Se è vero che de gustibus non est disputandum è altrettanto vero che degli obiettivi si può disquisire eccome. Quelli minimi, ad esempio: come presentare il prodotto Italia in maniera conforme allo stesso e senza usare quindi vini sloveni. Ma vabbé.
Ho sentito che il corposo investimento fatto dallo Stato italiano (quindi con i soldi nostri) in realtà va applaudito nonostante si possa trovare raccapricciante la Venere di Botticelli azzeccata alla meno peggio su corpi di influencer a Roma, Venezia, Como (dove il paragone con la Ferragni diventa imbarazzante al punto da farci sperare che prima o poi compaia quella vera sotto la maschera) e Firenze. Nonostante quell’open to meraviglia stampato sulla sua maglietta sia stato photoshoppato alla come viene, senza un minimo di texture. Va applaudito perché la nota agenzia che ha prodotto la campagna di promozione dell’Italia all’estero per i turisti fieramente applaudita dalla ministra Santanché – ho letto sui social – sarebbe “di quelle grosse che dà lavoro a un sacco di gente”. A un sacco di “giovani anche meridionali”. Quindi lorsignori ringraziate per l’occasione, e possibilmente chinate il capo già sparso di cenere quando vi arriva addirittura la busta paga a fine mese.
Ripeto, de gustibus. Quello che proprio non se ne scende però è la lettera che la stessa agenzia, dopo giorni in cui non ha risposto nemmeno ai numeri di giornalisti con prefisso straniero (perché la figura magra ma di cui dobbiamo essere orgogliosi ha già ampiamente varcato i confini nazionali suscitando l’interesse dei tabloid, newspaper e magazine stranieri) decide di pubblicare comprando pagine dei giornali e – nel peggiore stile italiano ormai sdoganato anche da una certa politica – decide di deridere i contribuenti che hanno contribuito (perdonate il gioco di parole) al corposo investimento di cui sopra.
Una lista di scuse – non scuse in cui sembrano essere “gli altri” a non aver capito niente. A non aver capito ad esempio che il video con le immagini di stock (girate da altri e scaricate da internet, a pagamento o non, per i non addetti ai lavori) non è mica il vero spot, no. Era solo un “video di presentazione del progetto”. Senza un’idea, senza una color correction, senza emozione. Quindi poteva essere mediocre, per intenderci.
Salvo il fatto che il video di presentazione in questione ha già fatto il giro del mondo (portando in giro anche il famoso vino sloveno italiano) perché presentato in un’occasione pubblica e pubblicato su una piattaforma pubblica (YouTube). Ma siamo noi che non capiamo niente, sicuramente, come da tono della missiva pubblicata.
La “Armando Testa” invece in tono canzonatorio ringrazia tale accompagnamento mediatico come una vittoria, come se il “basta che se ne parli” di berlusconiana memoria non avesse già dimostrato ampiamente le sue falle. Si attribuisce il merito di aver fatto discutere della Venere di Botticelli di cui “non si parlava così da 500 anni” (ma sul serio?) e di aver abbattuto grazie al dibattito suscitato (da una accusa di mediocrità, però) “un muro di indifferenza”. Rispetto a cosa? Non è dato sapersi, ma i paragrafi che seguono tendono a ribadire che in fondo in fondo è l’utente che li accusa di spese, arricchimenti e giudizi faciloni a non capire un tubo.
A me però, da umile addetto ai lavori assolutamente lontanissimo da tali livelli, una domanda mi viene spontanea: ma allora l’obiettivo di tale campagna, definito in fase di studio, qual era? Perché se è quello, corretto, di “portare l’Italia sui principali mercati” come dichiarato è un conto, e non so se farci prendere in giro in Inghilterra per un vino sloveno su una tavola slovena nella campagna promozionale italiana sia un’idea vincente. Ma se invece oggi si festeggia quanto sta accadendo come una vittoria (dell’agenzia nonostante i 54 milioni di creativi italiani) come dichiarato da tale lettera, siamo su un altro piano. Quello di voler avere ragione ancor prima di parlare con risultati tangibili e i tanto famosi (nelle agenzie) obiettivi SMART (ossia tra le altre cose “misurabili”) raggiunti.
E chiudiamola qui per non urtare sensibilità creative altrui.
Anzi no, permettetemi un’ulteriore umile considerazione. In fondo questo è un editoriale e come tale una riflessione la posso lanciare. Ma siamo sicuri sicuri che – con quanto accade negli altri ministeri e a Palazzo Chigi in queste ore – l’Italia davvero ritenesse sensato dichiarare di essere “open to” a qualcosa?