Ha seminato abbastanza scompiglio tra gli startupper la sentenza del Consiglio di Stato che stabilisce che le aziende non potranno più costituirsi on line, almeno fino a quando non ci sarà un intervento legislativo al riguardo, e dovranno sempre rivolgersi a un notaio. La questione era stata sollevata dal Consiglio Nazionale del Notariato contro il decreto del Mise che, dal 2016, regolava la nuova modalità di istituzione delle imprese innovative via web. Il Tar, in primo grado, aveva dato ragione al Ministero dello Sviluppo Economico, ma il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza. Cosa la procedura di costituzione con un notaio comporta per una startup, lo abbiamo chiesto a Giovanni Pizza, amministratore delegato di BonusX, azienda innovativa che si occupa di “welfare pubblico”, ovvero assiste via web e in pochi passaggi i cittadini nell’accedere a un insieme di prestazioni sociali, quali il bonus bebé, il diritto allo studio, il reddito di cittadinanza e simili.
“Se questa sentenza fosse arrivata l’anno scorso, noi avremmo avuto un certo svantaggio. Mi spiego. Noi ci siamo costituiti il 27 marzo 2020, in piena prima ondata di pandemia e in totale lockdown. Abbiamo quindi usufruito del decreto del Mise. Non solo. Quando ti costituisci on line puoi optare se farti assistere dalla Camera di Commercio o fare tutto da soli. Noi avevamo scelto di farci assistere dalla Camera di Commercio, ma la procedura prevedeva comunque un incontro di persona, cosa ai tempi impossibile. Abbiamo quindi dovuto cambiare in corsa e fare tutto da soli, anche se devo dire, la camera di commercio anche da remoto ci ha dato una mano”.
In termini di costi, andare dal notaio cosa comporta?
“Quando noi siamo nati avevamo chiesto alcuni preventivi. A memoria le dico che i costi si aggiravano tra i 1000 e i 1800 euro. Le start up sono per lo più srl con un capitale sociale di 10 mila euro. Se un quinto del capitale se ne va solo per la costituzione diventa tutto più complicato. Anche perché molte imprese innovative sono una scommessa. Uno va sul mercato ma non sa se sarà premiato, quindi aggravare i costi all’inizio diventa un vero e proprio deterrente alla nascita di nuove start up e aumenta il rischio d’impresa, già abbastanza alto”.
Ci sono delle difficoltà negli iter burocratici da seguire?
“Anche l’iter della procedura online non è un passaggio semplicissimo e prevede diversi scambi con camera di commercio, agenzia delle entrate e banca. Richiede la disponibilità di una pec per l’azienda e di firma digitale per ogni socio e il rappresentante legale. Inoltre, a volte, ci sono delle evidenti contraddizioni. Si cita la presenza di un conto corrente intestato alla società dove venga versamento il capitale dai soci che è paradossale perché per avere un conto corrente è necessario prima che la società sia costituita”.
Quali potrebbero essere le soluzioni?
“Me ne vengono in mente due. La prima: si potrebbe ricorrere allo stesso modello che si sta usando per i brevetti. Invitalia rilascia dei voucher per coprire parte dei costi pe la registrazione di un brevetto. Si potrebbero creare dei voucher anche per le start up in modo che le spese notarili siano in parte coperte dallo Stato. Chiaramente questa scelta ha un costo per la collettività. La seconda ipotesi invece sarebbe a costo zero. Se, come sembra dalla sentenza, uno dei punti sollevati dal Consiglio di Stato è l’insufficienza di competenza degli Uffici del registro in termini di controlli sostanziali per la costituzione dell’azienda, perché non ampliare questi poteri di controllo in modo da evitare il passaggio notarile? Non si potrebbe semplicemente ricorrere, per le start up, alle srl semplificate così da non aver bisogno del notaio? Purtroppo non è una strada percorribile. Le srl semplificate hanno troppi limiti, soprattutto per la compagine societaria che prevede solo persone fisiche. Le start up spesso mirano e riescono ad attrarre fondi di investimento, con una srl semplificata questi essenziali finanziatori non potrebbero entrare come soci.”