Una “fragile stabilità” nel mercato dell’export perdurerà per il 2023: l’analisi Sace

"Se da un lato questa stabilità è una buona notizia perché, nonostante le circostanze geopolitiche avverse, le principali economie sono riuscite a mantenere un livello di rischio relativamente immutato, dall’altro rappresenta un’occasione persa per quelle geografie che hanno beneficiato di ampi supporti finanziari. Peggiorano i rischi politici in un contesto globale fortemente polarizzato da elementi di natura geopolitica, in particolare nella componente di violenza politica; peggiorano i rischi climatici, migliorano gli indicatori di transizione energetica”.

E’ una “fragile stabilità” – segnata da debolezza del ciclo economico, incertezza geopolitica, allerta climatica ed energetica – quella che emerge dalla Mappa dei Rischi 2023, il mappamondo interattivo online che delinea i profili di rischio per le imprese che esportano e investono nel mondo in circa 200 mercati esteri.

Uno strumento di Sace che, avvalendosi di un set aggiornato di indicatori – sviluppati in collaborazione con la Fondazione Enel – che valutano il rischio di credito, il rischio politico e aspetti di sostenibilità, permette di tracciare un quadro completo delle situazioni Paese per Paese.

Come si è arrivati alla fragile stabilità?

Le previsioni per il 2023 indicano una situazione di fragile stabilità. Questo perché negli ultimi tre anni – ricorda Sace – il contesto mondiale è stato caratterizzato da tre shock di portata straordinaria: emergenza pandemica, invasione russa dell’Ucraina con conseguente crisi energetica e alimentare, ritorno dell’inflazione sostenuta e fine delle politiche monetarie ultra-espansive.

A risentirne maggiormente saranno i volumi degli scambi internazionali di beni e di servizi: sui primi pesa la debolezza della domanda oltre che un rallentamento fisiologico dopo le performance molto positive dello scorso biennio; i secondi continueranno a beneficiare della ripresa dei flussi turistici e delle attività legate ai viaggi e al canale dell’ospitalità. Per fortuna – si sottolinea – un allentamento delle pressioni inflazionistiche, maggiore rispetto a quello atteso, sta aumentando la probabilità di uno scenario migliorativo.

Come funziona la mappa dei rischi 2023

“La Mappa dei Rischi 2023 evidenzia una generale stabilità del quadro dei rischi del credito globali, senza mostrare tuttavia l’auspicata inversione di tendenza dopo i marcati incrementi dello scorso anno – ha dichiarato Alessandro Terzulli, Chief Economist di SACE –

Se da un lato questa stabilità è una buona notizia perché, nonostante le circostanze geopolitiche avverse, le principali economie sono riuscite a mantenere un livello di rischio relativamente immutato, dall’altro rappresenta un’occasione persa per quelle geografie che hanno beneficiato di ampi supporti finanziari. Peggiorano i rischi politici in un contesto globale fortemente polarizzato da elementi di natura geopolitica, in particolare nella componente di violenza politica; peggiorano i rischi climatici, migliorano gli indicatori di transizione energetica”.

In questo scenario ad ogni Paese, per ciascun indicatore, è associato un punteggio da 0 a 100 (0 è il rischio minimo e 100 il rischio massimo). Sul fronte del rischio del credito dei 194 Paesi analizzati, in 57 diminuisce il livello di rischio, 72 Paesi restano stabili, mentre in 65 aumenta. In particolare in Medio Oriente, le geografie produttrici di commodity dell’energia hanno registrato un immediato beneficio dall’aumento dei prezzi, con ricadute positive sulle finanze pubbliche, come Arabia Saudita (32), Emirati Arabi Uniti (36) ed Oman (62), dove lo sforzo riformatore e la disciplina fiscale hanno permesso di ridurre il debito pubblico.

Naturalmente in Europa emergente e CSI il rischio di credito risente della pesante escalation della crisi russo-ucraina. In difficoltà la Romania (58) gravata da un più costoso import energetico, che ha costituito uno dei principali freni alla crescita e dal mancato accesso all’area Schengen. In Africa, aumentano gli score in Ghana (88) ed Etiopia (93) mentre malgrado le esportazioni energetiche l’Egitto (83) vede peggiorare il proprio score.

In Asia il progressivo consolidamento fiscale e una robusta crescita economica posizionano l’India (60) tra i best performer dei principali mercati globali, garantendole un miglioramento. In America Latina proseguono con una buona performance di crescita Brasile (55) e Messico (44), il primo soprattutto per un sistema produttivo dinamico mentre il secondo va avanti sulla ripresa grazie alla struttura manifatturiera della sua economia.

Quanto al rischio politico – che comprende guerra, disordini civili e violenza politica, rischi di esproprio e di violazioni contrattuali, oltre che di restrizioni al trasferimento e alla convertibilità valutari – emerge un peggioramento in un contesto globale fortemente polarizzato da elementi di natura geopolitica, in particolare nella componente di violenza politica. Dei 194 Paesi analizzati, 35 migliorano, 71 sono stabili e 88 peggiorano, con Russia e Bielorussia salite a 97 punti, praticamente il massimo.

Invece gli indicatori di rischio legati al cambiamento climatico mostrano un parziale miglioramento trainato dalle rinnovabili, a conferma dell’irreversibilità di un processo che non solo “tiene” di fronte anche alle più complesse condizioni economiche e geopolitiche su scala globale, ma che anche rappresenta l’unica alternativa al modello energetico attuale.

Europa, America Latina e Asia, trainata dalla Cina, si confermano le aree di maggiore crescita nelle rinnovabili. In avanzamento anche l’America Settentrionale grazie ai progressi registrati da Stati Uniti e Canada. Il Brasile si conferma a ridosso dei Paesi più virtuosi su scala globale grazie anche al sostanziale contributo dell’idroelettrico e all’espansione del solare.

L’Asia è invece la più esposta al rischio di fenomeni naturali avversi a causa di temperature in aumento due volte più rapidamente rispetto alla media globale. India (94) e Bangladesh (96) sono le geografie con il più alto indice di rischio climatico dell’area e colpite da eventi ricorrenti e di forte entità in termini di perdite umane ed economiche.

Ma anche l’Africa Subsahariana riporta un cospicuo aumento degli indicatori di rischio climatico, con dinamiche differenti nei vari quadranti regionali. Ma in Africa, la siccità è il principale fattore di rischio climatico in particolare Egitto (32), Tunisia (32) e Marocco (37) hanno riportato un incremento dei punteggi per la scarsità idrica, che pone un tema di gestione specialmente dei contesti urbani e delle strutture turistiche.

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