Macellegria, 12 anni di passione: la cultura della carne al sud secondo Donatella Bova
Sapori pugliesi, contaminazioni di vita e una nuova vita per sapori antichi che raccontano la storia di una donna e delle sue molteplici terre
In un quartiere (siamo a Fuorigrotta, in via Pasquale Formisano) e in una città (Napoli) dove il buon cibo non si improvvisa, Macellegria conferma ancora una volta la sua vocazione pionieristica nella cultura della carne. Trent’anni di storia, di ricerca e di sperimentazione festeggiati proprio in queste ore si condensano in un’esperienza gastronomica che ha il sapore della memoria e il coraggio dell’innovazione. Dietro ai piatti, un nome che racconta una storia speciale: Donatella Bova, tante vite all’attivo tra cui quella di ex calciatrice e oggi anima e cuore del locale, che ha saputo trasformare una passione nata quasi per gioco – quella per le bombette pugliesi – in un progetto gastronomico maturo, identitario e sorprendentemente contemporaneo.
L’anima pugliese di Napoli
Macellegria è una storia di contaminazioni, di incontri e di viaggi interiori. I sapori della Puglia convivono con l’eleganza partenopea, in una tavola che si fa racconto di famiglia e di tradizione reinterpretata. La carne qui non è solo ingrediente (magistralmente padroneggiato) ma linguaggio, rito e cultura. Lo si capisce dal primo assaggio: la nuova tartare “Ma tu vulive ‘a pizza”, battuta che è un omaggio alla Puglia che stravolge le regole del crudo. Un disco di carne battuta al coltello, guarnito con pomodori gialli e rossi, stracciatella e gocce di pesto che evocano sapori adriatici ma vestiti da Campania. È un piatto che sintetizza tutto il percorso di Donatella Bova: tecnica e sentimento, rigore e fantasia. E carne, nell’accezione più pura del termine. Ostinatamente alla sua maniera, a costo di togliere le interiora dal soffritto napoletano (che pur rivisitato resta una piccola poesia tutta flegrea) e di insistere su una carne autentica, rude e selvaggia anche nei crudi, sostanza a favore d’apparenza.

Trent’anni di carne e visione
Macellegria è stata tra le prime realtà a Napoli a scommettere sulla carne come elemento di alta cucina, quando ancora in pochi ne intuivano le potenzialità. “Anche quello – spiega Donatella ai giornalisti intervenuti al pranzo stampa – è qualcosa che abbiamo importato dalla Puglia”. Da allora il locale è diventato un punto di riferimento per appassionati e curiosi, un laboratorio dove brace, crudi, primi e abbinamenti sono maneggiati come in una bottega d’altri tempi.
La cotoletta panata alla brace è il manifesto di questa filosofia: una ricetta che unisce il crunch che accompagna il piatto a una panatura che vive e sopravvive alla brace e si fa ambasciatrice di una convivialità mediterranea dalle radici di terra.

Una cucina che racconta una vita
Ogni piatto sembra custodire un ricordo. Come per la cotoletta panata, le bombette ricordano le prime esperienze pugliesi di Donatella Bova, la scoperta di una cucina fatta di mani e di tempo, di fuoco e di materia. Le proposte alla griglia, invece, rivelano la precisione e la disciplina di chi ha portato sul campo da calcio la stessa determinazione che oggi mette ai fornelli.
E poi ci sono le contaminazioni – dolci, ironiche, istintive – che nascono dalle sue origini e dai viaggi gastronomici tra Campania, Puglia e Sicilia in un’idea libera, sempre con uno sguardo curioso e libero.

Quando il territorio risponde
La risposta del pubblico, come sempre, non si è fatta attendere. C’è un clima di festa e complicità che accompagna ogni serata: appassionati, gourmet, giornalisti e amici si ritrovano attorno ai tavoli di Macellegria non solo per mangiare, ma per condividere un racconto collettivo di gusto e appartenenza. Perché, come ricorda Donatella Bova, “la carne non è solo un alimento, è una storia di persone, di mani, di territori che si incontrano”.
E in effetti, tra un boccone di tartare e una bombetta fumante, Macellegria dimostra che il territorio risponde quando a guidarlo è l’autenticità. Autenticità che si riconosce nei piatti, nei sorrisi e in quella fiamma che arde ancora dopo trent’anni, alimentata dalla passione di una donna che ha fatto della carne un modo di raccontarsi.




