Una legge per la parità retributiva, il sostegno all’occupazione e dell’imprenditoria femminile di qualità e per la valorizzazione delle competenze delle donne: così la Campania diventa pioniera in Italia per la promozione dell’empowerment femminile. A raccontare da cosa nasce e gli obiettivi che la legge si pone a F-Mag è la Vicepresidente dem del Consiglio Regionale campano Loredana Raia.
Una legge dedicata alle donne per mettersi al passo coi tempi, a partire dalla parità retributiva. Da cosa nasce e perché è importante?
“Con CGIL, Cisl, Uil e l’Anpal regionale abbiamo fotografato lo stato dell’arte per rispondere ai reali bisogni delle donne della Campania con quelle che sono le prerogative e le competenze regionali. Un testo che caliamo nella dimensione regionale e auspichiamo possa essere di forte sollecitazione per il governo nazionale. Stiamo facendo questo lavoro solo noi come regione Campania e la regione Lazio. Deve essere motivo di orgoglio che dal Centro-Sud arrivi la spinta per parlare di valorizzazione sostegno dell’imprenditoria femminile e di promozione della parità retributiva dei sessi”.
Qual è l’impegno che assumete per raggiungere l’obiettivo della parità retributiva?
“Abbiamo previsto benefici economici sgravi Irap per le imprese che assumono donne con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato inclusi i contratti di lavoro domestico. Ci avviamo verso l’istituzione di un registro delle aziende virtuose che applicano la parità salariale e istituito la giornata regionale contro le discriminazioni di genere sul lavoro che intendiamo realizzare con la consigliera regionale di parità. Abbiamo previsto la revoca dei benefici alle aziende che sono state condannate nell’ambito di giudizi aventi ad oggetto i licenziamenti in quanto hanno violato la normativa vigente in materia della tutela della maternità o della paternità. Tutto questo attraverso la stipula di protocolli d’intesa con gli uffici giudiziari della Campania, i servizi ispettivi regionali, le organizzazioni sindacali per il monitoraggio e la raccolta dati che sono riferiti a questa fattispecie. Infine, abbiamo introdotto i corsi di formazione specifica per le donne che hanno perso il lavoro proprio per consentire loro un più agevole reinserimento occupazionale”.
Ci sono percorsi ad hoc per le donne che vivono in contesti meno agiati e che non hanno un livello di preparazione culturale e professionale elevato?
“Vogliamo creare uno sportello donna presso i centri dell’impiego della Campania che immaginiamo possa essere itinerante per andare incontro alle donne che sono più scoraggiate rispetto alla possibilità di trovare anche una piccola occupazione perché hanno meno strumenti o sono meno strutturate sotto il profilo culturale e formativo. L’idea di tendere una mano a queste donne nasce dall’esigenza dir far capire loro che c’è la possibilità di mettersi in gioco. L’obiettivo è quello di mettere in comunicazione il mondo della domanda con quello dell’offerta perché nella nostra regione c’è ancora un retaggio legato al reclutamento della manodopera di livello meno specializzato attraverso il passaparola. Non si utilizzano uffici pubblici o liste dei disoccupati e inoccupati. Le attività di cura alla persona, quelle che vanno dalle babysitter alle collaboratrici domestiche o caregiver necessitano di un salto di qualità. Per questo pensiamo sia necessario valorizzare e istituzionalizzare, magari con delle liste e con delle referenze, chi svolge questo tipo di attività. Lo sportello donna può andare incontro alle cittadine, con incontri periodici anche nelle parrocchie o nelle scuole dove le donne si ritrovano più spesso e più facilmente rovesciando il modello statico dell’ufficio presso il quale ci si deve rivolgere per una richiesta e avvicinarsi alle cittadine con servizi versatili e mobili”.
Spesso i tempi lavorativi non coincidono con quelli della quotidianità delle donne costrette a scegliere tra vita personale e vita lavorativa. Come evitarlo?
“Per favorire i tempi di vita e di lavoro abbiamo previsto il riconoscimento di buoni e voucher per il babysitting e il caregiving. Questo perché per incentivare il lavoro delle donne i servizi sono essenziali e fondamentali”.
Donne vittime di violenza e donne disabili. In che modo porle al centro dell’attività lavorativa?
“Attraverso benefici economici e sgravi Irap per le imprese che assumono donne disabili anche mediante avvisi pubblici che sono dedicati agli enti del terzo settore e che possono attuare progetti per queste categorie. Ricordo che abbiamo una legge la 34 del 2017, votata all’unanimità dal Consiglio, per favorire l’autonomia personale, sociale e economica delle donne vittime di violenza e per i loro figli. Nel rispetto di questa normativa e di quella nazionale che è intervenuta per promuovere il reinserimento lavorativo delle donne abbiamo immaginato di riconoscere benefici alle imprese che assumono donne vittima di violenza con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato. Proprio perché sappiamo che la mancata indipendenza economica e di autodeterminazione sia la leva per la quale molte donne non denunciano e rimangono vittime sotto il gioco del loro carnefice perché piuttosto che preoccuparsi di sé si preoccupano dei figli e del loro sostentamento. Questo diventa il ricatto poi per non denunciare il proprio carnefice”.
Come sostenere le giovani donne che sognano di costruire una propria attività partendo da zero?
“Per l’imprenditoria abbiamo previsto un’iniziativa che potrebbe trovare il favore di molte imprese poiché abbiamo immaginato di costruire protocolli di intesa con l’associazione bancaria italiana per rendere l’accesso al credito più agevole. Le donne sono spesso più penalizzate non avendo garanzie da offrire. Questo vale soprattutto le giovani donne che magari hanno un’idea interessante e innovativa che potrebbe essere una bella scommessa per sé stesse e per il territorio dove intendono realizzare quel progetto, ma non potendo offrire garanzie riscontrano difficoltà particolari all’accesso al credito bancario. Per questo stabilire protocolli d’intesa con tassi di interesse agevolati per le imprese femminili potrebbe essere uno strumento interessante per incentivare le donne a costruire l’autonomia finanziaria diventando imprenditrici di sé stesse. Abbiamo lavorato a favore dell’imprenditoria femminile mettendo a disposizione diverse risorse anche perché il problema non è tanto far nascere l’impresa, ma mantenerla nel tempo quando finisce il sostegno economico pubblico”.
Per quanto riguarda la formazione delle giovani donne, come pensa possano diventare protagoniste delle trasformazioni che la pandemia, e non solo, impongono in settori come il digitale e l’innovazione tecnologica?
“Abbiamo fatto passi significativi in avanti promuovendo le Stem, proprio perché quando le ragazze si rivolgono a questo tipo di studi sono quelle che riescono meglio. C’è e ci sarà l’impegno all’incentivazione ad avvicinarsi a questi mondi che dal punto di vista dello stereotipo sembravano settori prettamente maschili”.