Nei giorni scorsi l’ex presidente della BCE Mario Draghi ha incassato il “sì” del MoVimento 5 Stelle, lasciapassare per la nascita di un nuovo Governo. Questa notizia non sorprende quasi più nessuno: in Italia abbiamo avuto – in 75 anni di storia repubblicana – ben 66 governi e 29 Presidenti del Consiglio.
I costi di queste crisi in passato erano definiti non quantificabili. Da qualche anno, invece, abbiamo modo di misurarle. Questa sorta di “misuratore” si chiama spread. Lo spread, in generale, è la differenza tra due titoli, la “forbice” che li separa. Nell’accezione più utilizzata, esprime la differenza di rendimento tra Btp italiani e Bund tedeschi (ritenuti i titoli di Stato più affidabili) sulla scadenza a 10 anni.
In pratica, lo Stato paga degli interessi per farsi prestare i soldi a 10 anni dai risparmiatori. Lo spread rappresenta quanto l’Italia paga in più rispetto alla Germania.
Proviamo a fare qualche esempio pratico: i 70 giorni di attesa necessari alla nascita del Governo Conte hanno fatto salire lo spread da 144 a 241 punti. Il costo di questo rimbalzo è di circa 10 miliardi di euro.
Nell’ultima crisi di Governo – dovuta all’uscita dalla maggioranza di Italia Viva – lo spread passa in pochi giorni da 100 a 120 punti. Purtroppo, in quei giorni c’è stata una emissione di circa 8 miliardi di Btp e quei 20bp ci sono costati 160 milioni di euro su una durata media di 10 anni.
È evidente, a questo punto, che la stabilità di Governo – ossia l’opposto della crisi – oltre a farci vivere più sereni, ci fa risparmiare tanti soldi. La Germania ha avuto 9 premier negli ultimi 75 anni e, forse, anche per questo è la maggiore potenza economica del Vecchio continente.
Draghi è l’uomo del “Whatever it takes”, ci ricorda la stampa oggi in ogni occasione utile, ma trovo più significativa la seconda parte del suo discorso: “and believe me, it will be enough”.
Il mondo gli ha creduto.
Speriamo che la sua credibilità perduri anche ora che sarà il capo del Governo italiano (un’occupazione che la storia ci insegna essere estremamente precaria) e che duri più dei suoi predecessori. Anche perché i cambi ci costano un po’ troppo.