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Donne, occorre (ancora) lottare per la parità di genere

Per le prossime 5 generazioni dobbiamo tutti lavorare sodo per evitare che le nostre figlie e nipoti vivano ancora la scelta tra lavoro e famiglia, vita e carriera, responsabilità e benessere.

Se ci hanno fatto credere che non è possibile, noi stiamo dimostrando il contrario. Per me è questo il senso del G20 Donne W20 -Women Rome Summit, concluso ieri a Roma. Tre giorni dedicati a uno dei temi più seri nelle agende politiche nel mondo. Toccati i punti salienti, dall’occupazione femminile alla formazione, dalla violenza ai servizi di cura, all’equilibrio tra vita e lavoro, il lavoro femminile, le opportunità per le giovani ragazze, i lati positivi e le insidie dello sviluppo digitale, l’accesso all’istruzione, il lavoro di cura e naturalmente gli stereotipi di genere che ancora ostacolano le donne nel mondo.

Tante le voci, gli impegni, le dichiarazioni, ma di cosa si è realmente parlato? La sintesi è: per colmare il divario globale di genere ci vorranno 135,6 anni. Il numero non è fantasioso, né lo do per fare sensazionalismo, è purtroppo il calcolo del World Economic Forum. Ci esplicita, senza troppi giri di parole che per le prossime 5 generazioni dobbiamo tutti lavorare sodo per evitare che le nostre figlie e nipoti vivano ancora la scelta tra lavoro e famiglia, vita e carriera, responsabilità e benessere.

Ancora oggi, con lo sfondo di una pandemia che ha se possibile ha delineato ancora di più uno scenario di disuguaglianza, le donne pagano il prezzo più alto di una disparità granitica nel mondo del lavoro. Se è vero che l’accesso ad alcune carriere, come quella nelle forze armate, è stato aperto (relativamente da poco) alle donne, è vero in modo speculare che la scelta al femminile è quasi obbligata. In mancanza di una cultura di genere che porti all’equilibrio, superando finanche il concetto di conciliazione, e in assenza quasi totale in alcune zone del nostro Paese di servizi per l’infanzia e la terza età, viene da sé, nei nostri modelli organizzativi e familiari, che spetti alle donne il carico e la responsabilità della cura e della famiglia.

Eppure, i numeri servono e parlano chiaro: riducendo fino ad azzerare le disparità di genere a livello di partecipazione attiva al mercato del lavoro e di retribuzione, ad esempio, stimola la crescita economica fino ad un aumento del PIL del 7% in presenza del 60% di occupazione femminile; a seconda del livello di istruzione delle donne, il costo dell’esclusione dal mercato del lavoro nel corso della loro vita lavorativa è stimato tra 1,2 e 2 milioni di euro; le disparità di genere nel mercato del lavoro hanno un effetto negativo sul reddito delle donne, comprese le retribuzioni e le pensioni professionali, questo, a sua volta, può pregiudicare sistematicamente l’indipendenza economica delle donne e aumentarne il rischio di povertà e di esclusione sociale. Potrei ancora continuare ma questa è la situazione, a fronte di una spinta, politica e globale, verso la riduzione delle disparità e delle disuguaglianze di genere.

Il divario di genere è, non a caso, uno degli assi portanti del PNRR italiano, approvato dalla Commissione Europea e che riporta ad un’attenzione molto forte sul tema Donne, puntando su azioni di rafforzamento della presenza delle donne nel mercato del lavoro e di accesso a sistemi di istruzione e formazione tecnico scientifica, storicamente appannaggio degli uomini.

Cosa emerge dal G20 Donne W20 -Women Rome Summit? Il riconoscimento di una relazione strettissima tra disuguaglianza economica e disuguaglianza di genere; l’urgenza di ridisegnare l’architettura complessiva dei servizi a favore di bambini e anziani così da concorrere ad un modello di equilibrio uomo donna in assoluto e in particolare nel mercato del lavoro; l’importanza di una cultura di genere da trasferire alle nuove generazioni, partendo dalle scuole fino agli ambienti di lavoro; la necessità di promuovere la presenza femminile in percorsi di studio considerati tradizionalmente maschili; l’esigenza di percorsi sempre più stringenti di prevenzione e il contrasto a tutte le forme di violenza sulle donne.

Voci necessarie nelle dichiarazioni formali di chi governa, oggi sembra di essere sulla strada giusta, purché non ci considerino mai più una specie a parte, una riserva di caccia, ma della metà di un modo che ci auguriamo diventi più giusto e più equo.

Monica Buonanno

Esperta di politiche attive del lavoro, dipendente di Anpal Servizi, Partner di Progetto del Forum Disuguaglianze e Diversità, già Assessore alle Politiche Sociali e al Lavoro del Comune di Napoli. In un mondo dove le disuguaglianze sono sempre più nette, trova inadeguata una politica che segmenti servizi e misure contro le povertà. Propone un modello di integrazione tra lavoro, welfare e sviluppo territoriale.

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