Con il Covid-19 definitivamente messo alle spalle dal mondo intero, tornano prepotenti nei feed dei nostri social network preferiti le foto di feste, giornate in spiaggia, barche e brindisi. Ma anche luoghi da favola o molto molto lontani. La voglia di condividere momenti di gioia e spensieratezza sui canali digitali si scontra però con una palpabile (l’avrà notata chiunque ha passato un po’ di tempo sulle piattaforme in queste settimane) insofferenza dove il sarcasmo spesso lascia spazio ad una vera e propria intolleranza. Al punto tale che non è bastato per molti smettere di seguire (defolloware) chi – complice l’estate – ha deciso di condividere con mezzo mondo i suoi attimi felici, ma bisognava anche comunicare al mondo intero che no, non andrebbe fatto. Sulla falsa riga, insomma, della solidarietà che va anche fatta ma non va ostentata.
Sappiamo, del resto, che questi famosi social e i loro algoritmi (al centro della recente svolta del DSA) sono trigger di innumerevoli bias. Anche questa invidia sociale rientra tra questi? F-Mag lo ha chiesto ad Angelo Rega, psicologo clinico e psicoterapeuta con formazione sistemico relazionale e Consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Campania.
Dottor Rega, quest’anno – complice la spirale inflattiva – le vacanze di molti italiani sono state più contenute. Meno contenuti, invece, i commenti sferzanti su quanti abbiano palesato la loro felicità in ferie attraverso i social. Esiste davvero una sorta di recrudescenza di invidia sociale perpetrata attraverso lo strumento digitale?
“L’invidia è una emozione molto complessa, che è sempre appartenuta all’essere umano. Deriva da un confronto sociale e genera un miscuglio di turbolenze emotive che, attraverso i social, vengono particolarmente amplificate. Si osserva un post, una storia social, un reel e si prova la tristezza. Non perché non si stia vivendo quella esperienza, ma perché l’essere umano tende a estendere quella sensazione di rabbia a sconforto ad altri campi della sua vita e quindi incomincia a sentirsi ‘da meno’, a non aver costruito un potere economico in grado di generare ‘felicità’.
Da questa turbolenza emotiva, spesso corroborata da emozioni forti, deriva la necessità di mettere in atto degli abiti funzionali a uno stato di uguaglianza, che si esplicano spesso in commenti poco felici“.
Commenti e considerazioni che dovrebbero restare private finiscono in pasto ai canali social. Oltre a un certo analfabetismo digitale che ancora non permette agli utenti di essere consci delle ripercussioni delle loro azioni online nella vita offline, ritiene che ci siano bias o trigger significativi in tali comportamenti?
“La mia personale visione è che l’essere umano stia rendendo il proprio ‘Io’ eccessivamente esteso e ipertrofico. Più esponiamo le cose che possediamo, le relazioni che abbiamo, le esperienze che viviamo, più ci ritorna uno stato di potenza che fa estendere il nostro ‘ego’. I social stanno assolvendo pienamente a questa funzione. Da questo atteggiamento, però, otteniamo una contropartita da pagare che non è poco cara, perché più estendiamo il nostro ‘Io’, più ci sentiamo continuamente aggrediti in qualche sua parte simbolica e i nostri sistemi d’allarme (la paura e la rabbia) si attivano, tanto per le aggressioni fisiche reali, quanto per le aggressioni simboliche pensate, determinando in noi uno stato di forte tensione“.
I social amplificano l’invidia sociale?
“È un circolo vizioso che si autoalimenta, i social sostengono l’invidia sociale e contestualmente sostengono la pubblicazione di contenuti che spesso si discostano da ciò che la persona sta realmente vivendo. Nella mia esperienza clinica è spesso ritornata l’affermazione: ‘Se le persone veramente sapessero quello che sto vivendo!’. Questo ci fa capire quanto molte persone si stiano intrappolando nella gabbia del provare invidia e del far provare invidia“.
Fingiamo di essere tra quelli che si sono risentiti al punto da ritenere personale l’offesa nel vedere le foto di mare, spiagge, barche e feste in piscina. Come facciamo a riconoscere di avere un problema di invidia sociale? Come superarlo?
“Se si sviluppano sentimenti di forte inferiorità, se si nutre rabbia a tal punto da diventare dirompente, allora la persona che vive questa condizione dovrebbe considerare la possibilità di lavorare su questi vissuti con l’aiuto di un professionista. Questa considerazione va fatta soprattutto se proviamo un forte senso di antagonismo. L’antagonismo è un tratto di personalità che tra le sue caratteristiche riporta anche sentimenti di ostilità e sentimenti pervasivi di rabbia e astio, nonché irritabilità in risposta ad azioni che possono minacciare la nostra autostima (come il successo altrui) e che ci spinge a mettere in atto comportamenti meschini o vendicativi“.
Che ruolo gioca in tal senso l’importanza di disconnettersi dai social network o comunque farne un utilizzo meno frequente?
“Quando sentiamo che non riusciamo a modulare l’utilizzo dei social, oppure quando ci rendiamo conto che il tempo trascorso su questi strumenti ruba momenti di vita vissuta, oppure quando ci sentiamo in ansia se non possiamo connetterci, allora potremmo prendere in considerazione un ‘digital detox’. Porsi l’obiettivo di stare offline è qualcosa di complesso, soprattutto se la persona ha costruito la sua identità social, poiché mettersi offline significherebbe rinunciare a una parte della propria identità digitale, a quella espansione dell’ ‘Io’ di cui parlavamo prima“.
Per chiudere, mettiamoci dall’altro lato: esiste anche un problema di supercondivisione dei propri momenti intimi come quelli delle vacanze estive? Quando tale comportamento assume un profilo patologico? Quando, insomma, rappresenta un problema e come superarlo?
“Penso che oggi il concetto di intimità sia un concetto profondamente cambiato. Sui social non esponiamo più solo la nostra immagine, ma anche i nostri stati d’animo, esponiamo proprio ciò che dovrebbe essere veramente ‘intimo’ e spesso questi atteggiamenti possono assumere il senso del ‘mettere fuori’ certe emozioni senza prima averle elaborate e interiorizzate.
Immaginiamo la condivisione del dolore per una storia che finisce, per un tradimento e per una perdita che viene data in pasto alla rete social, pensiamo a quando questi atteggiamenti siano anche specchio di una rete emotiva reale e vicina assente. Sarebbe già un grande passo riuscire a costruirsi una solida rete amicale reale, fatta di relazioni vere e significative, che possa costituire un reale nucleo in cui condividere liberamente i propri vissuti, poiché si ha certezza che in quel nucleo amicale reale si potrà trovare il giusto contenimento delle nostre emozioni“.