La felicità? Dipende dai neuroni della ricompensa. La scoperta

I neuroni della ricompensa svolgono un ruolo fondamentale nell'attività locomotoria e in processi cognitivi come ricompensa e apprendimento, avversione, motivazione e attenzione.

Un gruppo di ricercatori italiani ha pubblicato uno studio su Nature Neuroscience affermando, senza timore di essere smentito, di aver scoperto i neuroni della ricompensa. Neuroni che si attivano, in pratica, dopo un premio inatteso e gratificante: si accendono e producono dopamina, l’ormone della felicità.

Come funzionano i neuroni della ricompensa

Lo studio, condotto dagli scienziati del CNR – IN (Istituto di Neuroscienze) di Padova e Genova in collaborazione con l’IIT di Genova e con l’Università Politecnica delle Marche, ha rivelato quindi il ruolo fondamentale di cellule cerebrali che attivando questi neuroni della ricompensa stimolano di fatto la felicità.

“I ricercatori – spiega una nota stampa diffusa dal Consiglio Nazionale della Ricerca – hanno scoperto un nuovo meccanismo di plasticità sinaptica controllato dagli astrociti (le principali cellule gliali del nostro cervello, quelle che insieme ai neuroni costituiscono il sistema nervoso), che modula l’attività dei neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale, una regione cerebrale localizzata nel mesencefalo”. Parole complesse e per addetti ai lavori: per le persone senza questo background scientifico basti sapere che questi neuroni della ricompensa svolgono un ruolo fondamentale nell’attività locomotoria e in processi cognitivi come ricompensa e apprendimento, avversione, motivazione e attenzione.

“La loro attivazione e il conseguente rilascio di dopamina dipende dalle cosiddette sinapsi, il delicato meccanismo cerebrale che rende possibile la trasmissione di informazioni tra neuroni“. In cosa qundi è rivoluzionario tale studio? Nel fatto che fino a questo momento “non era noto se e come gli astrociti prendessero parte a questo meccanismo nell’area tegmentale ventrale e come potessero influenzare l’attività dei neuroni dopaminergici”. In altre parole, è stato scoperto proprio che la felicità – ossia, il rilascio di dopamina – dipende da questi neuroni della ricompensa, che ne stimolano la produzione.

Gli autori hanno scoperto che gli astrociti interagiscono con i neuroni dopaminergici attraverso “recettori presenti nella loro membrana, che rispondono ai neurotrasmettitori rilasciati dai neuroni, e che la loro attivazione si traduce in una modulazione della trasmissione sinaptica” inducendo “un potenziamento a lungo termine della trasmissione sinaptica eccitatoria”. Per arrivare a ciò è stato necessario attingere ai più svariati campi della ricerca: elettrofisiologia, calcium imaging, chemogenetica e microscopia elettronica. “Questa scoperta – spiega Giorgio Carmignoto, il ricercatore che ha coordinato lo studio – rende gli astrociti dell’area tegmentale ventrale bersagli di sostanze psicoattive e della stessa dopamina”.

“Lo studio – continua Carmignoto – dimostra che gli astrociti, pur essendo cellule non neuronali, sono componenti attivi dei circuiti cerebrali e che solo attraverso una migliore comprensione delle reciproche interazioni tra neuroni e astrociti potremo capire i meccanismi che ne regolano il funzionamento e come i difetti di queste interazioni possano contribuire all’insorgere di diverse patologie del cervello, o perfino esserne la principale causa”.

Quali ripercussioni nella vita di tutti i giorni? La ricerca apre in realtà a nuove prospettive per la “comprensione dei meccanismi modulatori presenti nei circuiti della ricompensa e nelle sue alterazioni”, meccanismi che potrebbero anche portare allo sviluppo di stati patologici associati a questi circuiti dopaminergici. In sintesi, una nuova strada per studiare e affrontare problemi come le dipendenze, i disturbi della motivazione e i disturbi psichiatrici con una forte componente motoria, come i disturbi da iperattività con deficit di attenzione.

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