Le nostre case nella stretta della sostenibilità: dall’UE le classi energetiche a rischio nel 2033

La commissione UE dà il via libera: entro il 2033 gli edifici dovranno essere almeno di classe D. Cosa significa per i proprietari di casa? E per l'Italia?

Le case degli italiani potrebbero essere a rischio, stritolate dalla stretta della sostenibilità. Se ne parla in queste ore nell’Eurozona, se ne parlava e se ne parlerà ancora, ma di fatto la strada è tracciata e non sembra esserci alternativa. Forse deroghe, forse no, ma verrà un giorno in cui le nostre case non potranno essere più di classe energetica G.

Un dettaglio finora passato inosservato anche nelle compravendite immobiliari, ma che invece è in discussione eccome nelle sedi comunitarie. Ma ma andiamo con ordine.

Le case a rischio nella classificazione green: di che parliamo?

Bene, allora che c’è di nuovo? C’è che rispetto al “purché se ne parli” dei mesi scorsi, il Parlamento europeo ha dato il primo e c’è una data, o meglio un anno, per migliorare energeticamente le case di tutti gli italiani.

La commissione per l’industria, la ricerca e l’energia dell’Europarlamento ha dato in queste ore, come da timeline, il via libera alla proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici e il testo approvato in commissione recita più o meno così: gli edifici residenziali (di tutti i 27 Paesi membri) dovranno raggiungere una classe di prestazione energetica minima di tipo E entro il 2030 e di tipo D entro il 2033.

A marzo dovrebbe arrivare il voto in plenaria, e al momento nulla lascia presagire un’inversione di rotta, né tantomeno uno stop. Non solo, ma l’obiettivo emissioni zero entro il 2050 continua a essere il faro anche per le azioni di avvicinamento allo stesso. Ma procediamo, per ora, per step.

Uno Tsunami per l’Italia?

Bene fa anche il Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, tra una discutibile stringata antieuropeista e l’altra, a sottolineare di rimbalzo che l’Italia rischia di farsi trovare impreparatissima alle scadenze – che pure sono dilazionate e “meno severe” rispetto alle prime bozze circolate – imposte dall’Unione sulla questione case-green.

I dati Ance parlano di oltre nove milioni di case sui 12,2 milioni di edifici residenziali costruiti prima dell’entrata in vigore della normativa energetica. Secondo Enea in pratica 3 case su 4 (il 74%) al momento non arrivano a soddisfare i criteri della classe energetica D.

Nello specifico, quindi, si tratterebbe di un vero e proprio tsunami per gli aventi immobile in Italia e, tra questi, anche le famiglie con mutuo a carico (e quindi – stante anche il modo in cui galoppano i mutui in questo periodo – che affronterebbero tale sfida con enormi sacrifici)? Bisognerà arrivare ai prossimi sviluppi.

Il Governo aveva promesso lotta dura e barricate, ma al momento le promesse in sé non sono bastate. D’altro canto il tema dell’energia e della sostenibilità incalza, e la necessità di politiche di efficientamento energetico dopo il conflitto in Ucraina si sono fatte ancora più urgenti.

Non vedo solo noi italiani a lamentarci. La realtà italiana ha una caratteristica che la differenzia rispetto a tutta Europa, dove non c’è la microproprietà italiana e il risparmio delle famiglie sull’immobile. Questo determina la preoccupazione perché non è un Spa che deve fare la ristrutturazione”

Gilberto Pichetto Fratin

Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha dichiarato ai microfoni di Radio anch’io: “Noi per primi ci rendiamo conto della necessità di fare in modo che gli italiani abbiano case in classe energetica migliore e automaticamente costi meno il riscaldamento”, ma “la differenziazione tra Paese e Paese deve portare a una valutazione più graduale. Siamo d’accordo sul 2050 e ricordiamo che non c’è una sanzione automatica sul proprietario di casa, la cosa che si valutava era una gradualità diversa“.

Case poco green: forse la scappatoia c’è

Insomma, urgenza sì ma ciclone sui proprietari di casa sembrerebbe di no. Del resto, anche gli esperti di sostenibilità ci confermano che è irrealistico obbligare un proprietario che vive in una certa casa a fare investimenti se non vuole o non ha i mezzi e i soldi per farli. È invece non solo ipotizzabile ma anche auspicabile creare un sistema virtuoso che incentivi il cambiamento per rendere le case sempre più green. Un esempio? Prevedere che chi affitta lo faccia con abitazioni che rispettano i requisiti minimi.

Bisogna ricordare, inoltre, che parte degli investimenti per un efficientamento energetico della propria casa sebbene dispendiosi sono comunque fattibili, o meglio non prevedono il doverla buttare giù e rifarla daccapo. Tipo di infissi, isolamento dei muri in termini di spessore e materiali, efficienza degli impianti e della caldaia sono elementi chiave in tal senso e agire su tali aspetti permetterà un non trascurabile ritorno, anche in termini economici, in tempi relativamente brevi.

L’esperto: “Scelta di impatto fondamentale”

Il decalage vede la seguente classificazione nel tempo: entro il 2030 si dovranno rendere più efficienti gli immobili in classe F e G; entro il 2033 quelli in classe E; entro il 2040 gli immobili in classe D; entro il 2050 tutti gli edifici dovranno essere a emissione zero. E l’impatto non può che essere favorevole!”. Lo afferma l’ingegner Raffaele De Rosaesperto di gestione dell’energia e vicepresidente dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli, cui abbiamo rivolto qualche domanda per capirne di più.

“Si pensi – spiega De Rosa – che il nostro patrimonio edilizio nazionale consuma 30 miliardi di metri cubi di gas in un anno, principalmente per il riscaldamento degli ambienti. Ovvero il 40% del fabbisogno nazionale e all’incirca la stessa quantità consumata da tutte le centrali termoelettriche. Naturalmente sarebbe auspicabile che ci siano incentivi mirati e opportunamente calibrati per favorire questo passaggio energetico”.

Raffaele De Rosa, ingegnere e vicepresidente dell’Ordine degli Ingegneri in Campania

Stando a quanto sta accadendo in Europa, quindi, possiamo dire che forse il Superbonus 110% sia arrivato addirittura in anticipo.

“Il Superbonus – continua De Rosa – nasce con un intento ben preciso: migliorare il nostro costruito da un punto di vista sismico ed energetico attraverso uno strumento che è la moneta virtuale. Ad oggi il nostro patrimonio immobiliare è vetusto e per gran parte senza adeguati presidi antisismici ed un inefficiente sistema di isolamento termico.

Al di là delle brutture che la norma portava, questo incentivo ha dato grande impulso al comparto ed ha avuto un impatto economico straordinario grazie all’indotto che si è creato. Vero anche che tutto è perfettibile, ma continuare nella direzione dell’efficientamento è l’unico modo possibile per incentivare la cultura della riqualificazione intelligente degli edifici e aumentare la sicurezza del nostro Paese”.

E sugli eventuali rischi di desertificazione dei nostri certi paventati da qualche osservatore, De Rosa chiosa: “La desertificazione non sarà certamente per l’adeguamento degli edifici vista l’enorme depopolazione che ci vede protagonisti già da diversi anni. Quello che potrà succedere, qualora gli edifici venissero adeguati correttamente, sarebbe un aumento del valore a mq dei cespiti oltre che un miglioramento dell’impatto energetico sul sistema Paese”.

Exit mobile version