Lavoro e Covid, quali conseguenze? La lettura integrata della crisi

Nel 2020, la pandemia dovuta al Covid-19 ha condizionato in maniera cruciale gli sviluppi dell’economia e della società, rappresentando uno shock improvviso e senza precedenti sul mercato del lavoro. Il Rapporto annuale ne svela le dinamiche e le conseguenze.

L’annus horribilis 2020, finalmente alle porte, ha inciso negativamente sulla stabilità economica, sociale ed occupazionale del Paese: è sotto gli occhi di tutti e soprattutto di chi l’ha vissuto in prima persona che il susseguirsi di lockdown, di chiusure alternate e l’ampliamento delle misure per il contenimento della pandemia da virus Covid 19 hanno causato in molti casi la chiusura definitiva di imprese, servizi, negozi, aziende e stabilimenti di produzione, con la conseguenza dolorosa del taglio di numerosi posti di lavoro. 

Quanto è successo negli ultimi dodici mesi viene ben spiegato nella quarta edizione del Rapporto annuale “Il mercato del lavoro 2020. Una lettura integrata, realizzato in sinergia tra Ministero del lavoro e delle politiche socialiIstatInpsInail Anpal, con l’obiettivo di offrire informazioni coerenti e strutturate sulle dinamiche che riguardano il mercato del lavoro in Italia.

Come la pandemia ha influenzato il mercato del lavoro

Gli approfondimenti contenuti nel Rapporto descrivono gli effetti della pandemia sulla dinamica che riguarda la domanda e l’offerta di lavoro, il ruolo degli ammortizzatori sociali messi in campo, e le ricadute sulla qualità del lavoro.

L’occupazione fra febbraio e giugno 2020 ha visto un calo di circa 542 posti di lavoro, per metà recuperati tra luglio e novembre. Ma, nuovamente, a dicembre l’occupazione è tornata a diminuire: il conto che presenta la pandemia è complessivamente di circa 425 mila occupati in meno rispetto a febbraio 2020. Una crisi improvvisa e senza precedenti.

Categorie e settori più colpiti

Purtroppo, ancora una volta non sorprende scoprire che le categorie che hanno subito gli effetti della crisi, perdendo il lavoro, sono quelle più fragili: parliamo di donne, giovani e stranieri che sono stati maggiormente esposti agli effetti dello shock pandemico, con pesanti ricadute economiche e sociali.

L’onda lunga della pandemia, di fatto, restituisce al Paese una mutata geografia del disagio, dimostrando che tutti sono a rischio povertà e senza garanzie: i lavoratori, le lavoratrici, i giovani, i genitori, i professionisti del digitale, quelli della gig economy, quelli a chiamata, le partite iva, gli imprenditori.

Sono i dati a parlare: secondo quanto emerge dal Rapporto, è aumentato il gap di genere sul tasso di occupazione (da 17,8 a 18,3 punti) e quello tra generazioni, con il tasso di occupazione dei giovani under 35 più basso di circa 21 punti rispetto a quello degli over 50 (era 19,3 nel 2019), mentre per gli stranieri il valore dell’indicatore scende sotto a quello degli italiani.

Ancora, i lavoratori autonomi, e, soprattutto i dipendenti a termine, hanno subìto la contrazione dell’occupazione più marcata: il calo è stato di 677 mila unità nel secondo trimestre e di 449 mila nel terzo del 2020.

Secondo la Lettura integrata, queste tipologie di lavoratori sono stati penalizzati perché

… più spesso occupano posizioni lavorative meno tutelate, per giunta nei settori e nei tipi di impresa che sono stati investiti più duramente dalla crisi. L’emergenza ha prodotto anche un mutamento repentino della modalità di erogazione della prestazione lavorativa che è stata resa, laddove possibile, da remoto (lavoro agile, telelavoro, altre modalità). La digitalizzazione e il distanziamento sociale hanno concorso a produrre una nuova segmentazione nel mercato del lavoro, distinguendo tra chi può lavorare da casa e chi, per la natura della prestazione, è strettamente legato al luogo di lavoro.

Dal Rapporto “Il mercato del lavoro 2020. Una lettura integrata”

Fra i settori più colpiti sono stati i servizi domestici (-16,7% nel secondo trimestre e -6,7% nel terzo), il comparto alberghi, turismo, cultura e ristorazione (fra il -16,1% e -10,8%), in particolare le attività ricettive, e il commercio (-5,8% e -4,2%); tra le professioni l’impatto è stato maggiore per quelle del commercio e dei servizi e per quelle non qualificate.

Quali interventi per contrastare la crisi

Mentre il Parlamento Europeo recentemente ha chiesto a gran voce una legge per contrastare le emergenti disuguaglianze economiche e sociali e la povertà che ne deriva, stabilire un salario minimo, condizioni eque per i lavoratori delle piattaforme digitali ed equilibrio tra lavoro e vita privata, in Italia gli interventi adottati in materia di lavoro e reddito per fronteggiare l’emergenza Covid-19 hanno comportato una spesa di oltre 27 miliardi fino a novembre 2020, per più di due terzi destinata alla Cassa integrazione. Alla stessa data, oltre 10 milioni risultano i beneficiari effettivi.

Sempre nel rapporto, si evince che è stato significativo il ricorso alle ferie obbligatorie e la riduzione delle ore e dei turni di lavoro; entrambe le misure utilizzate da circa il 30% delle imprese nella prima fase e il 20% nella seconda.

In molti casi, il lavoro è stato riorganizzato adottando lo strumento dello
 smart working per garantire contemporaneamente la tutela della salute dei lavoratori e la prosecuzione delle attività produttive: parliamo di circa il 21,3% delle imprese con almeno 3 addetti, quota scesa all’ 11,3% nel periodo successivo.

Inoltre, nel 2020 il totale dei componenti dei nuclei percettori del Reddito di cittadinanza sono stati 3,5 milioni; quelli del Reddito di Emergenza quasi un milione.

Bisognerà comunque rimboccarsi le maniche e trovare un modo per uscire dalla crisi.

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