Quante volte vi è capitato, in prima persona o da osservatori esterni, di guardare una tavolata di persone e di notare che avevano tutti lo smartphone fra le mani, intenti a scrivere messaggini, whatsapp o controllare i social?
Ebbene, secondo la scienza, la “colpa” di questo comportamento che potrebbe sembrare anti-sociale in realtà risiede proprio nelle dinamiche del gruppo di persone con cui si ha a che fare: si tratta dell’effetto-camaleonte, una sorta di risposta di “adattamento” del nostro istinto sociale. Ma cerchiamo di capirne di più.
Lo smartphone e l’effetto camaleonte
Si tratterebbe, dunque, dell’effetto-camaleonte quell’impulso che spinge a prendere fra le mani lo smartphone nel momento in cui ci si trova con altre persone che fanno esattamente la stessa cosa. La spiegazione è quella di una familiarità con una risposta “mimica”, che innescherebbe la dipendenza dal dispositivo elettronico.
A fare questa scoperta è lo studio condotto da un gruppo di etologi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e pubblicato sulla rivista “Human Nature” edita da Springer.
“Durante la pandemia Covid-19 – spiega la professoressa Elisabetta Palagi dell’Università di Pisa – abbiamo condotto un primo esperimento per valutare gli effetti del lockdown sulla risposta mimica nell’uso degli smartphone. I risultati raccolti hanno confermato la presenza di tale fenomeno e dimostrato che le limitate interazioni sociali dal vivo possono modificare, almeno nel breve termine, il modo in cui interagiamo con gli altri rendendoci più inclini ad impegnarci in interazioni sociali ‘virtuali”.
“A distanza di un anno – prosegue Palagi – abbiamo fatto un nuovo esperimento i cui risultati sono stati, da un certo punto di vista, sorprendenti. Non solo, infatti, questo fenomeno non scompare nel tempo, come era invece lecito attendersi, ma sembra essere strettamente legato al gradiente di familiarità. Come avviene con la risata o lo sbadiglio, anche la risposta mimica nell’uso dello smartphone è più evidente quando si è insieme a persone che si conoscono”.
Ad innescare quello che viene definito dalla scienza come effetto camaleonte, ossia l’imitazione inconscia dei comportamenti altrui, spiegano gli scienziati, è la direzione dello sguardo di chi, in un gruppo, utilizza lo smartphone per primo.
Se è ben noto, infatti, come lo sguardo sia, tra gli animali sociali, un elemento di comunicazione importantissimo, che guida il loro comportamento anche in situazioni di pericolo, è la prima volta che tale meccanismo (cosiddetto gaze-following) viene rilevato in relazione agli oggetti manipolati dagli individui che interagiscono.
Grazie a questo risultato, dunque, lo studio condotto dalla professoressa Palagi assieme al professore Dimitri Giunchi e alle dottoresse Veronica Maglieri e Anna Zanoli, apre a una miglior comprensione del successo di questi dispositivi, portando all’attenzione dei ricercatori un fenomeno etologico che potrebbe essere alla base del possibile fenomeno di dipendenza da questi strumenti sociali.