Netflix “a caccia” di congiunti: la politica delle piattaforme che perdono abbonati

Netflix annuncia una ennesima stretta sulla condivisione degli account: ma se al momento è possibile "aggirare" la schermata che chiede di definire il nucleo domestico, non è detto che sarà possibile farlo sempre.

Prima o poi doveva arrivare il momento. Sono mesi che Netflix annuncia una stretta e maggiori verifiche circa gli abbonamenti condivisi: nelle ultime ore, però, sembra aver spolverato il termine “congiunti” tanto caro agli italiani in pandemia (lo ricordate, vero, nei mesi del lockdown in cui si susseguivano decreti e misure di emergenza quante discussioni sulla definizione di “congiunto” vi sono state?).

Ossia: ogni trenta giorni circa farà comparire sugli account non indicati come “principali” alcune schermate in cui si chiede di “definire” il nucleo domestico.

Netflix e la stretta: ma cosa si intende per nucleo domestico?

L’avviso che appare sulla schermata di chi è direttamente il possessore dell’account streaming è più o meno questo:

“Ciao [Nome Utente], il tuo account Netflix è riservato a te e chi vive con te, ossia al tuo nucleo domestico. Puoi guardare Netflix con facilità quando sei in movimento o viaggi, sui tuoi dispositivi personali o sulla TV di un hotel o di una casa vacanza. Per controllare come viene utilizzato il tuo account Netflix verifica quali dispositivi hanno effettuato l’accesso… ” e via con le istruzioni tecniche del caso.

Al tempo stesso, un avviso simile compare sulla schermata della TV o del dispositivo di accesso di chi “si appoggia” all’account principale: “Netflix è riservato a te e a chi vive con te” si legge. Il passaggio successivo è quello di chiedere l’autenticazione del profilo attraverso il sistema di verifica, che prevede una mail o un sms, in cui il proprietario dell’account certificherà e autorizzerà l’utilizzo dell’account.

Ma cosa intende Netflix con “nucleo familiare”? La stessa piattaforma spiega che si intende

l’insieme dei dispositivi connessi a Internet nel luogo principale da cui guardi Netflix. Un nucleo domestico Netflix può essere impostato da una TV. Tutti gli altri dispositivi che utilizzano il tuo account Netflix sulla stessa connessione Internet di questa TV apparterranno automaticamente al tuo nucleo domestico Netflix.

Ma perché tutto questo? La piattaforma di streaming intende monetizzare circa cento milioni di account (in tutto il mondo globalizzato) che si appoggiano ad altri. Non solo condividendo password e costi con familiari di grado più o meno ampio, ma spesso anche con perfetti sconosciuti grazie ad un mercato sotterraneo di account multi utenti.

Mi è apparso l’avviso Netflix: e ora?

Ok, è apparso l’avviso in cui la piattaforma di streaming chiede di confermare il nucleo domestico. E adesso? Una volta confermato, in teoria non dovrebbero esserci altri problemi di visualizzazione del canale dagli account connessi. Questo perché, da quel che si apprende, si tratterebbe di una sorta di “prima verifica” globale di Netflix, il quale ha già dichiarato che ben presto provvederà a circoscrivere un nucleo incrociando i dati su “indirizzo IP, ID dei dispositivi e attività dell’account”.

Ma non sembra essere questo il momento.

Cosa c’è dietro il problema delle piattaforme streaming

Ora, non siamo noi qui a giudicare né a decidere se sia giusto o meno condividere i costi degli account connessi alle piattaforme streaming (opzione, tra l’altro, fino a qualche tempo fa concessa senza troppi problemi… ). Netflix chiaramente non è l’unica piattaforma di streaming che ha messo in atto la stretta: anche DAZN, Sky, Prime e le piattaforme on demand più diffuse spesso tentano di controllare il mercato degli account più o meno paralleli agli originali.

Il problema, almeno dal punto di vista dell’utente, spesso è legato ai costi: in altre parole, se da un lato si è moltiplicata l’offerta di canali e servizi in streaming, ad essere lievitati sono anche i corrispettivi economici che gli utenti finali si trovano a pagare. Tanto che molti stanno auspicando un ritorno all’origine, ossia alle interruzioni pubblicitarie, pur di pagare di meno.

A rivelare quest’ultimo dato è una indagine di The Trade Desk, advertising technology platform globale e YouGov, società internazionale di ricerche di mercato e data-analyst, che hanno analizzato come stanno evolvendo le abitudini di fruizione dei contenuti streaming in relazioni alle nuove opportunità per il marketing e la pubblicità, il tema economico pesa sulle tasche dei telespettatori italiani intervistati tanto che il 45% afferma di aver annullato l’iscrizione a diversi servizi di streaming e un altro 19% di non voler rinnovare l’abbonamento in futuro.

In questo scenario le soluzioni cosiddette “ad supported”, ovvero quelle che offrono un canone mensile gratuito o ridotto a fronte di inserimenti pubblicitari, sembrano essere maggiormente gradite: il 67% degli spettatori italiani intervistati con un account Netflix e il 69% degli abbonati a Prime Video afferma, infatti, di essere ‘molto’ o ‘abbastanza’ propenso a scegliere l’opzione più economica, quando questa sarà disponibile.

In termini di propensione alla spesa quasi due terzi (65%) dei consumatori intervistati dichiara un tetto di spesa 30 euro al mese per accedere a più servizi streaming, questo accresce il potenziale per le piattaforme free o a basso costo grazie all’inserimento dalla pubblicità. Infatti, il 59% dei telespettatori italiani intervistati preferirebbe un servizio gratuito finanziato dalla pubblicità, oppure un servizio meno costoso sostenuto da spot pubblicitari che però siano rilevanti e limitati: dallo studio emerge come il 35% dei telespettatori italiani intervistati afferma di volere “meno pubblicità in generale”, il 40% di gradire “meno interruzioni pubblicitarie” e il 37% di desiderare “interruzioni pubblicitarie più brevi”.

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