Prima di condividere con voi questa riflessione è giusto che esponga eticamente le mie convinzioni in tema: i bambini sui social non devono starci e sinceramente ho delle perplessità anche sui minorenni in generale sotto una certa età. Al pari di guidare un auto o dell’acquistare e consumare alcolici ci vorrebbe una sorta di abilitazione simile o età da raggiungere. Questo perché le piattaforme digitali possono avere lo stesso tremendo impatto se non gestite nella piena capacità e responsabilità delle proprie azioni. Se ne sono incapaci gran parte degli adulti, figurarsi i loro figli piccoli.
Come tutto ciò che ha una vita relativamente giovane, del resto, anche per i social media solo ora si stanno consolidando una serie di consapevolezze sui rischi del loro utilizzo e abuso, anche in età adolescenziale e preadolescenziale. Abbiamo già parlato su queste pagine dello sharenting ad esempio, quando ad esporre a rischio i figli sono i genitori stessi e la loro smania da condivisione. Ma quando salta anche il banco del supervisore e il bambino è direttamente coinvolto nei suoi profili social la questione si aggrava maggiormente. Ci sono vagonate di ricerche in tal senso: uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Psychological Science ha scoperto che i ragazzi che trascorrevano più di 3 ore al giorno sui social media avevano maggiori probabilità di segnalare problemi di salute mentale, inclusa la depressione e l’ansia. L’UNICEF nel 2018 segnalava che i bambini e i preadolescenti, non essendo consapevoli (sono bambini, del resto) dei rischi legati alla privacy e alla sicurezza online (figurarsi che neanche gran parte dei loro genitori ne sono consapevoli, del resto), possono condividere informazioni personali sensibili o essere vulnerabili agli abusi online da parte di estranei. Più in generale i giovani non sono attenti a tutelare la propria privacy online.
Secondo l’AI, che ha tirato fuori questo piccolo elenco dall’analisi dei big data in suo possesso tra cui ricerche e paper, i bambini (generalmente definiti come individui di età compresa tra i 3 e gli 11 anni) possono essere particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dei social media per diverse ragioni:
- Età e sviluppo: I bambini sono ancora in fase di sviluppo fisico, emotivo e cognitivo. Potrebbero non avere la maturità necessaria per comprendere appieno le implicazioni delle loro azioni online o le conseguenze dei contenuti che incontrano sui social media. Possono avere difficoltà a distinguere tra ciò che è reale e ciò che è immaginario, o possono essere influenzati facilmente da informazioni errate o da contenuti inappropriati.
- Interazione sociale: I bambini hanno bisogno di interazioni sociali dirette e di rapporti faccia a faccia per sviluppare adeguate competenze sociali ed emotive. L’uso eccessivo dei social media può limitare il tempo trascorso con gli altri bambini e influire sulla qualità delle interazioni sociali, compromettendo lo sviluppo di competenze importanti come l’empatia, la comunicazione non verbale e la risoluzione dei conflitti.
- Dipendenza e tempo trascorso online: I bambini possono essere più suscettibili alla dipendenza da dispositivi digitali e ai social media. La natura coinvolgente delle piattaforme social può far sì che i bambini trascorrano troppo tempo online, a scapito di altre attività importanti come l’esercizio fisico, il gioco all’aperto, il sonno adeguato e l’interazione familiare. Questo può influire negativamente sulla loro salute e sul loro benessere complessivo.
- Contenuti inappropriati: I social media possono esporre i bambini a contenuti inappropriati come violenza, pornografia, linguaggio offensivo o manipolazione. Anche se esistono misure di sicurezza per proteggere i bambini da tali contenuti, non sono sempre efficaci. I bambini potrebbero imbattersi in queste informazioni senza essere adeguatamente in grado di gestirle o comprenderle, il che potrebbe causare angoscia o confusione.
- Sicurezza online: I bambini possono essere meno consapevoli dei rischi legati alla privacy e alla sicurezza online. Potrebbero essere più inclini a condividere informazioni personali sensibili o ad accettare richieste di amicizia da estranei senza rendersi conto dei potenziali pericoli. Ciò aumenta il rischio di abusi, molestie o truffe online.
Essendo inoltre consapevoli che anche molti adulti hanno enorme difficoltà nel tutelarsi online, figurarsi una anima innocente nemmeno ancora entrata in pubertà. La premessa è che quindi, per chi scrive, servirebbe una patente anche per andare sui social che sono rischiosi al pari di portare un auto ma per la salute emotiva e mentale di chi li usa.
Passiamo quindi al Codacons.
Il Codacons, che da sempre ha un ramo dedicato esclusivamente ai Ferragnez, è intervenuto nelle scorse ore sul caso dell’11enne che ha invitato Chiara Ferragni a vestirsi su Instagram perché “dava un brutto esempio“. La storia credo l’abbiate intravista tutti: c’è una ragazzina di 11 anni, brava in equitazione nonostante la giovane età, che ha il profilo Instagram e che scrive alla più famosa influencer italiana di coprirsi perché queste foto che mostrano molto di come mamma l’ha fatta non sono certo “esemplari” per le ragazzine come lei.
Salvo il fatto che le ragazzine come lei sui social non dovrebbero starci. Ora facciamoci andar bene la storia così come è stata raccontata, non citiamo qui eventuali genitori che potrebbero in qualche modo veicolare le comunicazioni social della figlia 11enne e già da qualche mese. Il Codacons, che ricordiamo è abbreviazione di “Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori”, riesce nella clamorosa impresa di comunicare a mezzo stampa che avrebbe richiesto spiegazioni a Meta sulla chiusura del profilo dell’11enne perché “se non sono stati applicati pari trattamenti per altri minori” potrebbe trattarsi di “caso di censura“.
E niente, farebbe già ridere amaramente così. Ma continuiamo.
Non spostare il focus da parte di Codacons sul fatto che a 11 anni con profilo aperto da chissà quanto su Instagram non devi starci. Che è una violazione dei termini e le condizioni del servizio. Non una parola di plauso per il fatto che Instagram appena avuto notizia di tale uso improprio e per tutelare il minore abbia giustamente sospeso l’account (che succede più spesso di quel che si pensa). Non sul fatto che tale vincolo è stato aggirato con placido benestare dei genitori che avrebbero “usato” un improprio disclaimer nel profilo digitale della minorenne tipo “aperto dai genitori” o formula simile (citata dai colleghi giornalisti come sorta di “motivo di assoluzione” più che inconsistente)
Ma non una parola, caro Codacons, neanche sul fatto che giornali e giornalisti – tenuti a tutelare il minore (di cui ora sappiamo nome e cognome) sulla scorta di quanto afferma ma soprattutto dei principi che ispirano la Carta di Treviso – l’abbiano resa riconoscibile e gettata in pasto al tritacarne social-mediatico. Con fior fior di creatori digitali e webzine che l’hanno gettata nella mischia a suon di “11enne asfalta Chiara Ferragni” o “Chiara Ferragni blastata da una 11enne”.
No, il Codacons anzi ci informa che “essendo stata un esempio fulgido di intelligenza adolescenziale, daremo il Premio ‘Amico del Consumatore’ alla bambina 11enne che ha avuto il coraggio e la sincerità spontanea di rispondere a Chiara Ferragni sui social“. Quindi de facto salendo anche lui, anche se in buona fede, sull’odioso carro di quanti hanno sfruttato questa storia sulla pelle di una bambina, a tutti i livelli e con ogni scopo (qualche click, un titolo in pagina, un po’ di views e sana pubblicità a gratis).
L’unica parola di buon senso in questa vicenda sarebbe stata quella di stigmatizzare il comportamento dei genitori che nel migliore dei casi non hanno vegliato sul comportamento della figlia e sul suo benessere digitale esponendola a un rischio oltre che disattendendo le regole della piattaforma. Regole che per fortuna sono lì! Sono lì per il suo bene, non per capriccio né tantomeno per una improbabile censura per aver toccato i poteri forti dei Ferragnez.