La chiusura delle sale LAN, tra incapacità di aggiornare le norme e la concorrenza sleale

Si è passati da una totale mancanza di attenzione istituzionale, alla chiusura totale. Un atto che rischia di distruggere un settore in crescita che in altre realtà nazionali, anche europee, rappresenta uno dei comparti economici più dinamici e promettenti per il futuro.

Oggi troverete le sale LAN (o sale gaming) di tutto il Paese chiuse. Addio quindi a Personal Computer per il gaming da migliaia di euro, simulatori di guida e di volo, cuffie over head, luci soffuse, led colorati, le voci smorzate e le urla incontrollate di una folla di ragazzini, ragazzi e non più giovani. Erano questo fino a poco fa le Sale LAN (Local Area Network), dei luoghi vivi e colorati diventati un trend economico in crescita.

Almeno fino a venerdì scorso, quando l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha deciso di porre sotto sequestro i pc e il materiale utilizzato in queste attività. Da quel momento le sale Lan in Italia non esistono più.

Cosa sono le sale LAN?

Già la definizione è complessa e infatti questi luoghi si definiscono come “Parchi di intrattenimento digitali” o anche “eSport Bar”. In realtà sono un’evoluzione delle sale giochi classiche che forniscono ai clienti PC da gaming collegati in LAN, strumentazioni performanti, sedie ergonomiche pensate per il gioco, cuffie, joystick, simulatori veri e propri e tutto ciò che serve per un’esperienza di gioco completa. In più, ed è questa la vera forza, la possibilità di giocare ai titoli destinati al mercato dell’home entertainment. I clienti pagano in base al tempo di utilizzo, attraverso tariffe orarie o addirittura abbonamenti settimanali o mensili. 

Le sale LAN non si limitano all’offerta del gioco, ma organizzano anche eventi di socialità e di aggregazione come i tornei di eSport e di gaming in generale che sono diventati dei veri e propri momenti di incontro con la possibilità di partecipare a competizioni planetarie.

Sale giochi tradizionali vs sale LAN

È facile capire come attività di questo tipo siano i competitor diretti delle sale giochi tradizionali, quelle che in questi anni hanno dovuto cedere sempre più spazi ai giochi con vincite in denaro, come le slot, proprio perché il mondo del gaming tradizionale è in crisi. La competizione però tra queste due modalità di business è viziata da una differenza sostanziale: le sale giochi tradizionali, devono rispondere ai requisiti stringenti e restrittivi previsti dalla legge, mentre le sale LAN, per fornire un servizio simile, se non identico, no.

Secondo i proprietari dei nuovi templi dei giovani gamer invece la differenza principale sta nel fatto che le sale LAN metteno a disposizione dell’utente solo l’utilizzo dell’hardware, non del software, facendo pagare tariffe per il noleggio della strumentazione non del gioco. Per questo reputano giusto non dover rispettare la complessa legislazione, che prevede anche una tassazione specifica, sui giochi con la gettoniera.

Altra differenza tra le due tipologie di business è quella che riguarda le licenze dei software. Le sale giochi tradizionali sono infatti dotate di licenze per l’uso pubblico dei videogame, che hanno costi spesso proibitivi.

Le sale LAN, invece, individuando il loro core business come il noleggio di hardware, utilizzano licenze domestiche di giochi che non sono neanche pensati o utilizzabili in forma pubblica come tutti i titoli della Play Station, della Xbox e delle altre console. Ci sarebbe poi da capire come mai i tornei di eSport, che prevedono premi in denaro, non vengano tassati e normati come il normale gioco d’azzardo. 

La concorrenza sleale

A sollevare il problema della normativa sulle sale LAN è stato proprio un imprenditore del comparto giochi. Sergio Milesi, amministratore delegato della LED Srl, una società che, per l’appunto, si occupa di giochi, ha infatti presentato l’esposto da cui è partito il procedimento di sequestro messo in atto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

L’imprenditore nel documento consegnato alle autorità, oltre a descrivere l’intera problematica, specificando come nelle sale LAN si mettano a disposizione dei clienti software e hardware senza alcuna omologazione “eludendo le normative vigenti”, ha fatto un esempio che mostra in maniera chiara un caso di concorrenza sleale che vizia il mercato, quello dei simulatori di guida.  

Nel documento vengono riportate e accostate anche due fotografie una di un simulatore in una sala giochi tradizionale e l’altra con quelli nelle sale LAN. Questi macchinari, per le sale giochi tradizionali sono “sottoposti a normative stringenti – si legge nell’esposto – per evitare che apparecchi istallati in locali pubblici possano essere utilizzati per l’esercizio illegale di gioco d’azzardo, mentre nelle sale LAN – si specifica nel documento – risultano installati dei semplici pc e consolle collegati on line, dove anche utilizzatori minorenni possono utilizzare tali attrezzature senza nessun controllo e regolamentazione”. 

Imposta d’intrattenimento

Dunque a pesare su tutto il settore delle sale giochi tradizionali è la disparità di trattamento che lo Stato ha riservato al nuovo mondo delle sale LAN. Al centro della questione vi è l’Imposta di Intrattenimento, quella che i gestori come Milesi devono pagare su ogni gettone e che invece i nuovi imprenditori del gaming hanno “eluso” in questi anni. 

Milesi ha infatti inviato anche un interpello nel quale chiedeva proprio all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli se, visto il comportamento di questi imprenditori, si possano considerare le attività di gaming escluse da questo tipo di tassazione. A quel punto l’Agenzia ha dovuto decidere se rinunciare alle ingenti entrate di questa imposta, continuando ad ignorare la problematica, oppure prendere una decisione forte per ridare omogeneità di trattamento ai soggetti di questo comparto economico. 

La decisione dell’Agenzia e la chiusura 

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, su pressione degli imprenditori delle sale giochi tradizionali, aveva stilato una circolare nella quale si specificava che i gestori delle sale LAN non erano esentati “dall’osservare le disposizioni vigenti”, né tantomeno dell’Imposta di intrattenimento. Dunque i proprietari delle sale LAN avrebbero dovuto omologare hardware e software delle loro attività e pagare l’imposta d’intrattenimento, il tutto entro il 30 aprile altrimenti sarebbe scatto il sequestro. Detto, fatto. In poche ore l’ADM ha di fatto chiuso una miriade di attività su tutto il territorio nazionale. 

Si è passati, dunque, da una totale mancanza di attenzione istituzionale, alla chiusura totale. Un atto che rischia di distruggere un settore in crescita che in altre realtà nazionali, anche europee, rappresenta uno dei comparti economici più dinamici e promettenti per il futuro. In realtà servirebbe un aggiornamento della normativa italiana che, purtroppo, si è dimostrata, ancora una volta, incapace di adattarsi con dinamismo e velocità ai cambiamenti repentini del mercato. 

Exit mobile version