Di pallone, tv e parità di genere (che non esiste)

"Se davvero ci fosse parità allora una volta, una, sentiremmo anche una donna fare battute così in tv ad un collega uomo ma non la chiameremmo (nella migliore delle ipotesi, eh) disinibita, perché sarebbe normale. E invece non lo è". Il pensiero della giornalista Nunzia Marciano.

E basta.

No, basta, veramente, basta che non se ne può più. Ma vi pare che nel 2022 con questa parità di diritti che s’invoca in ogni salsa possibile e immaginabile, ci si debba scandalizzare per una battuta? Subito: “Ma è sessista!”. Ecco qua. Facciamo a capirci: non è la battuta che è sessista, è il mondo che è ipocrita. Contenti?

Ah, sì, giusto, giusto: di cosa stiamo parlando? In realtà niente di così importante, a dirla tutta. Però già che ci siamo, giacché il caffè ancora non è pronto (è quello con la moka), tanto vale chiacchierare. Dunque, c’è un lui, ma anche una lei, che insieme parlano di pallone in tv. Poi lui le fa un bel complimento (che lui è galante, si sa) e aggiunge che la sua crescita naturalmente professionale è stata ben accompagnata da quella fisica. Ecco qui. Niente di ché, se non fosse che i soliti perbenisti bigotti l’hanno buttata, appunto, sul sessismo spicciolo facendo finire il galantuomo in quella gogna del web dove “tutto è brutto e cattivo”.

Ma lui, giustamente, non ci sta perché quel famoso detto “Hai voluto la bicicletta e adesso pedala” deve valere sempre e allora vai con la rivendicazione del diritto a fare battute a doppio senso su uomini e donne e viceversa perché oh, “c’è la parità”.

Caso chiuso.

Ma se è così, se veramente il galantuomo la tiene questa ragione, allora perché, di grazia, qualunque donna (che lo dica apertamente o che se lo tenga per sé che sennò non lavora più) se solo ci pensa storce il viso, in una smorfia tra il disgusto e la rassegnazione?

Spieghiamo. E a spiegarlo, da questo lato qui, non è una bigotta, buonista, femminista (che non sono di certo difetti, ma è solo per sgomberare il campo): è una che sulla parità c’ha scritto decide di articoli, ha raccontato storie, ne è stata testimone e ci ha editato anche un libro per capirci. 

Ve lo spiego io insomma. 

Non esiste la parità dei sessi. Fatto. Negando il presupposto, cade anche tutto ciò che segue. E quindi il galantuomo ha torto marcio. Perché se davvero ci fosse parità, allora una volta – una – sentiremmo anche una donna fare battute così in tv ad un collega uomo ma non la chiameremmo (nella migliore delle ipotesi, eh) “disinibita”, perché sarebbe normale. E invece non lo è.

Non c’è parità perché (restando all’ambito professionale, per dirla così), per guadagnare lo stesso stipendio di un uomo bisogna parlarne e parlarne e fare leggi e poi mobilitazioni e poi manifestazioni e poi leggi e poi andare in pellegrinaggio alla Madonna di Lourdes. Perciò, niente. E vogliamo uscire dal mondo professionale (che è quello che fa quasi ogni donna che piglia e all’improvviso decide di diventare mamma, perché sia sempre ben chiaro, la maternità è una scelta, della donna)? Eddai, sì, già che ci siamo e il caffè l’abbiamo preso lungo, usciamo e andiamo in quello umano di campo, in quello in cui i giudici motivano sentenze di assoluzione da uno stupro perché, alla fin fine, una donna se l’è sempre un po’ cercata.

Perciò, come la giri e come la volti, la parità non ci sta. Che poi ci sia il tacito assenso delle donne che a queste pseudo-battute sorridono col viso tirato che manco la Versace, è un’altra cosa.

Ora, chiariamo: nessuno obbliga un’avvenente ragazza a mettersi in abiti succinti e stare su un trespolo in bella mostra tanto per starci e farsi inquadrare da capo (poco) a piedi (meno), indulgiando solo sulle forme. È chiaro. Ma questo non significa che se lo fa perché poi Raffaella Carrà col suo essere perfetta in tv – e per la tv qualche danno pure l’ha fatto che poi tutte ci vogliono entrare per non parlare dei social, che Dio ci salvi e scampi – deve subire sguardi (quando le va bene) e altro da omuncoli annoiati dalla loro età che così ritornano gli amici del bar, in una contorta idea della donna, facendo passare quella volgarità gratuita e offensiva per quella che in capa a loro era una battuta ma in realtà è solo l’esternazione goliardica del pensiero che una donna non dovrebbe condurre un programma di calcio e perciò il suo (del galantuomo) compito è di riportarla a quello che, sempre in capa a lui, dovrebbe essere realmente il suo “ruolo”: femmina che sta lì per le sue forme.

Ecco qua.

E non voglio andare oltre, perché sennò il caffè si fredda e si sa che a Napoli il caffè si prende con le famose tre C, che possono essere anche così mutuate per l’occasione in: “COSA CAVOLO CI” fa uno così in tv a esprimersi così? E chi lo sa. Io intento mi bevo il caffè, come suggeriva Pino.  

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