Gender Pay Gap e normativa italiana: a che punto siamo? Ecco cosa prevede la legge

Il contrasto al Gender pay Gap è un percorso ancora lungo e bisognerà capire l'orientamento del prossimo Governo in merito. C’è ancora molto da fare per invertire la rotta e favorire l’occupazione femminile e la parità salariale. Il percorso di rinnovamento passa non solo attraverso gli incentivi ma anche per il cambio di cultura aziendale che tale normativa vorrebbe favorire.

A che punto siamo in Italia con il Gender Pay Gap? Lo scorso 3 dicembre 2021 è entrata in vigore la legge 162/2021 a modifica del Codice delle Pari Opportunità tra uomo e donna in riferimento al Decreto Legislativo 198/2006. Questo testo normativo è una tappa ulteriore che interviene sulla differenza di crescita professionale tra uomini e donne nel mercato del lavoro e punta a contrastare e ridurre le differenze retributive note come Gender Pay Gap.

Gender Pay Gap: le novità principali

Tra le principali novità in tema di Gender Gap ve ne sono almeno tre importanti da considerare.

Prima di tutto il rapporto dettagliato obbligatorio circa la situazione del personale, che dovrà essere redatto ogni due anni per le aziende con almeno 50 dipendenti. Tale rapporto dovrà anche riportare i livelli retributivi e i premi che vengono riconosciuti ai lavoratori di entrambi i sessi. Sono previsti anche concetti più estesi di discriminazione nella quale rientrano organizzazione e orari di lavoro che tendono a svantaggiare alcune categorie di lavoratori.

Infine viene aggiunta la certificazione di parità di genere che viene riconosciuta alle aziende che mettono in atto misure concrete per ridurre i divari e favorire la crescita di tutti i lavoratori sia dal punto di vista del salario che per quanto riguarda la parità di mansioni. Le imprese che si conformeranno a questa normativa saranno anche premiate con uno sconto dell’1% sui contributi da versare fino a un massimo di 50.000 euro annui.

Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza: i punti già operativi del PNRR

La “certificazione di parità” è una delle misure speciali del Governo che è stata inserita nel PNRR, il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. Entro il 2026 il PNRR punta ad avere un incremento del 5% nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE): attualmente l’Italia è classificata al quattordicesimo posto tra i Paesi dell’UE (punteggio di 63.5/100, 4.4 punti sotto la media europea).

Tra i punti presenti nel Piano, la nozione di discriminazione che è stata inserita nel Codice delle Pari Opportunità è già operativa. Secondo la normativa, la discriminazione è un trattamento che mette un lavoratore in condizione di svantaggio rispetto agli altri o di limitazione alla possibilità di partecipare alla vita e alle scelte aziendali.

Costituisce altresì una discriminazione la limitazione all’accesso dei meccanismi di progressione della carriera così come ogni altro svantaggio derivante da sesso, età, esigenze di cura personale e di famiglia che riguardino il lavoratore.

Per verificare e mantenere monitorate queste tematiche, UNI – Ente Italiano di Normazione ha definito una prassi dove vengono indicate le linee guida per il sistema di gestione per la Parità di Genere e ha previsto l’adozione di specifici indicatori (KPI).

La prassi identifica sei aree di valutazione che caratterizzano un’organizzazione inclusiva e che rispetta la parità di genere:

Misure in corso di attuazione

Tra le misure previste vi sono la stesura del rapporto biennale obbligatorio recante le retribuzioni e le certificazioni di parità. Per questa novità è stato firmato il Decreto interministeriale il 29 Marzo dai Ministri Orlando e Bonetti e sarà necessario per le aziende redigere il rapporto online entro il 30 settembre 2022.

Le aziende pubbliche e private interessate dal Decreto che dovranno quindi redigere e trasmettere il rapporto biennale al Ministero e ai sindacati sono quelle con più di 50 dipendenti. Parliamo di quasi trentamila aziende nel settore privato per le quali ci sono quasi sette milioni di addetti, ovvero la metà dei lavoratori del settore privato. Le aziende con meno di 50 dipendenti, invece, potranno redigere tale rapporto su base facoltativa.

Per il 2022 alle aziende private che saranno in possesso della certificazione delle parità di genere, tra i vari vantaggi, è concesso uno sgravio dei contributi previdenziali in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui (n. 162/2021).

Il contrasto al Gender pay Gap è un percorso ancora lungo e bisognerà capire l’orientamento del prossimo Governo in merito. C’è ancora molto da fare per invertire la rotta e favorire l’occupazione femminile e la parità salariale. Il percorso di rinnovamento passa non solo attraverso gli incentivi ma anche per il cambio di cultura aziendale che tale normativa vorrebbe favorire.

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