Poche ore allo switch off digitale della Pubblica Amministrazione (PA), fissato per domani 28 febbraio. L’obiettivo, previsto dalle direttive del Decreto Semplificazione del 2020, è quello di semplificare l’accesso ai servizi online attraverso l’utilizzo del Sistema per l’identità digitale (Spid), della Carta d’identità elettronica (Cie) e della Carta nazionale dei servizi (Cns).
A parlare della sfida digitale che il nostro Paese si appresta ad affrontare, con F-Mag, è l’avvocato Ernesto Belisario, esperto di diritto delle tecnologie e innovazione nella Pubblica Amministrazione.
Il 28 febbraio lo switch off digitale della pubblica amministrazione. Cosa significa?
“Significa semplificare le modalità di fruizione dei servizi online attraverso l’utilizzo di alcuni semplici strumenti utili a limitare il numero di credenziali richieste come lo Spid e il Cie. Tutte le PA per erogare i loro servizi dovranno integrare la piattaforma pagoPa per i sistemi di riscossione delle proprie entrate e avviare le trasformazioni necessarie per rendere disponibili i propri servizi sull’App IO che diventerà lo sportello unico digitale delle Amministrazioni”.
Cosa cambierà dal 1° marzo per i cittadini e le imprese?
“Da cittadini avremo più facilità a fruire dei servizi della Pubblica Amministrazione. E’ chiaro che non tutte le amministrazioni arriveranno pronte, alcune saranno un esempio di best practice altre saranno in ritardo, ma dal 28 febbraio quelle che non avranno adottato nessuna misura potranno essere messe in mora. Il cittadino ha la possibilità di vigilare sul funzionamento dei servizi e – ricorrendo anche alle class action – di rivolgersi al Difensore civico digitale o al Tar se gli standard previsti dal livello normativo non vengono garantiti o rispettati. Dal 28 febbraio la transizione digitale diventa un diritto”.
Se e in che modo il Covid ha inciso sull’accelerazione digitale?
“Il Covid-19 ha accelerato il processo perché le misure di contenimento della pandemia hanno determinato due fenomeni: il primo è quello dell’utilizzo dello smartworking forzato che ha portato chi lavora nella PA ad acquisire maggiori competenze e consapevolezza dell’importanza della tecnologia. Il secondo è relativo alla presa di coscienza dei cittadini dell’importanza dei servizi online in sostituzione dello sportello tradizionale. Prima dell’inizio della pandemia il numero di utenti in possesso dello Spid superava i 5 milioni, oggi supera i 17 milioni. Ciò significa che almeno un terzo della popolazione ha un’identità digitale”.
Quali i risultati di medio e lungo termine?
“Il 28 febbraio non è la fine, ma l’inizio del percorso di trasformazione digitale e di diritti digitali. Credo che maggiore sarà la domanda di servizi online e maggiore sarà anche l’offerta in rete”.
Quali i risvolti occupazionali?
“E’ ovvio che in termini occupazionali, anche grazie al programma Next Genaration Eu del Recovery Fund, ci saranno nuove assunzioni all’interno della Pubblica Amministrazione. All’attività formativa dei dipendenti si dovranno aggiungere molte nuove professionalità”.
Esiste il rischio di un divario digitale geografico?
“C’è sicuramente una questione meridionale digitale. Le indagini della Corte dei Conti ci dicono che nei Comuni più piccoli, che hanno meno risorse economiche e tecniche a disposizione, si procede a rilento. Va meglio nei Comuni più grandi, ma esiste una questione di divario territoriale che vede il Sud e le isole indietro”.
Cosa fare per evitare che il divario aumenti?
“Sicuramente i media possono mantenere alta l’attenzione, allo stesso tempo cittadini e movimenti civici non devono aspettare che le Amministrative si adeguino, ma stimolarle a cambiare il passo. Sarebbe odioso se la transizione digitale anziché ridurre le differenze, finisse per accentuarle”.