Il terzo trimestre del 2024 si chiude con un’Italia in bilico tra ripresa e stagnazione: secondo i dati Confindustria, il PIL ha registrato una sostanziale immobilità, riflettendo la contrazione del settore industriale, appena compensata dalla crescita nei servizi.
Inoltre, le prospettive per l’ultimo trimestre lasciano spazio a un moderato ottimismo: il terziario si conferma trainante e i recenti tagli dei tassi d’interesse potrebbero favorire una ripartenza dei consumi e degli investimenti. Nonostante ciò, l’export resta in difficoltà, schiacciato dalla debolezza dell’Eurozona e da uno scenario globale incerto. Ma andiamo con ordine.
Un’industria in affanno: moda e automotive i settori più colpiti
I primi nove mesi del 2024 hanno visto un calo del 3,3% della produzione industriale rispetto allo stesso periodo del 2023. La moda e l’automotive, due colonne portanti del sistema produttivo italiano, soffrono di una crisi strutturale. Il comparto moda, dopo una ripresa post-pandemia, ha registrato una caduta verticale: la produzione di pelli è scesa del 15,1%, l’abbigliamento del 9,5% e il tessile del 5,9%. L’aumento delle giacenze di magazzino, il calo degli ordini e la flessione dell’export (-4,5% nei primi otto mesi) sono segnali di un settore che fatica a trovare stabilità.
Non va meglio al settore automotive, con una produzione in calo del 19,4% nei primi nove mesi dell’anno. A settembre, il tracollo ha raggiunto il 32,4%, trainato dal -42,7% nella produzione di autoveicoli. Fattori come il cambio di abitudini (car sharing e noleggio), l’incremento dei costi delle auto elettriche e la debolezza del mercato interno ed estero pesano sulle performance. Il costo medio delle vetture nuove è aumentato del 3% annuo dal 2018, rendendo sempre più difficile l’accesso per le famiglie italiane.
Servizi e turismo: i pilastri della resilienza
Nonostante la debolezza dell’industria, il settore dei servizi ha continuato a crescere. Il turismo straniero si conferma uno dei motori principali, con una spesa in aumento del 6,7% annuo ad agosto. Anche gli indicatori di attività economica, come il PMI, mostrano segnali di ripresa per il quarto trimestre. Tuttavia, la fiducia delle imprese nei trasporti resta debole, un sintomo di fragilità nei settori più vulnerabili del terziario.
Politiche monetarie: verso un allentamento globale
La Banca Centrale Europea (BCE) e la Federal Reserve (FED) hanno avviato un percorso di tagli dei tassi d’interesse, un’inversione di rotta rispetto al rigore degli ultimi anni. A novembre, la FED ha abbassato i tassi al 4,75%, mentre la BCE li ha portati al 3,25%. Ulteriori riduzioni sono attese a dicembre, con il mercato che prevede un proseguimento di questa politica anche nel 2025. Questo potrebbe dare una spinta al credito e sostenere i consumi e gli investimenti, ma l’efficacia sarà legata alla capacità delle economie di assorbire gli stimoli.
Export in crisi: l’Eurozona non traina
L’export italiano continua a calare, con una flessione dello 0,6% nel terzo trimestre e segnali negativi che persistono anche a ottobre. A pesare è la debolezza della Germania, primo partner commerciale dell’Italia, e un’Eurozona che fatica a trovare slancio. Sebbene il commercio mondiale mostri una crescita moderata (+0,7% a luglio-agosto), le prospettive per l’export europeo restano incerte.
Materie prime ed energia: una spada di Damocle
Il costo dell’energia rimane una variabile critica. A ottobre-novembre, il prezzo del gas in Europa è salito a 40 euro/mwh, segnando un aumento del 57% rispetto ai minimi di febbraio. Al contrario, il prezzo del petrolio si mantiene stabile tra 74 e 76 dollari al barile, riducendo la pressione sui costi energetici. Tuttavia, le oscillazioni dei prezzi dell’energia continuano a penalizzare la competitività dell’industria italiana, in particolare nei settori ad alta intensità energetica.
Prospettive per il 2025: una ripresa a ostacoli
Gli analisti prevedono un graduale miglioramento del contesto economico nel 2025, grazie al calo dell’inflazione (+0,9% a ottobre in Italia) e ai tassi d’interesse più bassi. Permangono però diversi rischi: la lenta attuazione del PNRR, l’instabilità geopolitica e le difficoltà di alcuni settori chiave potrebbero rallentare la ripresa.
Il futuro dell’economia italiana dipenderà dalla capacità di affrontare queste sfide con politiche industriali mirate, innovazione tecnologica e una maggiore integrazione nei mercati globali. Nel frattempo, il Paese si trova di fronte a un bivio: cogliere l’opportunità di una ripartenza o restare intrappolato in un ciclo di fragilità economica.