Twitter, meno restrizioni sulla pubblicità politica. Pubblicitari: “Serve codice per garantire trasparenza”

"E’ quindi necessario mettere in atto delle regole che ne garantiscano la riconoscibilità e l’equità verso le diverse parti politiche. E’ fondamentale proprio per questo che Twitter, così come qualsiasi altra piattaforma social, si dia delle linee guida precise per garantire trasparenza, equità di spazi e visibilità e che queste linee guida siano condivise e approvate da autorità competenti in materia nei vari Paesi dove la piattaforma opera.”

Dopo un tira e molla che sembrava infinito, il plurimiliardario Elon Musk ha acquistato Twitter. E fra cause di licenziamento, blocco di account e minacce varie, il nuovo patron del social dei cinguettii ha deciso di cambiare rotta in materia di pubblicità politica.

Con Twitter nelle mani di Elon Musk, infatti, il futuro della comunicazione politica cambierà: la società ha fatto sapere recentemente che amplierà i tipi di annunci politici consentiti sulla piattaforma di social media e come dichiarato si “allineerà alle politiche di tv e altri media”.

Una chiara inversione di tendenza – rispetto al divieto globale del 2019 sugli annunci politici voluto dall’allora amministratore delegato Jack Dorsey – che trova il favore dei pubblicitari, a patto, però, che la comunicazione politica sulla piattaforma sia regolamentata da regole ben precise.

Twitter e la politica. E ora?

Elon Musk non è nuovo all’utilizzo di Twitter, anzi: è conosciuto proprio per essere attivo sul social media, dove spesso condivide aggiornamenti sui suoi progetti e sulla sua vita personale, e talvolta attira l’attenzione dei media per i suoi tweet controversi. Ma nell’epoca più o meno recente non è stato il solo: emblematico il caso di Donald Trump che, durante il suo mandato come Presidente degli Stati Uniti d’America, ha utilizzato Twitter come uno dei suoi principali mezzi di comunicazione con il pubblico, per condividere aggiornamenti sulla sua amministrazione, fare annunci importanti e commentare gli eventi del giorno.

Trump ha anche utilizzato Twitter per attaccare i suoi avversari politici e i media, e per promuovere le sue politiche e le sue posizioni. Il suo uso di Twitter ha attirato molto l’attenzione dei media e ha fatto sì che il suo account diventasse uno dei più seguiti al mondo. Tuttavia, il suo uso spesso spasmodico e talvolta di Twitter è stato oggetto di critiche e ha anche portato a controversie legali: basti ricordare l’invasione del Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021 in cui i sostenitori di Trump hanno fatto irruzione mentre il Congresso si stava riunendo per certificare l’elezione del Presidente Joe Biden.

L’invasione è stata condotta da una folla di sostenitori di Trump che avevano partecipato a una manifestazione organizzata dallo stesso Trump per contestare il risultato delle elezioni: ha causato la morte di cinque persone e ha portato a numerose accuse penali e a un secondo impeachment di Trump.

Tornando al tema principale dell’articolo, c’è da chiedersi se “liberalizzare” – per quanto possibile – un social network sia una cosa positiva o meno. Secondo Marianna Ghirlanda, presidente di IAA Italy – International Advertising Association, l’associazione dei pubblicitari internazionali,

“In linea di principio non siamo contrari alla comunicazione politica – commenta Ghirlanda – anche perché l’informazione in questo ambito è molto importante, ma altrettanto importante è che sia normata in maniera corretta, se così non fosse sarebbe un enorme rischio.

E’ quindi necessario mettere in atto delle regole che ne garantiscano la riconoscibilità e l’equità verso le diverse parti politiche. E’ fondamentale proprio per questo che Twitter, così come qualsiasi altra piattaforma social, si dia delle linee guida precise per garantire trasparenza, equità di spazi e visibilità e che queste linee guida siano condivise e approvate da autorità competenti in materia nei vari Paesi dove la piattaforma opera.”

“È evidente poi – aggiunge Davide Ciliberti, spin doctor del gruppo di comunicazione Purple & Noise – che il legislatore non può normare tutto, soprattutto in materia di comunicazione politica – e incidendo nelle gestioni private di media come appunto Twitter – laddove gli interessi sono enormi perché fondamentalmente oggigiorno è attraverso questa che si assurge e mantiene il potere. Io ritengo – continua l’esperto – che i media privati per primi debbano darsi delle regole in materia, chiare e nette, raccolte in un codice etico ben visibile a tutti. E poi in base a questo i brand scelgano se tale media sia coerente coi propri valori, consapevoli del fatto che il giudizio del consumatore circa la loro scelta si ripercuoterà immediatamente sulle loro vendite. Mi spiego meglio: se un media accoglie pubblicità di organizzazioni, ad esempio, discriminatorie, io consumatore non acquisterò mai il prodotto di quell’azienda che fa pubblicità su quel media o piattaforma”.

Volente o nolente, agli utenti non resta che fare attenzione: ad ogni modo, il tasto “non seguire più” è sempre in alto a destra.

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