Selvy Esposito, da Napoli a Colima per “portare al massimo” gli atleti messicani

"È successo tutto per caso, ma in Messico ho potuto coronare il mio sogno di lavorare nello sport. Tornare in Italia? Non lo escludo, ma di certo non a Napoli".

Quando parliamo di emorragia di talenti che dall’Italia decidono di andare all’estero spesso associamo tale fenomeno a quello della fuga di cervelli. In realtà rischiamo di commettere un errore madornale, volendo derubricare l’andar via dal nostro Paese solo a una ristretta cerchia di professionisti, studenti e ricercatori.

Un rapporto della Fondazione Migrantes lo scorso novembre cristallizzava – facendo le pulci all’AIRE – alcune verità: all’estero ci sono 5,8 milioni di italiani. Di questi, 1 milione e 200 mila persone hanno età compresa tra i 18 e i 34 anni, e unitamente alle più di 800mila unità minorenni (trasferiti da piccoli o nati da coppie italiani all’estero) parliamo di oltre due milioni di cittadini italiani in fase di crescita che vivono all’estero e fanno la ricchezza di altre economie. E per dare reale misura di quanto accade (anche vista una recrudescenza del dibattito estremamente polarizzato sui migranti in Italia) sappiate che ci sono più italiani all’estero che stranieri in Italia, e quasi il 50% dei partenti viene dal sud Italia.

Tra questi c’è Salvatore Esposito, Selvy da quando è a Colima. Ha conosciuto la moglie quasi per caso sui social e si sono incontrati a Playa del Carmen. Da allora non solo non si sono più separati e hanno messo su famiglia, ma Salvatore ha potuto coronare proprio in Messico il suo sogno di lavorare nel mondo dello sport.

Salvatore Esposito, quando ha deciso di spostarsi in Messico e perché?
Tutto è successo per caso e non era assolutamente programmato. Piu o meno nel 2012 ho conosciuto mia moglie (attualmente abbiamo un figlio di quasi 2 anni) su Twitter: abbiamo iniziato a parlare, scriverci e a fare videochiamate, poi ci siamo visti a Playa del Carmen e da lì sono andato a conoscere il posto (Colima). Nel 2015, insieme, abbiamo deciso di rimanerci ed iniziare a creare una vita insieme (avevamo l’opzione di rimanere a Napoli). Perché ho deciso di restare in Messico? La decisione è stata presa insieme a mia moglie, abbiamo valutato i pro ed i contro ed abbiamo optato per la permanenza a Colima”.

Cosa fa adesso a Colima?
“Da quando sono arrivato, poco a poco, ho raggiunto il mio sogno di lavorare nello sport. Attualmente ho un ‘laboratorio sportivo multifunzionale di Neuroscienze applicata allo sport‘. Ovviamente non sono diventato uno scienziato ma ho studiato e studio attualmente questo interessante tema, e credo anche di essere abbastanza bravo. Alleno bambini, giovani, adulti, atleti professionisti e non con l’obiettivo di portarli a raggiungere il massimo potenziale sotto l’aspetto cognitivo, emozionale, fisico, tecnico e tattico, per poter così migliorare la percezione, in modo tale da poter prendere migliori decisioni nello sport praticato (e nella vita). Spesso impartisco anche Corsi di formazione agli allenatori di latino-america (Argentina, Messico, Chile, Colombia ecc.) e per finire, do lezioni d’italiano all’Università di Colima. È un buon ambiente dove poter fare tante amicizie, conoscere gente nuova e farmi conoscere”.

Cosa vuol dire vivere in Messico? Quali sono i problemi e quali le opportunità? Quali, soprattutto, le differenze tra la sua vita precedente e quella attuale?
“Il Messico è un Paese unico sotto tutti i punti di vista. Secondo me è ingiudicabile se non si ha vissuto qui per almeno un anno. Forse per un ragazzo del sud credo sia un po’ più difficile viverci per il fatto che noi siamo molto ‘attaccati’ alla nostra tradizione e cultura (cibo, sport, ecc) e per i messicani vale lo stesso… e questo a volte può essere uno svantaggio.

Problemi il Messico ne ha un’infinità: qui tutto è business, nel bene e nel male, ed è molto ma molto evidente. Educazione, salute, sport e chi più ne ha più ne metta… tutto è business, quindi si perde tantissimo in termini di etica e soprattutto di qualità del servizio. Ciò nonostante le opportunità ci sono, credo sia il più grande vantaggio di trasferirsi in questo Paese per un italiano. Qui se hai un sogno lo puoi realizzare con poco… tasse, burocrazia, ecc… è tutto ‘facilmente’ risolvibile, e questo innesca voglia e motivazione per poter concretizzare qualsiasi cosa tu voglia fare. Non ci sono limiti (discorso che vale più per gli stranieri, perché il messicano, in generale, si limita eccome).

La mia vita, ovviamente, è cambiata totalmente, sotto tutti i punti di vista. In italia lavoravo a Roma, facendo Napoli-Roma ogni giorno, non era un lavoro faticoso, ma tutto il resto si… A Colima, nonostante sia uno Stato piccolo, c’è tutto: montagna, mare, ecc. La vita è abbastanza tranquilla e le distanze sono corte, c’è sole 365 giorni all’anno e la gente è molto cortese e riservata. Diciamo che adesso posso fare quello che voglio, sono il capo di me stesso, e mi sento più libero di creare, che credo sia la mia qualità migliore. In Italia mi sentivo più limitato (almeno nel mio contesto), più obbligato a fare cose e con molto più pressione, spesso non necessaria. Qui mi sento libero, tranquillo e preso in considerazione“.

Cosa vuol dire lavorare con i ragazzi messicani?
Sinceramente è molto complicato e allo stesso tempo motivante sotto certi aspetti. Qui c’è una percentuale di bambini assurda, ma c’è anche un’ignoranza sotto l’aspetto della ‘cultura sportiva’. Il messicano è abituato a ottenere tutto e subito, qui c’è la cultura (come negli Stati Uniti del resto) dell’inmediatez (immediato) quindi è difficile, in qualsiasi ambito, poter ottenere risultati a lungo termine. Lo sport non è esente da questa filosofia. I risultati si vedono con le statistiche: sono molto pochi gli sportivi messicani, in qualunque sport, che riescono ad ottenere risultati soddisfacenti o entrare nella storia, tenendo conto della grandezza di questo Paese e della quantità di persone che praticano sport.

Avendo le mie idee, giustamente, mi sono dovuto adattare… un buon formatore si adatta al contesto e io cerco di farlo. Provo a mettere a disposizione le mie conoscenze, la mia empatia, la mia passione e la mia esperienza per poter dare il mio contributo e ottenere, a breve e lungo termine, qualche risultato, anche se il mio obiettivo principale non è e non sarà mai formare sportivi vincenti, ma… far riflettere, cioè, poter far si, che gli atleti piccoli, giovani o professionisti che siano si facciano domande e ragionino con il proprio cervello su come migliorarsi e soprattutto imparare a conoscersi… avere il famoso ‘pensiero critico’”.

Ha avuto difficoltà ad integrarti?
Dopo 9 anni ne ho ancora purtroppo. Mediamente i messicani hanno molti pregi ma anche qualche evidente peculiarità (per non chiamarli difetti) che spesso influiscono sullintegrazione di noialtri. Essendo straniero ovviamente è molto più facile farti conoscere ma è più difficile integrarti perché spesso il messicano pretende che tu sia esattamente come lui… spesso è successo che il mio modo di essere schietto (nei limiti) e sincero mi abbia messo in situazioni scomode, che poi hanno fatto si che venissi amato o ‘evitato’. Mi reputo una buona persona empatica, disponibile e molto professionale in quello che faccio, quindi non ho nemici, ma l’integrazione in questo Paese credo sia molto difficile.

Qui a Colima mi conoscono tutti ed io conosco tutti, ma ho solo 2 amici (più grandi di me) con i quali ho una buona relazione, anche perché, non per colpa mia credo, mi sta costando molto instaurare rapporti ‘più intimi (se così si può dire) con più persone, ma resta il fatto che sono molto rispettato e stimato soprattutto per quanto riguarda la professione. Fortunatamente mi relazioni di più con bambini e giovani, che alleno quotidianamente, essendo loro, rispetto agli adulti, più “sani” per quanto riguarda, gelosie, pettegolezzi, giudizi ecc.. È ovvio che preferisca molto di più i bambini che gli adulti! Nonostante tutto, il Messico mi ha cambiato la vita, mi ha permesso di vedere la vita in un altro modo e poterla vivere intensamente. Sicuramente non sono più il Salvatore che ero prima, ma un uomo e un professionista migliore, e questo è anche e soprattutto grazie a questo Paese“.

A Napoli che prospettive aveva?
“Come detto prima, lavoravo a Roma ma vivevo a Napoli: ero tecnico informatico al Ministero dell’Interno (su commessa a una ditta esterna). Il lavoro era gratificante ma non è mai stato pienamente soddisfacente per me. Essendo una persona creativa, fantasiosa e che si chiede il perché di tutto, quel lavoro e quella vita mi andava molto stretta. Per quanto riguarda un futuro, lavorativamente parlando, non credo avrei avuto molte possibilità di crescita, non avendo una laurea, e facendo un lavoro molto ma molto comune. Non credo avrei fatto strada e probabilmente avrei vissuto tutta la vita con un lavoro decente e un salario decente, vivendo una vita decente…ed io sinceramente non cerco la decenza. Nonostante tutto, non chiudiamo la porta ad un eventuale ritorno in Italia (sicuramente non a Napoli)”.

Cosa si prova a guardare Napoli cosi da lontano? E l’Italia?
“Manco ormai da Napoli dal 2019 se non erro, prima della pandemia. Quando ci andai, ricordo che c’erano le Universiadi e sinceramente vidi la città molto migliorata… non so, forse la vedevo con occhi diversi ma, essendo una persona molto critica, cerco sempre di essere il più obiettivo possibile (anche se è quasi impossibile esserlo). Amo Napoli (più la squadra che la città) ma come ho gia detto sono molto critico, non mi accontento, e quindi a volte evidenzio più le cose (inspiegabilmente) negative… come per esempio lo è la qualità di vita… sinceramente, a meno che non diventi molto ricco con casa a Posillipo o Capri non ritornerei mai a Napoli (a vivere). Preferirei una città italiana più piccola, meno caotica e con miglior qualità di vita (per quelle che sono le nostre esigenze, inteso come famiglia)… l’Italia è sempre l’Italia”.

Cosa pensano i tuoi concittadini dell’Italia?
“Credo che i messicani non abbiano un’idea molto realistica di quello che è l’Italia. La gente con cui mi sono relazionato – e non poca, avendo girato centro e sud America – pensa che l’italiano sia ‘poco furbo’ e che in Italia tutto sia caro e che quindi quasi tutto sia perfetto. Molti vedono l’Italia come un sogno e non immaginano, come in ogni parte del mondo ovviamente, che ci siano anche città dove la qualità di vita non è ottima. Molti studiano la lingua italiana per poi poter andare di ‘intercambio’ (una sorta di Erasmus) o per fare un viaggio di piacere ed ovviamente, le mete più “gettonate” sono sempre Venezia, Roma (per il Papa, essendo il Messico un Paese cattolico molto religioso) e Milano (Napoli molto poco). Credo che però, tutto sommato, abbiano un’idea positiva dell’Italia e degli italiani, e questo può essere un vantaggio per noi che viviamo qui, e perché no, per il turismo”.

Felice per la vittoria dello scudetto del Napoli?
“Ovviamente si! Sofferta ma meritata. La cosa meno bella è che ovviamente ho dovuto festeggiare da solo e piangere da solo di gioia – senza poter condividere la gioia – ma resta comunque un evento che aspettavo da più di 33 anni (io ne avevo 5 quando vincemmo il secondo scudetto e non ricordo nulla). Quindi me lo sto godendo (saremo Campioni d’Italia fin quando non vincerà qualcun altro). In questi 9 anni non mi sono mai perso una partita, e pensa che qui siamo indietro di 7 ore (adesso 8, perché il Messico ha deciso di non fare più nessun cambio d’ora solare / legale), quindi a volte mi toccavano orari inverosimili (4:00 o 6:00 del mattino) ma io ero sempre lì…

Essendo stato un calciatore semiprofessionista, seppure per poco tempo, avendo vissuto (poco) l’ambiente giovanile nel Napoli (parlo del calcio giocato) e avendo una famiglia tifosissima del Napoli, diciamo che sono stato ‘obbligato’ ad avere questa passione, ma questo sinceramente mi rende orgoglioso, pur non essendo un ‘tifoso con i prosciutti davanti agli occhi'”.

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