che queste attività creerebbero comunque un gettito cospicuo per lo Stato”.

Tutti i rischi legati al credito, nel caso di controlli, su chi ricadono?
“Principalmente sul cittadino che ne ha usufruito, anche se non ha nessuna competenza per controllare il lavoro svolto, e a seguire sui professionisti e sulle imprese (sempre sarcasticamente, le banche sono escluse). Ci sarà non poco contenzioso!”.

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