L’Italia è in “stallo innovativo”. Resta, infatti, invariata la posizione del nostro Paese in materia di innovazione, che con il suo 26esimo posto in classifica rimane anche nel 2024 lontana dai Paesi europei più sviluppati, nonché da quelli che compongono le economie più avanzate del pianeta (G7) secondo l’annuale e atteso report Global Innovation Index 2024 stilato da WIPO – World Intellectual Property Organization, che analizza, attraverso 78 indicatori, raggruppati in 7 categorie la propensione all’innovazione di 133 Paesi, determinandone una classifica a livello mondiale.
La classifica Global Innovation Index: al top Svizzera, USA e Singapore
E così se, come detto, l’Italia si piazza 26esima, dietro a Nuova Zelanda, e appena davanti a Cipro, non proprio in pole position quindi, con un punteggio di 45.3 (-1.3 sul 2023), la TOP 10 del 2024 vede al 1° posto riconfermarsi la Svizzera (con un punteggio di 67.5), seguita da Svezia (punteggio 64.5), USA (62.4), Singapore (61.2), Gran Bretagna (62), Corea del Sud (60.9). Finlandia (59.4), Olanda (58.8), Germania (58.1) e Danimarca (57.1). La Cina fuori dalla TOP10 di un soffio è 11° con uno score di 56.3.
“La cattiva classifica dell’Italia certifica molti aspetti sui quali dobbiamo migliorare. Su tutti sottolineerei infrastrutture, formazione, concorrenza e facilità di fare impresa. – così Marco Ballarè, presidente Manageritalia alla lettura dell’Index – Tutto questo blocca indubbiamente le nostre capacità di riprendere uno sviluppo strutturale e di qualità”.
In cosa “perde” l’Italia
E, infatti le parole del presidente di Manageritalia trovano conferma nel dettaglio alle 7 categorie d’indagine che compongono l’Indice laddove, se a livello generale la posizione dell’Italia non è di primo piano, guardando la situazione diventa anche peggiore.
In Business Sophistication (investimenti in Ricerca & Sviluppo, afflussi netti di investimenti diretti esteri) il nostro Paese si piazza in 34° posizione (con un punteggio di 38.7). In Market Sophistication (dimensione del PIL, intensità della concorrenza del mercato locale) al 38° (punteggio 43.1), in Infrastructure(strade, ospedali, edilizia scolastica, efficienza energetica) l’Italia è 28° con 52.5 di score. Qualche posizione in meno, 30° posto (punteggio 45.4) per Capitale umano e ricerca(investimento statale per alunno, qualità delle istituzioni scientifiche e di ricerca), mentre per la categoria Istitutions (stabilità politica e sicurezza, facilità di avviare un’impresa) si scende addirittura al 55° (51,2 di score).
L’Italia recupera qualche posizione in Creativity Output (marchi a valore aggiunto, applicazioni di design industriale, applicazioni di marchi) piazzandosi al 18° posto (punteggio 47.5) e in Conoscenze e tecnologia (domande di brevetto, aumento della produttività del lavoro, spesa per software), 19° posto con uno score di 41.4.
Il report poi analizza nel dettaglio la situazione italiana, per le diverse categorie di ricerca (sopra esposte) che evidenzia un significativo ritardo sui campi afferenti alla voce Institutions, che come detto ci vede al 55mo posto, ma va ancor peggio se si entra nel dettaglio dal quale emerge che sempre in questo campo siamo fortemente penalizzati in Business Environment dove con un punteggio addirittura inferiore a 40 – ovvero un 4 in pagella – risultiamo all’80esimo posto, appesantiti da un basso livello di stabilità legislativa in rapporto al business (“Policy stability for doing business”) ovvero e politiche a beneficio dell’impresa.
“E purtroppo – commenta Giovanna Voltolina, mid-cap investor internazionale – non era necessaria la certificazione di questo importante report a raccontare una situazione, quella dell’incertezza legislativa e, aggiungo io, anche giudiziaria, che all’estero tra fondi e investitori è più che nota al punto da diventare una scomoda etichetta, che avrebbe invece senso scrollarci di dosso al più presto”
Campo che invece ci vede n.1 nel mondo è l’’Industrial Designs by Origin’, ovvero il numero di richieste di brevetti di industrial design depositati. Questo dato evidenzia la vivacità della produzione inventiva italiana, che però fatica a tradursi in realizzazioni concrete.
“Però anche dove siamo messi meglio, ovvero marchi a valore aggiunto, design industriale, capacità di brevetto – osserva il presidente di Manageritalia Marco Ballarè –manca comunque una diffusa capacità e presenza di gestione manageriale nel nostro tessuto economico che possa farci passare dalla creatività all’applicazione reale per aumentare la qualità dei nostri business ad alto valore aggiunto”.
La burocrazia che scoraggia gli investitori
“Il problema risiede nella carenza di investimenti nelle nostre imprese, in particolare nelle PMI, veri incubatori di innovazione – sottolinea l’esperta di investimenti – Spesso, queste realtà rimangono inesplorate a causa del ridotto numero di investimenti in aumento di capitale nelle le medie imprese italiane ma anche della burocrazia scoraggiante e dei programmi di sostegno all’imprenditoria, che si concentrano troppo sulle startup, trascurando tante PMI innovative e talentuose. Senza le giuste iniezioni di capitale, queste imprese faticano a emergere e affermarsi sul mercato.”
“E – conclude il presidente di Manageritalia Marco Ballarè – deve crescere la sinergia tra pubblico e privato e tra tutti gli attori dell’innovazione per ottimizzare e massimizzare gli sforzi che indubbiamente in alcuni ambiti ci sono in termini di quantità e qualità”.
Link al report: Italy Ranking in the Global Innovation Index 2024. (wipo.int)