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Il mercato del lavoro invecchia, come agevolare l’ingresso dei giovani? Il punto del CNPR Forum

“Negli ultimi anni, il numero degli occupati in Italia ha conosciuto una crescita significativa, un risultato mai registrato prima nel Paese. Si parla di un incremento di circa 800mila posti di lavoro, con 437.000 contratti stabili. Questo è un risultato eccezionale se consideriamo che il BelPaese sta uscendo da una fase difficile come la pandemia. L’occupazione ha infatti toccato il 62,3%, con un dato altrettanto rilevante riguardante l’occupazione femminile, che ha raggiunto il 53,6%”.

Lo ha dichiarato Andrea Volpi, esponente di Fratelli d’Italia in Commissione lavoro alla Camera dei Deputati, nel corso del Cnpr Forum ‘Occupazione, perché in Italia lavorano meno giovani e più anziani?’ promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.

Come migliorare il mercato del lavoro?

“Questo aumento dell’occupazione è stato accompagnato da un calo della disoccupazione, grazie anche agli effetti del PNRR e agli incentivi rivolti a giovani inattivi. Tali risultati positivi – ha aggiunto Volpi –  sono il frutto delle politiche messe in campo dal governo, che ha posto fine a una strategia basata su bonus e sussidi. Tuttavia, è evidente che resta ancora molto da fare per garantire un’occupazione stabile e duratura.

È fondamentale mantenere alta l’attenzione su: età, formazione e competenze dei lavoratori. Il mercato del lavoro sta cambiando. Solo con una preparazione adeguata si potranno affrontare le sfide future“.

Sulla necessità di fare di più si è espresso Filiberto Zaratti (AVS), segretario di Presidenza a Montecitorio: “È importante valutare non solo l’incremento quantitativo dei posti di lavoro, ma anche la loro qualità e stabilità. Le statistiche attuali, infatti, offrono una visione parziale della realtà, includendo anche contratti di lavoro marginali, come quelli di giovani che lavorano solo per poche ore l’anno. La sfida principale è quindi creare opportunità di occupazione stabili, sicure e qualificanti.

Un altro aspetto cruciale è quello dei salari, considerando che l’Italia è il Paese europeo con gli stipendi più bassi. Questo fenomeno è una delle ragioni principali per cui, negli ultimi 15 anni, circa 1,3 milioni di giovani italiani hanno scelto di lavorare all’estero. È chiaro che occorrono politiche attive del lavoro per invertire questa tendenza.

Inoltre, le attuali misure del governo, come l’innalzamento dell’età pensionabile, creano disparità per chi ha già accumulato decenni di lavoro, costringendoli a continuare per raggiungere i requisiti pensionistici. Nel frattempo, queste misure non favoriscono l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, un obiettivo che dovrebbe invece essere prioritario”.

Le preoccupazioni riguardo il futuro

Per Rosaria Tassinari, deputato di Forza Italia nelle Commissioni Lavoro e Cultura della Camera dei Deputati “la situazione attuale è davvero preoccupante. Il Consiglio Nazionale dei Giovani ha recentemente pubblicato un rapporto sull’occupazione giovanile, rivelando che negli ultimi anni il mercato del lavoro italiano ha perso oltre tre milioni di giovani under 35. La situazione è particolarmente grave per le donne, con un calo del 23% nella loro partecipazione. Un altro fenomeno allarmante è l’esodo dei giovani laureati: solo nel 2021, circa 180.000 ragazzi hanno lasciato il Paese, un aumento del 280% rispetto a dieci anni fa.

I giovani cercano stabilità economica e una retribuzione adeguata alle loro competenze. Per questo, è fondamentale che le imprese ripongano maggiore fiducia nelle nuove generazioni. È, inoltre importante contrastare l’idea diffusa tra i giovanissimi che il successo possa essere raggiunto facilmente, come nel caso dei cosiddetti ‘influencer’, i quali promuovono una visione distorta della ricchezza, percepita come un obiettivo raggiungibile senza sforzo. Occorre incentivare i nostri giovani a tentare il successo attraverso formazione, lavoro e merito”.

Critica Elisa Pirro, senatrice del Movimento cinque stelle in Commissione Bilancio a Palazzo Madama: “I cambiamenti demografici certamente giocano un ruolo importante, ma ci sono molte altre questioni da considerare. Uno dei problemi principali riguarda le mancate uscite dal mercato del lavoro. Nonostante si sia parlato a lungo di modifiche alla Legge Fornero e di meccanismi di pensionamento anticipato, in pratica sono state drasticamente ridotte le opportunità di uscita anticipata, con il risultato di un progressivo innalzamento dell’età media della forza lavoro.

Il tasso di occupazione, che continua a crescere, riflette solo parzialmente un miglioramento dei livelli di lavoro. In parte, infatti, questo aumento è dovuto al fatto che i dipendenti più anziani non lasciano il mercato e che la popolazione attiva in alcune fasce di età sta diminuendo, dando l’impressione di un incremento artificiale degli occupati.

Per facilitare l’ingresso dei giovani e ridurre la loro fuga all’estero, è necessario intervenire migliorando la qualità del lavoro. Questo non significa soltanto offrire salari più alti, ma anche fornire benefici aggiuntivi, come lavoro agile e telelavoro. La contrattazione individuale ha limitato i risultati concreti”.

La situazione è (ir)reversibile?

Nel corso del dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Eleonora Linda Lecchi, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Bergamo: “Il tasso di occupazione nel nostro Paese cresce, ma, come rivelano i dati Istat, il mercato del lavoro invecchia. E’ lecito domandarsi se la causa sia da attribuire ai cambiamenti demografici oppure ci siano nodi da sciogliere per agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. E’ opportuno, inoltre, valutare quanto conti il disallineamento tra i percorsi scolastici e le reali esigenze delle imprese per poter intervenire e come si può intervenire”.

Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni (consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili): “Il tema dei giovani che lavorano poco e degli anziani che lavorano troppo è strettamente collegato all’andamento demografico. Abbiamo un tasso di sostituzione o un tasso di fecondità fra i più bassi del mondo. Nascono pochi giovani e gli anziani diventano sempre più anziani.

Inoltre si ritarda nell’uscita dal lavoro dei soggetti occupati perché il nostro Paese ha un problema molto importante che riguarda le pensioni. E’ difficile pensare a misure che incentivino l’uscita precoce perché i conti non lo consentono.  Se ragioniamo in termini economici il vero incentivo all’occupazione è la crescita economica tuttavia in materia di incentivi bene la decontribuzione alle imprese per favorire le assunzioni”.

Redazione

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